Non una visita di cortesia, ma un intervento politico travestito da diplomazia: il re d’Inghilterra ha parlato al cuore del potere italiano — e quasi nessuno sembra essersene accorto.
AL SERVIZIO DI SUA MAESTÀ
Riccardo Paccosi
La recente visita di Carlo III in Italia è passata quasi sotto silenzio, come se fosse un episodio marginale di cerimoniale istituzionale. E invece no. Il suo discorso alle Camere non è stato né folkloristico né puramente simbolico: è stato un preciso, netto, intenzionale atto politico. Una presa di posizione. Con toni apparentemente concilianti ma dai contenuti fortemente indirizzati, il sovrano britannico ha parlato ai vertici del potere italiano su temi chiave per gli equilibri futuri del nostro Paese. Una mossa che meriterebbe ben altra attenzione — anche perché non si è trattato di parole in libertà, ma di un gesto di pressione diplomatica in piena regola. E allora, perché questo silenzio? Perché così pochi hanno colto la portata di quanto accaduto? La Corona ha parlato, ma in Italia sembra che nessuno abbia ascoltato. O peggio: che qualcuno preferisca far finta di niente. (f.d.b.)
IL DISCORSO DI CARLO III ALLE CAMERE, OVVERO L’INGRESSO A GAMBA TESA DELLA CORONA BRITANNICA NEGLI EQUILIBRI DELLA POLITICA ITALIANA
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Non riesco a comprendere perché, finora, abbia scorto pochissimi post, fra i miei contatti, dedicati alla visita di Carlo III in Italia e, soprattutto, al suo discorso alle Camere del Parlamento Italiano.
Non si è trattato assolutamente d’una vicenda di routine diplomatica, di cerimonialità o meramente culturale: si è trattato, invece, di un intervento politico a gamba tesa della Corona Britannica al fine di orientare e indirizzare le prossimo-future decisioni del governo italiano.
Pertanto, risulta davvero incomprensibile la scarsa attenzione che la vicenda ha finora ricevuto.
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Cos’ha detto Carlo III trovandosi a essere il primo re britannico, nella storia, ad aver parlato all’interno del Parlamento Italiano?
In buona sostanza, l’esponente dei Winsdor ha svolto un excursus storico ricordando, tra le altre cose, che la gloriosa Spedizione dei Mille di Garibaldi si è potuta svolgere grazie al benevolo supporto delle navi da guerra inglesi.
Carlo si è poi soffermato a lungo su Prima e Seconda Guerra Mondiale, menzionando anche la Resistenza.
Il tema della guerra al nazifascismo, quindi, ha trovato un punto di precipitazone nel tempo presente, attraverso le seguenti parole: “Oggi l’eco di quei tempi, che speravamo ardentemente fossero stati consegnati alla storia, riecheggia su tutto il nostro continente”.
Dopodiché, Carlo ha rammentato il comune impegno nella NATO, i progetti militari e miliardari che sono in cantiere fra i due paesi, nonché il condiviso appoggio al regime ucraino.
Orbene, non occorre essere esperti in diplomazia per intuire che il senso di tutta questa retorica sia stato apparentemente celebrativo nella forma ma abbia contenuto, nella sostanza, una sorta di esortazione/monito che potremmo riassumere nella frase “fate attenzione a non deviare dalla linea stabilita”.
Insomma, è andato in scena un atto di paternalistica imposizione imperiale sulla sovranità dell’Italia.
Quello che c’è da capire, a questo punto, è se l’offensiva diplomatica della Gran Bretagna – volta a spingere le nazioni europee verso la terza guerra mondiale – si stia svolgendo in opposizione alla linea politica di Donald Trump o se invece, tra quest’ultimo e Keir Starmer non sia in atto una sorta di divisione dei compiti.
Nella prima ipotesi, sarà interessante vedere se Giorgia Meloni potrà continuare, come ora, a camminare con i piedi in due scarpe diverse o se dovrà invece fare una scelta.
Nella seconda ipotesi, l’Italia non avrebbe alcuna scelta da compiere ma solo ordini da eseguire.
