L’Europa si lancia in guerre economiche e politiche senza una vera strategia

ARMIAMOCI E PARTITE: UE BUONA A NULLA, MA CAPACE DI TUTTO
Il Simplicissimus
Armiamoci e partite: l’illusione di un’Europa forte. Mentre l’Occidente si illudeva di poter piegare la Russia con sanzioni e strategie geopolitiche, ha finito per incrinare se stesso. L’Unione Europea, inefficace nel difendere i propri interessi ma sorprendentemente capace di alimentare il caos, si ritrova a fronteggiare crisi economiche, instabilità sociale e una perdita di credibilità internazionale. Tra errori strategici, propaganda e scelte miopi, il vecchio continente si scopre più fragile che mai. Una cronaca spietata di un’Europa che, nel tentativo di giocare da superpotenza, si è trasformata in una pedina.
L’Occidente voleva spezzare la Russia e invece ha spezzato se stesso, fra il troncone americano e quello europeo che paiono agire in maniera antitetica e paradossale perché la parte forte, ossia gli Usa vorrebbe porre fine al conflitto in Ucraina, mentre quella debole, ovvero l’Ue vorrebbe invece continuare a “logorare” Mosca nella insana speranza di riuscirvi, logorando molto più se stessa. Il padrone di sempre dopo aver provato ad eliminare il grande avversario del neoliberismo globalista, si è accorto che non solo questo tentativo è militarmente fallito, ma ha agito da forza centripeta coagulando alleanze contrapposte al modello simil coloniale dell’unipolarità dell’impero. Ciò ha implicato un cambiamento di politiche, di prospettive e di dislocazione del potere che vanno ben al di là del cambio della guardia alla Casa Bianca. I “dipendenti” invece, titolari di una costruzione politica tecnocratica come l’Ue che prefigura la cancellazione della democrazia reale, sono rimasti impelagati nel loro modesto guscio ideativo e non hanno avuto la forza di dissociarsi dalla guerra, sebbene non abbiano alcuna capacità di emanciparsi dall’ombrello americano. Non è difficile comprenderne il motivo: un milieu politico attaccato con la colla acrilica al progetto globalista e alle sue centrali, sa di essere spacciato, perché la guerra totale, militare ed economica alla Russia si è risolta in un danno enorme all’economia continentale, mentre gli Stati Uniti ne hanno ricavato un qualche vantaggio, al di là della figuraccia fatta dai loro armamenti e dalle loro dottrine tattiche.

Far rullare i tamburi di guerra e proporre di dare in pasto alla speculazione dei loro burattinai, una montagna di miliardi è l’estremo tentativo di trascinare di nuovo gli Usa dentro il conflitto. Ma più l’Ue tenta queste operazioni, più rimane sola e più si divide. Così mentre gli Usa cercano di sostituire Zelensky che è il simbolo dell’Ucraina usata come clava contro la Russia, gli europei inneggiano a questo screditato personaggio, ben sapendo che è il primo ostacolo verso una seria trattativa di pace. Del resto non capire che la guerra è persa e che è impossibile, allo stato attuale delle cose, ribaltare questa situazione senza un intervento diretto della Nato (dunque con una guerra nucleare che in ogni caso annienterebbe l’Europa), significa soffrire di una grave discrasia cognitiva e di essere completamente slegati dalla realtà. Se vogliamo avere un esempio preclaro della confusione mentale da cui sono afflitti i milieu politici in questo tramonto dell’occidente basta riferirsi alle parole dell’aspirante primo ministro canadese, Chrystia Freeland, il cui nonno era un membro dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, che è apertamente filo-nazista e antisemita: ha seriamente suggerito di usare l’ombrello nucleare britannico per difendere il Canada dall’America di Trump. Non sa nemmeno che sono gli americani di fatto a gestire quel piccolo arsenale atomico di Londra, più modesto di quello francese, basato esclusivamente su quattro sommergibili Vanguard con a bordo i Trident made in Usa insieme a tutto il software per il loro uso. Sono pronto a scommettere che nemmeno un missile partirebbe senza il consenso di Washington.
La protervia e la totale incapacità di realismo da parte europea, l’illusoria negazione della sconfitta, l’idea di poter mandare in Ucraina 200 mila uomini, che peraltro nemmeno ci sono, come truppe di mantenimento della pace, fingendo di non sapere che è proprio questo che la Russia non può accettare, stanno avendo conseguenze ad ampio raggio: la prima è di aver creato una frattura con i Paesi dell’Est che invece sono favorevoli ad una linea più pragmatica e realistica. Tale rottura in questi giorni si evidenzia drammaticamente con lo svergognato tentativo di mettere in mora la democrazia in Romania dove si sta facendo di tutto e di più perché il Paese non segua una politica di rappacificazione con Mosca. In tal modo però le distanze si vanno accentuando invece di essere colmate. Senza dire che anche tra i Paesi maggiori cominciano ad evidenziarsi delle crepe, che ora sono ancora sottopelle, ma che non tarderanno a mostrarsi ad onta del conformismo globalista dei vari milieu politici nei vari Paesi. Infine, viene per la prima volta incrinata la comunità transatlantica e la sua Alleanza.
Così la Ue non soltanto appare come la vera perdente nel conflitto, ma già ora mostra di non avere né la forza economica, tecnologia, né abbastanza coesione da poter risultare un attore credibile nel mondo multipolare che è ormai una realtà. In sostanza si può dire che il progetto di “unione sempre più stretta” è fallito politicamente ed economicamente, mentre solo la tetragona resistenza della burocrazia continentale e la fatuità inconsistente delle sue classi intellettuali, lo tengono ancora insieme. Il tentativo di Macron, del premier britannico Kier Starmer e della von der Leyen, di diventare “leader del mondo libero”, tra l’altro attraverso una spaventosa torsione delle libertà, si rivela patetico, incoerente, fuori dalla storia, fuori dalla realtà e fuori dalla volontà dei propri cittadini. Sono buoni a nulla, ma capaci di tutto e in questo modo stanno creando uno scenario per cui in qualunque modo vadano le cose, l’Europa sarà sempre perdente.
