Il miglior sistema di governo? La monarchia assoluta, temperata dal regicidio
ASSOLUTISMO E REGICIDIO
Forse è stato Bodin a dirlo… forse qualcun altro, si tratta di eco d’antiche letture. Un po’ sbiadito nella memoria.
Comunque
Il miglior sistema di governo? La monarchia assoluta, temperata dal regicidio.
Tradotto. Un uomo, un Sovrano con poteri assoluti. Quindi al di sopra di ogni legge. Cosa che non erano neppure gli Imperatori romani, almeno all’inizio, e sicuramente non i Sacri Romani Imperatori. Un’idea di autocrazia tutta moderna. Potremmo dire implicita, e fors’anche necessaria, nel nostro tempo. Dove governare richiede decisione, rapida, senza pastoie legali o burocratiche che siano.
Però se il Re si dimostra incapace, sbaglia, prende decisioni improprie…lo si elimina. E si mette un altro al suo posto.
Già…ma chi decide se il Re sbaglia? Chi decide di eliminarlo? E in base a quali criteri o interessi?
Questo i vecchi teorici dell’assolutismo Barocco – data di nascita dello Stato moderno – non lo dicono. Più tardi si parlerà, vagamente, dell’interesse nazionale. Ma, appunto, è solo vaga retorica. Fuffa.
E veniamo all’oggi. All’attentato a Trump. Che pare si sia salvato per un caso. Un movimento improvviso della testa e la pallottola che gli ha sfiorato la nuca. Mozzandogli il lobo dell’orecchio. Fosse rimasto fermo un secondo di più…
Il killer presunto, prontamente eliminato dai cecchini del Servizio Segreto. Non altrettanto pronti, però, prima dell’attentato. Sempre che fosse stato lui, un ragazzotto esaltato, un nerd democratico, e lui solo, ad agire. E peraltro, con il passare delle ore, emerge che gli attentatori erano due. Secondo consolidata prassi. Se ne discuterà a lungo…invano. Ancora stiamo aspettando un po’ di chiarezza su Dallas. Sulla morte di Kennedy. Che avvenne con modalità consimili.
Già JFK… con lui non hanno sbagliato mira. Ed uso il plurale perché ormai nessuno crede più da decenni alla fola dell’attentatore solitario.
Kennedy dava fastidio. Aveva commesso grossi errori – la crisi di Cuba, la Baia dei Porci – aveva pestato molti piedi…sensibili. Tipo quelli dei petrolieri. Della quale era invece, guarda caso, espressione il suo vice e successore. Lyndon Johnson.
Comunque, JFK non fu il primo. Da Lincoln in poi, quattro presidenti sono caduti sotto i colpi di, più o meno identificati, “attentatori”. Molti altri hanno subito attentati. Per tacere poi dei candidati eliminati durante la corsa.
Il più noto, un altro fratello Kennedy. Bob.
Famiglia che, evidentemente, dà fastidio a più di qualcuno. Il terzo fratello, Ted, se la cavò con uno scandalo a sfondo sessuale. Che ne travolse le ambizioni. Spianando la strada al buon, e scialbo, Jimmy Carter.
Il “regicidio” è, dunque, una prassi frequente nella politica statunitense. Anche perché il modello presidenziale richiama, scientemente, quello delle monarchie assolute del XVIII secolo. Temperato dalla durata del mandato e dal controllo sui fondi del parlamento.
Leggetevi il saggio, fondamentale, di John G.A. Pocock, uno dei massimi esponenti della Scuola di Cambridge: La costituzione americana.
Tuttavia resta il quesito: chi decide che sia necessario eliminare il “re”?
Che si fa più pressante proprio in queste ore.
Ovvero, a chi creerebbe problemi una, nuova, presidenza Trump? Quali interessi potrebbe danneggiare?
Così, a naso…il problema è rappresentato, soprattutto, dal Dossier Ucraina. Trump ha ripetuto più volte che metterà subito fine al conflitto con Mosca.
Conflitto che, invece, l’Amministrazione Biden sta cercando di portare oltre la linea di non ritorno.
E conflitto da cui traggono enormi profitti industria degli armamenti, finanza speculativa, esportatori di gas e petrolio…
C’è solo la difficoltà della scelta…
Approfondimenti del Blog
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Nipote di Luigi XV, divenne delfino di Francia (1765) in seguito alla morte del padre e dei fratelli maggiori. Nel 1770 sposò Maria Antonietta, figlia di Maria Teresa d’Austria.
Alla sua ascesa al trono, la Francia era gravata da debiti e impoverita da una esosa politica fiscale. Il sovrano cercò di ridurre le tasse e di introdurre riforme economiche e giudiziarie, tuttavia la sua manifesta debolezza di carattere e l’incapacità di tener testa alla nobiltà, contraria alle riforme, lo fecero cedere alle pressioni dei ceti privilegiati.
La crisi nel paese peggiorò, il 14 luglio 1789 la folla parigina prese d’assalto la Bastiglia e poco dopo imprigionò il re con la famiglia. Nel 1791 il sovrano, Maria Antonietta e l’unico figlio sopravvissuto tentarono di fuggire in Austria.
I fedelissimi della monarchia avevano preparando il piano prevedendo abbondanti vettovaglie, ma non avevano fatto i conti con l’appetito del sovrano, che fermandosi e scendendo continuamente di carrozza, sarebbe poi stato riconosciuto e catturato.
Eccovi una cronaca di quella fuga dalla Francia rivoluzionaria:
“Era l’alba del 21 giugno: una pesante carrozza tirata da sei cavalli si fermò sul ciglio della strada bianca, poco oltre il villaggio di Meaux, tra Parigi e il confine col Belgio. Ne scesero un gruppo di persone. L’aria fresca del mattino aguzzava l’appetito e presto uscirono dalle borse abbondanti provviste di vitello freddo, che la comitiva consumò su fette di pane, innaffiate con champagne “.
Al sovrano venne poi imputata anche la colpa che, nonostante i deficit di bilancio, il servizio di tavola era costato alla corona cifre astronomiche, con 383 addetti e 103 aiutanti.
Al tempo in cui lo stato era invaso da truppe straniere, nell’aula dell’Assemblea che dichiarava decaduta la monarchia il re seduto su un palco mangiava tranquillamente un pollo e una pesca.
Il monarca non perse la fame neppure quando finì imprigionato nella torre del Tempio. In cella, dove aveva al suo servizio tre domestici e tredici ufficiali di bocca, divorava ogni giorno tre potages, quattro entrées, tre arrosti, quattro piatti di mezzo, pasticceria, marmellate e frutta, il tutto innaffiato con vini pregiati.
Alla vigilia di finire sotto la ghigliottina, mentre la moglie Maria Antonietta incanutì per lo spavento, Luigi si fece servire un lauto pasto.
Successivamente, fino all’esecuzione, il re manifestò un’orgogliosa serenità, forse motivata dallo stomaco pieno e dalla consapevolezza di lasciare alla Francia una grande eredità alimentare: la patata, della quale aveva promosso coltivazione e diffusione.