”Innumerevoli sono gli artisti che, tra Otto e Novecento, hanno ceduto al richiamo dell’assenzio, leggendaria ancorché pericolosa bevanda
ASSENZIO ARTE POETICA
L’assenzio è un distillato ad alta gradazione alcolica 60-70°, generalmente dalla colorazione verde smeraldo o verde chiaro, derivato da erbe quali fiori e foglie dell’Artemisia absinthium L., dal quale prende il nome.
Innumerevoli sono gli artisti che, tra Otto e Novecento, hanno ceduto al richiamo dell’assenzio, leggendaria ancorché pericolosa – a quei tempi – bevanda che sedusse e ispirò personaggi quali Degas, Manet, Van Gogh, Toulouse-Lautrec. Quest’ultimo, addirittura, non usciva mai di casa senza un bastone da passeggio concavo in grado di contenere mezzo litro del liquore (e con bicchiere a parte). Altri aneddoti sono raccontati da Phil Baker nel suo volume, Il libro dell’assenzio (Voland editore), che ricorda pure come quei pittori – e con essi molti poeti, da Rimbaud, a Verlaine, a Baudelaire – fossero assidui frequentatori dell’ “ora verde” parigina, una sorta di happy hour ante litteram, che dalle cinque alle sette del pomeriggio trasformava i locali della Ville Lumière in una sorta di vivace agorà della cultura del tempo. La “fata verde”, cioè l’assenzio, dava un contributo alla socializzazione e alla leggerezza, che tale non restava, dopo qualche ora di bevute.
Moda bohémienne e origini
Dalla seconda metà dell’Ottocento un nuovo protagonista si fa strada nell’arte: l’assenzio. Il distillato verde conquista la Bohème parigina diventando soggetto delle opere ma anche vera musa ispiratrice. L’assenzio – un liquore verde, che diventa biancastro, con l’aggiunta necessaria d’acqua, e dal sapore d’anice – fu bandito dal commercio a causa della gravità del problema sociale dell’alcolismo, dei bassi costi dello stesso che consentiva vasti consumi e dalle contraffazioni pericolose che, nell’ambito di una politica economica sempre più concorrenziale, avevano immesso sul mercato prodotti molto scadenti e manipolati, con alcool industriali e coloranti quali l’ossido di rame. Questo liquore si ottiene distillando erbe officinali tra cui artemisia absinthium – un arbusto alpino molto comune – anice verde, finocchio, melissa, coriandolo ed issopo. La colorazione verde si ottiene successivamente, con l’aggiunta e la macerazione di altre piante.
Il connubio tra genio artistico e consumo di assenzio contraddistingue gli artisti francesi, ma anche poeti quali Allan Poe, Rimbaud, Baudelaire, Oscar Wilde. Quest’ultimo scriverà «Un bicchiere d’assenzio, non c’è niente di più poetico al mondo. Che differenza c’è tra un bicchiere di assenzio e un tramonto? Il primo stadio è quello del bevitore normale, il secondo quello in cui cominciate a vedere cose mostruose e crudeli ma, se perseverate, arriverete al terzo livello, quello in cui vedete le cose che volete, cose strane e meravigliose » (Arnold 1992, p.332). Considerato elemento fondamentale dello stile di vita bohémien, i parigini dedicano un momento specifico della giornata alla consumazione dell’assenzio: il tardo pomeriggio tra le 17 e le 19 diventa per tutti l’heure verte (l’ora verde).
L‘assenzio fu inventato da un medico francese, Pierre Ordinaire, che in fuga dalla Rivoluzione francese si trasferì a Couvet (Svizzera) nel 1792. Tra le erbe officinali della zona, che i medici di campagna dell’epoca utilizzavano per preparare rimedi naturali, trovò l’assenzio maggiore, di cui conosceva l’uso nei tempi antichi. Sperimentando con questa pianta iniziò a produrre un forte distillato da circa 60°, contenente oltre all’assenzio molte altre erbe tra cui anice, issopo, dittamo, acoro e melissa. Il liquore di Ordinaire divenne un famoso toccasana a Couvet e assunse già il soprannome la Fée Verte (la Fata Verde). Si pensa che alla sua morte ne tramandò la ricetta segreta alle sorelle Henriod di Couvet, ma è possibile che in realtà le Henriod producessero il proprio assenzio già da prima di Ordinaire.
La fée verte
Uno schizzo a pastelli fatto dal vero ritrae Van Gogh seduto ad un tavolino con un bicchiere di assenzio davanti. L’autore è Henri de Toulouse-Lautrec, anch’egli
noto per la forte dipendenza dall’alcol. Lautrec aveva inventato il treblement de terre, assenzio miscelato con cognac abbiamo già raccontato del suo bastone concavo che ne conteneva una buona dose. Non solo, il pittore aveva anche fatto personalizzare il suo cucchiaino da assenzio: dietro l’assunzione del distillato era infatti nato un vero e proprio rituale. In un libro di Queneau così l’oste spiega al giovane che aspira a diventare artista come prepararlo “Deponga il cucchiaio sul bicchiere nel quale già riposa l’assenzio, metta poi una zolletta di zucchero sul cucchiaino suddetto di cui avrà notato la forma singolare. Poi lentissimamente, versi acqua sulla zolletta di zucchero, che comincia a sciogliersi goccia a goccia, una pioggia fecondatrice e saccarifera cade nell’elisir rendendolo brumoso” (Queneau 2006, pp.15-16)
Al richiamo dell’assenzio cedono artisti e poeti, in particolare i poeti maledetti, i quali ne facevano uso e abuso per le sue doti “illuminanti”. Esso era ritenuto un ottimo veicolo attraverso il quale espandere la propria creatività. L’idea della fée verte come fonte d’ispirazione è raccontata da Albert Maignan nel suo dipinto La musa verde (1895): in un interno vediamo un uomo che soccombe sotto l’effetto dell’assenzio, ritratto a sinistra in un bicchiere ma anche come figura alle spalle del poeta, che si porta le mani alla testa, sopraffatto dai pensieri, dalle immagini suscitate dalla sua musa verde. È qui ben descritta l’ambiguità dell’assenzio, che può essere fonte di ispirazione ma anche causa di squilibrio o vero delirio.
La fata verde torna ne Il bevitore d’assenzio (1901) di Viktor Oliva, pittore ceco, che ha donato l’opera al Caffé Slavia di Praga, dove spesso si recava.
Le peril vert
L’assenzio è dunque simbolicamente associato al fascino degli eccessi della Bohème parigina e della creatività oltre i confini. Eppure il “pericolo verde” rimanda anche a un’immagine di decadenza e isolamento. In questo senso torna in molti dipinti che raccontano la solitudine degli sguardi persi dei bevitori mentalmente offuscati. Forse il quadro più celebre è L’assenzio di Degas (1875-76): la scena è ambientata nel café Nouvelle-Athènes, uno dei luoghi di ritrovo degli Impressionisti.
I due personaggi (l’amico incisore Desboutin e l’attrice Ellen Andrée) vestono i panni di un clochard dall’aria trasandata e di una prostituta vestita in modo pateticamente vistoso. Nell’ambiente regna il silenzio: i due sono seduti vicini ma lontanissimi e l’incomunicabilità è accentuata da uno stato d’animo marcatamente pesante. La donna, seduta sulla panca con le gambe semi-divaricate e le spalle accasciate, ha davanti a sé un bicchiere di assenzio. Lo sguardo basso racconta una rassegnazione profonda. È la desolazione annegata nell’alcol.
Anche un giovane Pablo Picasso, durante il suo secondo soggiorno a Parigi, ritrarrà una donna che siede solitaria in un caffè in compagnia del suo bicchiere: è La bevitrice d’assenzio (1901). La figura femminile è ferma, avvolta dalle sue stesse braccia lunghe e ossute che accentuano il suo isolamento, la sua emarginazione. Una forte tensione si sprigiona dal suo corpo, che racconta una sofferenza inespressa, un senso di abbandono e alienazione. La donna sembra lontana dal luogo in cui è ritratta e persino dal bicchiere di assenzio che ha davanti. Anche qui, come in tutti i quadri in cui è ritratta, la bevanda non è verde ma giallastra: è questo il colore che assume quando viene diluita con acqua e zucchero. Ed è così accompagnava i pomeriggi e le serate degli artisti, dei pittori e della gente comune che non riuscì a resistere al grande fascino della fée verte.
Riccardo Alberto Quattrini
Riferimenti bibliografici
- Queneau, R. (2006). Icaro Involato (Le Vol d’Icare 1968). Torino: Einaudi.
- Arnold W.N. (1992). Vincent van Gogh: Chemicals, Crises, and Creativity. Boston: Birkhäuser.
- Baker, P. (2008). Il libro dell’assenzio. Roma: Voland.
Immagine di copertina: Jean Beraud Au Cafe