Dopo mesi di silenzi e contorsioni, la politica italiana scopre l’orrore a Gaza e tenta una disperata (e tardiva) scalata morale. Senza corde né onestà.
ARRAMPICATA SUGLI SPECCHI. POLITICI ITALIANI DA RECORD DEL MONDO
NELLA QUESTIONE GAZA
Augusto Grandi
È un affondo ironico e tagliente contro l’ipocrisia della classe dirigente italiana di fronte al conflitto in Palestina. Dopo mesi – anzi, anni – di silenzi compiacenti, ambiguità e sostanziale complicità con la narrativa israeliana, i politici italiani si scoprono improvvisamente indignati. Ma con cautela, beninteso: Netanyahu sì, va criticato. Ma lo Stato di Israele no. I massacri a Gaza? Colpa di lui, il “macellaio”. Non dei soldati, non del sistema, non dei coloni. L’autore mette in luce il paradosso di una politica che, dopo aver chiuso gli occhi su occupazioni illegali, bombardamenti su civili, uccisioni di bambini, tenta ora di salvarsi la faccia di fronte alla crescente indignazione popolare. Il risultato è una serie di acrobazie verbali e morali che fanno impallidire gli alpinisti più temerari. Nel testo si denuncia anche l’incoerenza sul tema dei boicottaggi: vietati per la Russia e l’Iran, ma considerati intoccabili quando si tratta di Israele, anche se la popolazione ha sostenuto con il voto il governo Netanyahu. Una riflessione feroce, lucida e necessaria su quanto l’Occidente – Italia in testa – sia disposto a distorcere la realtà pur di non mettere in discussione i propri alleati, o i propri interessi. (Nota Redazionale)
Altro che Messner! Altro che Bonatti! Politici e intellettuali italiani di ogni colore sono i veri dominatori dell’arrampicata più estrema: quella sui vetri o sugli specchi. Dopo aver a lungo fatto finta di niente di fronte alla strage di decine di migliaia di civili palestinesi, sterminati a Gaza dagli israeliani; dopo aver fatto finta di niente per anni di fronte all’occupazione abusiva e violenta della Cisgiordania da parte dei coloni israeliani; ora, di fronte all’indignazione generale degli italiani tentano di correre ai ripari. E scoprono che Netanyahu, il macellaio, non è una brava persona. Brutto dentro e fuori.
Solo lui, ovviamente. Perché i bombardamenti sui profughi indifesi li ha fatti lui, non i militari israeliani. Perché le uccisioni a sangue freddo dei bambini palestinesi le ha commesse Netanyahu, non i soldati. Perché sotto la maschera di ogni colono si nascondeva sempre e solo lui.
D’altronde i politici che si indignano contro il boicottaggio dei prodotti israeliani devono trovare qualche alibi. No ai prodotti russi, per colpire un intero popolo, no a quelli iraniani. Però sì a quelli di Israele per non colpire una popolazione che ha pur votato per Netanyahu.

E poi si mandano in campo gli intellettuali per impedire che si parli di genocidio. Il democratico dibattito italiano non tollera dissenso e condanna. Il colpevole, se proprio bisogna parlare di colpevoli, è uno solo. Gli altri assassini sono tutti buoni e democratici. Così quando lo sterminio sarà completato, evitando di definirlo genocidio, il macellaio sarà perdonato con un grande abbraccio collettivo: Fassino, Fiano, Picierno, Mulè, Meloni, Tajani, Salvini. Con la regia di Mimun, ça va sans dire.
