Tra lezioni del passato e sfide future, uno sguardo oltre il “secolo breve”.

Illustrazione di Mark Bryan

ADDIO AL SECOLO BREVISSIMO

di Il Simplicissimus

Addio al Secolo Brevissimo: Tra Memoria e Futuro. Nel lasciare alle spalle il “secolo breve”, ci confrontiamo con le sue eredità, i suoi drammi e i suoi trionfi, cercando di comprendere come le sue lezioni possano guidarci nel nuovo millennio.


Stanotte non si festeggia solo il passaggio da un anno all’altro, ma la transizione a un nuovo secolo. Quello che ci lasciamo alle spalle è un periodo di appena cinquant’anni cominciato con il trionfo del liberismo della Thatcher e di Reagan all’inizio degli anni ’80 che si trasformò in globalismo con la dissoluzione dell’Unione Sovietica e il conseguente unipolarismo degli Usa. Ma oggi il mondo è radicalmente cambiato anche se negli ultimi cinque anni le élite che propiziarono la nascita di questo secolo brevissimo hanno tentato il tutto per tutto pur di rimanere in sella: dalla pandemia alle guerre, dal catastrofismo climatico alla messa in mora della democrazia perché il tentativo di dominio planetario è accompagnato necessariamente dal dominio delle società occidentali e dal capitalismo della sorveglianza.

La finanziarizzazione dell’economia che è nella logica intrinseca del neoliberismo non è stato un successo, anzi ha man mano eroso il primato occidentale. Alcuni dati lo testimoniamo in maniera netta e incontrovertibile: la produzione industriale statunitense è cresciuta del 10% dall’anno 2000 e dello 0% dal 2019. Nel frattempo, la Cina è cresciuta di quasi il 1000%, la Russia di oltre il 200%, l’India di oltre il 320%. Le cosiddette “nazioni sviluppate” non sono cresciute affatto dal 2019. Tutte le economie dell’Europa occidentale hanno raggiunto il picco nel 2007-8, tranne la Germania che lo ha raggiunto nel 2017 e che ora scende precipitevolissimevolmente. L’Italia è il fanalino di coda: la sua produzione industriale è diminuita di un quarto negli ultimi 24 anni: il degno risultato del berlusconismo, del prodismo, del montismo e infine dei bambocci senza storia e senza futuro che sono stati votati.

L’altra novità peraltro strettamente collegata alla prima è che gli Stati Uniti non hanno più una totale supremazia militare: non sono competitivi né nella produzione di munizioni, visto che la Russia può produrre proiettili di artiglieria in quantità 10 volte maggiore, né nello sviluppo di armi sofisticate non essendo riusciti a sviluppare alcun sistema di armi ipersoniche e rimanendo molto indietro nella tecnologia di difesa missilistica. Persino il loro deterrente nucleare è troppo vecchio per essere considerato affidabile. Il loro principale investimento è nei gruppi di portaerei divenuti però troppo vulnerabili con l’avanzata delle tecnologie missilistiche. Il sistema stesso con i suoi “valori” e i suoi richiami illusori ha di fatto provocato un baratro nell’istruzione e una ridislocazione delle intelligenze verso attività più lucrose, ancorché futili, che ora rende difficile recuperare il gap. Una delle ragioni dello scontro su Taiwan è che l’isola cinese produce componenti elettroniche avanzate che gli Usa non riescono più a produrre in casa.

Per giunta se in questi anni gli Stati Uniti sono stati in grado di superare la carenza di petrolio e di gas con la tecnica della fratturazione, ora anche questa ha raggiunto il suo picco ed è destinata a diminuire sia pure gradualmente e con costi via via superiori. Ciò non è solo un problema per gli Usa, ma soprattutto per l’Europa: avendo volontariamente rinunciato al gas e al petrolio russo, oggi si trova a pagare il gas americano a prezzi almeno 5 volte superiori rispetto a quello praticato all’interno degli Usa, perdendo qualsiasi competitività. La beffa è che il continente, guidato da un sinedrio di imbecilli e di comprati che nessuno ha mai eletto, continua ad acquistare beni energetici russi, ma attraverso triangolazioni che ovviamente ne accrescono e di molto il prezzo. D’altronde le cosiddette energie rinnovabili si sono dimostrate inaffidabili e le centrali nucleari a cui bisognerebbe di nuovo affidarsi sono di difficilissima realizzazione: mancano ormai i tecnici mentre Russia e Cina hanno affinato le loro tecniche. La Russia è ora il principale fornitore di tecnologia nucleare al mondo ed è riuscita a chiudere il ciclo del combustibile nucleare, risolvendo il problema dello smaltimento di scorie nucleari di alto livello che vengono recuperate nel ciclo.

In conseguenza di questi fatti l’ordine mondiale e la sua sottospecie di “ordine internazionale basato sulle regole” non esistono più, esattamente come non esistevano regole al di fuori degli interessi dell’occidente complessivo: si stanno creando nuove aree di potere con visioni diverse che vanno in rotta di collisione. Per di più il crollo delle regole democratiche divenuto palese con le elezioni del 2020 in Usa e i successivi sbancamenti in Europa che hanno raggiunto il diapason con l’affaire Romania, hanno distrutto l’immagine dell’Occidente come punto di riferimento. Del resto, basta vedere cosa sta succedendo riguardo al genocidio israeliano in corso in Palestina: tante chiacchiere e quasi nessuna azione, nemmeno simbolica, mentre vengono fornite armi a Israele. Basta vedere il disastro creato in Siria: gli Usa e l’Occidente non sono più in grado di essere un modello e nemmeno di reggere un ordine mondiale. Solo il caos è alla loro portata, come del resto le sparate di Trump dimostrano.

Con la sconfitta ormai palese in Ucraina si apre un nuovo secolo che non si sa quanto potrà durare, che sarà per molti versi angosciante e doloroso, ma che almeno spezzerà l’incantesimo di atarassia e rassegnazione nella quale ci troviamo, mostrando anche ai più ciechi che un mondo diverso è possibile.

Redazione

 

 

 

 

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