I discorsi di fine anno a reti mummificate di Sergio Mattarella
AAA: DISCORSI DI FINE ANNO A CONFRONTO
di Ingrid Atzei
Analisi dei messaggi presidenziali che hanno segnato il passaggio degli anni, tra tradizione, innovazione e prospettive per il futuro.
E così anche a fine 2024 abbiamo avuto il piacere di assistere al rito a reti unificate del discorso istituzionale di fine d’anno del Presidente della Repubblica. Il discorso è cominciato con la più banale delle tecniche di manipolazione delle masse: nella notte di Natale una bambina di Gaza è morta per il freddo (1) ma, nella stessa notte, la Russia ha levato la corrente elettrica al popolo ucraino aggredendolo con la propria ferocia. Un intero popolo innocente a fronte di una sola bambina vinta dal freddo; mica che Netanyahu c’abbia colpe d’alcun tipo, intendiamoci. Il mostro è solo uno e non sta in Medioriente!
Dunque, già dall’incipit dell’italico saluto di fine d’anno capiamo dove si andrà a parare. E, infatti, il riferimento al cattivissimo russo tornerà più volte nel discorso del nostro Presidente; almeno tre. E una per spiegarci che è colpa della Russia se spendiamo quotidianamente di più (sic).
Ovviamente, non potendo glorificare l’Italia in nulla, la retorica discorsiva ha puntato su quanto di più collaudato ci sia in queste occasioni: le carceri invivibili, i femminicidi e i problemi giovanili. Argomenti sospettosamente utili per allungare il brodo, dal momento che ci vengono riproposti ogni anno. Per il resto, il discorso è stato un “rapido addentrarsi” in criticità che non restituiscono certo un’immagine di forza e potenza della nostra Italia: precarietà lavorativa, i giovani che cercano fortuna fuori dal patrio suolo, l’insicurezza sul lavoro e il calo delle nascite (i frequentissimi malori improvvisi, quelli no, non sono tra le criticità pervenute sulla scrivania presidenziale).
Possiamo poi registrare anche qualche guizzo legato all’attualità con il riferimento, ricicciato fuori solo a fine anno e solo per Cecilia Sala, alla libertà d’informazione. E, ancora, i primati sportivi dell’Italia che, come gli antichi spettacoli romani, aiutano sempre a creare un senso patrio laddove l’orgoglio non si può sfoggiare diversamente; il richiamo alla pace, quella giusta però, da sempre perseguita dall’Italia e obiettivo precipuo della costantemente attenta “cricca del pianto”, UE per gli amici. Abbiamo detto quella giusta, ovvero quell’unica garanzia dall’aggressione ai danni di altri paesi europei (preciso preciso il pensiero presidenziale che, traducendo per il popolo da indottrinare, suonerebbe così: dobbiamo sconfiggere malamente la Russia che, altrimenti, non vede l’ora di aggredirci perché gli mancano terreni sui quali correre e risorse naturali sulle quali sedersi).
Ciò detto e dopo ben due passaggi sul cambiamento climatico e il totale sorvolo sulla speculazione energetica in corso in Sardegna e non solo, il nostro Presidente evidenzia: 1) l’importanza del voto che rafforza la democrazia (totalmente dimentico che nel 2021, ritenendo pericoloso votare durante il periodo pseudo-pandemico, conferì al Mario Draghi nostro, quello di «Non ti vaccini, ti ammali, muori, oppure fai morire lui/lei» e sempre quello del «Preferite la pace o il condizionatore?») il mandato di costruire un governo tecnico; 2) che noi (ovvero ciascuno di noi) siamo la speranza! La speranza de che?, verrebbe da chiedersi…
Da segnalare ancora, nel discorso, riconoscenza un tanto al chilo espressa in un lungo elenco di categorie che paiono voci anonime in un vocabolario straniero e senza soffermarsi troppo sui perché e i per come di tale riconoscenza. Passaggio questo davvero bruttino bruttino, ma spiegabile, giacché c’era da calcare la mano sul cattivone russo e su Hamas (anche stavolta Netanyahu non pervenuto nemmeno per un lapsus).
Ora, ‘sta retorica è durata 17 minuti circa e non ha brillato per efficacia, incoraggiamento e buoni auspici per il futuro (l’unico riferimento concreto al futuro è stato per parlare delle intelligenze artificiali). Il che fa riflettere assai.
Invece, il discorso che il cattivone russo ha fatto al suo popolo per fine anno è stato breve, senza arzigogoli, senza critiche, senza curarsi di quella piccola parte di mondo che finge di perseguire grandi e fondanti ideali. Un discorso, piuttosto, improntato alla gratitudine, all’orgoglio, all’onore, al benessere, all’importanza degli avi e a coloro che difendono la patria. Il confronto con il nostro Presidente è, ahinoi, miserrimo. Il nostro ha ringraziato i militari in maniera molto generica, poiché – ce lo diciamo sottovoce ma sappiamo che è così – non chiamati a difendere la patria ma a servire gl’interessi della “cricca del pianto” e della “nursery guerrafondaia”, leggasi NATO.

La cosa che, però, più di tutto mi ha colpito, accantonata la pochezza del discorso istituzionale italico, è stato poter confrontare il discorso del Presidente russo con una ricostruzione storica – realizzata ad hoc per la fine dell’anno dal divulgatore di contenuti storici Roberto Trizio del canale Youtube Scripta Manent – del discorso “istituzionale” che avrebbe potuto tenere l’Imperatore Tiberio Giulio Cesare Augusto. Anche nella ricostruzione – essendo Tiberio imperatore di una Roma caput mundi – l’orgoglio, l’onore, il coraggio, la dedizione dei soldati, il benessere e la grandezza di Roma ma, anche, l’importanza degli avi hanno riempito i pochi minuti di discorso. Perché un bel discorso si può condensare in pochi minuti, non necessita di quarti d’ora.
Ecco, dirà qualcuno, il discorso del Presidente russo e dell’Imperatore si somigliano perché entrambi sono espressione di dispotismo e di potere assoluto. Be’, superficialità a parte, la realtà è che entrambi i discorsi non evocano in alcun modo imperialismo, semmai parlano dritto al popolo, riconoscendolo come unico destinatario del discorso pronunciato. Unico e consapevole. Invece, il discorso del nostro Presidente dice agli Italiani quello che devono/dovrebbero pensare. Il nostro Presidente non può ringraziare e magnificare il popolo italico per alcun primato, per il coraggio, per la crescita, per i grandi progetti futuri come fanno, piuttosto, Putin e Tiberio, perché i progetti dell’Italia sono stesi da qualcun altro, ben lungi dal suolo patrio. Spiace davvero dover constatare che, oramai, di “quarta potenza mondiale” non è più presente nemmeno il ricordo sfumato, figuriamoci l’ardire di auspicare di riproporsi, in maniera indipendente (come, invece, può fare Putin), come tale.

Approfondimenti del Blog
Post di Pino Cabras «MATTARELLUM PARA BELLUM. NELLE ISTITUZIONI SERVE ALTRO»
https://www.facebook.com/PinoCabrasPino/posts/790838116184786

Anche loro morti per il freddo?

(1)
Cla
2 Gennaio 2025 a 20:04
È già tanto che il discorso è stato fatto da Mattarella, oramai ci si potrebbe aspettare he lo faccia la Segre!