Alzino la mano coloro che non hanno mai provato dolore fisico nella vita

A COSA È DOVUTO IL DOLORE?


Alzino la mano coloro che non hanno mai provato dolore fisico nella vita. Se qualcuno di voi l’ha alzata davvero, due sono i casi: avete dimenticato gli occhiali, per cui avete letto male la frase, oppure siete dei supereroi. Nel secondo caso, mi inchino al vostro cospetto.

La dura realtà è che, a volte, capita a tutti di provare dolore (spero il meno possibile) con localizzazione, durata ed intensità variabili; ma vi siete mai chiesti a cosa dobbiamo precisamente questa “meravigliosa” sensazione? Scopriamolo insieme.

Percezione del dolore

recettori dolorifici, anche detti nocicettori (non hanno nulla a che fare con le noci, eh) vengono attivati da stimoli particolarmente intensi e che potrebbero essere dannosi per l’organismo.

La peculiarità dello stimolo nocicettivo sta nel fatto che la percezione del dolore è accostata anche a risposte emotive (ad esempio paura, angoscia, ecc.) e risposte comportamentali.

Subentra la percezione del dolore nel momento in cui lo stimolo supera una certa soglia, nota appunto come soglia del dolore. Non sempre dinanzi ad uno stesso stimolo reagiamo nello stesso modo.

La percezione del dolore è, infatti, influenzata dalle esperienze passate e dalle circostanze, per cui la soglia del dolore può variare nonostante lo stimolo sia lo stesso.

Ad esempio, ci risulta più difficile sopportare un mal di denti di notte piuttosto che di giorno, poiché durante la giornata siamo concentrati su varie attività che ci distraggono dal dolore.

Nocicettori

Come sono fatti i nocicettori? I recettori dolorifici sono costituiti da terminazioni nervose libere e sono ampiamente diffusi negli strati superficiali della cute, ma sono localizzati anche a livello di muscoli, articolazioni e visceri.

I nocicettori sono sensibili a vari tipi stimoli e sono infatti distinti in:

  • nocicettori meccanici, sensibili agli stimoli meccanici;
  • nocicettori termici, sensibili agli estremi di temperatura (le temperature estreme possono essere dannose; infatti, a temperature troppo alte o troppo basse proviamo una sensazione di dolore/bruciore);
  • nocicettori sensibili agli stimoli chimici (agenti ambientali, potassio, sostanze irritanti e neuroattive);
  • nocicettori polimodali(rispondono a stimoli meccanici, termici e chimici).

 

Tipologie di dolore

Il dolore viene suddiviso in due tipi principali: dolore rapido e dolore lento.  Il dolore rapido viene trasmesso al midollo spinale da fibre di tipo Aδ mentre il dolore lento da fibre di tipo C. Le sensazioni di dolore evocate differiscono per durata e per intensità.

Dolore rapido

Quando sbattiamo il mignolo contro lo spigolo del comodino (questo ovviamente è solo un esempio) impariamo innanzitutto nuove lingue, tipo aramaico, arabo, russo ecc. Io personalmente divento proprio poliglotta.

A parte questo, il dolore che avvertiamo immediatamente dopo l’urto è il dolore rapido, che insorge entro circa 1 decimo di secondo dall’applicazione di uno stimolo dolorifico. Viene detto anche dolore acuto, dolore puntorio, dolore lancinante e dolore a scossa elettrica (insomma, un incubo detto così).

Riusciamo a localizzarlo con precisione e viene trasmesso dalle fibre di tipo Aδ. Si tratta di fibre mielinizzate con velocità di conduzione compresa tra 6 e 30 m/s.

Dolore lento

Nella seconda fase del dolore, il segnale di queste fibre si attenua e subentrano le fibre di tipo C che sono amielinizzate ed hanno velocità compresa fra 0,5 e 2 m/s.

Si tratta di un dolore lento, più diffuso e quindi difficile da localizzare e compare solo dopo 1 secondo o più, per poi aumentare lentamente per molti secondi e talvolta anche per minuti.

Il dolore lento può essere definito anche dolore urente lento, dolore pulsante, dolore che induce nausea e dolore cronico.

Importanti differenze tra le due tipologie di dolore

Mentre il dolore rapido e acuto non viene percepito nella maggior parte dei tessuti profondi, il dolore lento può insorgere sia nella cute sia in quasi tutti i tessuti profondi o negli organi interni.

Il dolore acuto informa rapidamente il soggetto dell’esistenza di uno stimolo nocivo e quindi ha un ruolo fondamentale nell’indurre l’individuo a reagire immediatamente e allontanarsi dallo stimolo (ad esempio quando poggiamo il piede su uno spillo e subito iniziamo a saltellare come dei matti su un unico piede).

Invece la sensazione di dolore lento tende ad intensificarsi nel tempo sino a provocare nel soggetto un senso di sofferenza intollerabile che lo spinge ad individuarne la causa per eliminarla.

 

Nell’immagine osserviamo le fibre di tipo C, responsabili del dolore iniziale, e le fibre di tipo Aδ responsabili invece della trasmissione del dolore ritardato. Il dolore iniziale dura per breve tempo ed è più acuto e localizzato mentre quello ritardato dura più a lungo ed è diffuso e sordo. Le fibre di tipo C hanno velocità di conduzione di soli 2 m/s mentre quelle di tipo Aδ conducono ad una velocità di circa 20 m/s.

Nell’immagine osserviamo le fibre di tipo C, responsabili del dolore iniziale, e le fibre di tipo Aδ responsabili invece della trasmissione del dolore ritardato. Il dolore iniziale dura per breve tempo ed è più acuto e localizzato mentre quello ritardato dura più a lungo ed è diffuso e sordo. Le fibre di tipo C hanno velocità di conduzione di soli 2 m/s mentre quelle di tipo Aδ conducono ad una velocità di circa 20 m/s.

Prurito

Oltre al dolore lento e rapido, è possibile provare anche una sensazione di prurito. Si ritiene che prurito e dolore siano antagonisti tra loro. Infatti, quando proviamo una sensazione di prurito che ci sembra quasi di avere le pulci, iniziamo a grattarci evocando una sensazione di leggero dolore, mentre quella di prurito scompare (e tra l’altro più le unghie sono lunghe e più diventa piacevole grattarsi, vero?).

Trasmissione del segnale dolorifico

Quando il nocicettore viene stimolato da mediatori chimici dell’infiammazione, il segnale deve essere trasferito ad un neurone secondario localizzato a livello del corno dorsale del midollo spinale. Dalla terminazione sinaptica del nocicettore vengono rilasciate le molecole coinvolte nella segnalazione del dolore, essenzialmente sostanza P e glutammato. Queste molecole si legano a specifici recettori localizzati sulla membrana postsinaptica, quindi a livello del neurone secondario.

Una volta che il segnale avrà raggiunto il neurone secondario passerà poi al talamo e da qui raggiungerà la corteccia cerebrale per la percezione cosciente del dolore. Lo so che state sperando che non ci arrivi sto dannato segnale alla corteccia, ma prossimamente capirete per quale motivo la percezione del dolore è così importante. Siete curiosi?

Il nocicettore lungo il suo decorso presenta anche delle diramazioni collaterali, per cui il segnale deve viaggiare anche lungo di esse. Una volta raggiunto il terminale delle collaterali si ha la liberazione di sostanza P. Quest’ultima determina l’ulteriore rilascio di mediatori chimici dell’infiammazione, che agiscono a loro volta sul nocicettore, rafforzando una condizione nota come iperalgesia (un circolo vizioso insomma). Ma cos’è questa iperalgesia?

Iperalgesia

Una caratteristica comune a tutti i nocicettori è l’alta soglia di attivazione. In questo modo, a stimoli ad esempio meccanici deboli impressi sulla cute, non risponderanno i nocicettori, ma i meccanocettori. I nocicettori silenti sono recettori che in condizioni basali non rispondono a stimoli meccanici o termici anche molto intensi, mentre rispondono a questi stessi stimoli soltanto dopo sensibilizzazione indotta da mediatori chimici dell’infiammazione, liberati in seguito ad un danno tissutale.

A seguito di una lesione quindi si verifica la cosiddetta iperalgesia, ovvero l’aumento della sensibilità e reattività allo stimolo nell’area danneggiata. Nell’iperalgesia sembrano coinvolti meccanismi che agiscono sui nocicettori (iperalgesia periferica) o sul sistema nervoso centrale e si parla invece di iperalgesia centrale.

Ad esempio, dopo una prolungata esposizione al sole, si genera una scottatura, quindi una lesione. Nella regione in cui è presente la scottatura, stimoli innocui che normalmente non provocherebbero dolore, come indossare una maglia, possono risultare fastidiosi e dolorosi. A me è capitato di addormentarmi in spiaggia sotto forma di essere umano per poi risvegliarmi in versione gamberetto scottato. Persino fare la doccia diventa traumatico…

La condizione di iperalgesia ha funzione protettiva.

Vi starete chiedendo come può una sensazione accentuata di dolore addirittura proteggerci. Beh, il fatto che la zona danneggiata diventi particolarmente dolorante ci tutela da comportamenti che potrebbero ulteriormente danneggiarla. Poi dipende anche dal livello di disagio mentale di ciascuno di noi; a me a volte capita di essere così imbranata che due minuti dopo aver urtato ad esempio la gamba allo spigolo del tavolo, vado a sbattere nello stesso identico punto e ciao ciao iperalgesia. Boh, forse la convinzione che sia lo spigolo a doversi spostare e non io a dover stare attenta. Ma vi assicuro che in generale l’iperalgesia è davvero utile e fondamentale.

Iperalgesia periferica

L’iperalgesia periferica è il risultato dell’interazione tra i nocicettori e le sostanze che vengono liberate localmente dal tessuto danneggiato e che sensibilizzano i nocicettori stessi abbassandone la soglia di attivazione.  I principali mediatori chimici rilasciati sono: potassio, prostaglandinebradichininaistamina, serotoninasostanza P e CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina). Questi ultimi due vengono rilasciati dalla fibra nocicettiva stessa.  Alcuni fattori agiscono in maniera diretta sul nocicettore, altri invece indirettamente. Ad esempio, la bradichinina può agire secondo entrambe le modalità.

 

I diversi mediatori chimici dell’infiammazione, liberate dalla zona della lesione, agiscono direttamente o indirettamente sul nocicettore per abbassarne la soglia di attivazione, incrementandone la sensibilità agli stimoli. Tali sostanze sono bradichinina, sostanza P, CGRP, prostaglandine e potassio.

 

I diversi mediatori chimici dell’infiammazione, liberate dalla zona della lesione, agiscono direttamente o indirettamente sul nocicettore per abbassarne la soglia di attivazione, incrementandone la sensibilità agli stimoli. Tali sostanze sono bradichinina, sostanza P, CGRP, prostaglandine e potassio.

Le prostaglandine sono in grado di agire direttamente sulla fibra nocicettiva, legandosi a specifici recettori, determinando come effetto una depolarizzazione e quindi un aumento della sensibilità. Questo avviene perché le prostaglandine sono coinvolte in una via che comporta l’attivazione dell’enzima noto come adenilatociclasi.

Antidolorifici

Tale via è quella più utilizzata in campo farmacologico, in quanto i più comuni antidolorifici quali ibuprofene, paracetamolo (sicuramente a qualcuno di voi saranno venute delle canzoni in mente) ed aspirina, hanno la funzione di inibirla.  Come agiscono esattamente? Inibiscono le ciclossigenasi, ovvero gli enzimi deputati alla sintesi delle prostaglandine. Queste ultime così non vengono proprio prodotte, per cui la trasmissione del segnale dolorifico viene inibita a monte.

cannabinoidi e gli oppioidi interferiscono con la stessa via degli antidolorifici ma ad un livello diverso; infatti, queste molecole agiscono inibendo l’adenilatociclasi, che veniva invece stimolato dalle prostaglandine. Per cui anche i cannabinoidi e gli oppioidi riducono la trasmissione del segnale dolorifico, ma a differenza degli antidolorifici, agiscono a valle anziché a monte della via delle prostaglandine.

Non a caso, come molti già sapranno, la Cannabis viene utilizzata in diverse patologie per alleviarne la sintomatologia. Attualmente gli utilizzi riconosciuti dal DM 9/11/2015 per la prescrizione gratuita a carico del SSR sono: sclerosi multipla, dolore oncologico e cronico, cachessia (in anoressia, HIV, chemioterapia) vomito ed inappetenza da chemioterapici, glaucoma e sindrome di Tourette.  Il dolore va prima trattato con i farmaci tradizionali. Soltanto se questi trattamenti dovessero rivelarsi inefficaci o gravati da troppi effetti collaterali, si potrebbe prendere in considerazione il trattamento con farmaci a base di cannabinoidi.

CONCLUSIONI

Questo articolo rappresenta giusto un assaggio di tutto ciò che riguarda il dolore. Ora sapete quello che accade quando sbattete il mignolo al comodino o la gamba allo spigolo del tavolo. Altra cosa che avete appreso è che non dovete essere imbranati come me, ma sfruttare al meglio l’iperalgesia senza andare a sbattere cinque mila volte sempre nello stesso punto. Insomma, tutelatevi. Minimo io sto scrivendo tutte queste cose e a voi è rimasto impresso solo il paragrafo sulla cannabis, spero davvero di no.

Questo argomento non si conclude qui poiché il mio prossimo articolo ne rappresenterà il sequel (faceva figo dire sequel). Ci sono ancora tante altre cose interessanti da dire sul dolore e se ne avessi parlato ora sicuramente avrei mandato il vostro cervello in fumo per le troppe nozioni. Vi faccio un piccolo spoiler: nel prossimo articolo vi parlerò anche dei meccanismi che inducono una riduzione della percezione del dolore e del ruolo che il dolore ha nella nostra sopravvivenza. Interessante vero?

Arrivederci (anche se purtroppo voi non vedete me ed io non vedo voi) alla prossima puntata, sperando che questa vi sia piaciuta!

Annamaria Ragone

 

 

Fonti:

Libro di “Fisiologia medica” di Guyton e Hall

Sono laureata in scienze biologiche ed attualmente studio scienze biosanitarie nutrizione a Bari. Amo la biologia in ogni sua sfaccettatura ed ho molto a cuore le tematiche ambientali. Ho scelto di fare divulgazione per trasmettere agli altri la mia passione e per far comprendere l’importanza della scienza, spesso sottovalutata. Il mio motto è “Nulla di grande nel mondo è stato fatto senza passione”.

 

 

 

Fonte: Missione Scienza del 24 maggio 2021

 

 

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