Da sempre i maggiori politologi hanno guardato con particolare interesse al conflitto fra Atene e Sparta

ATENE E SPARTA


Ho sempre pensato, e continuo a pensare, che la Guerra del Peloponneso rappresenti un modello, un paradigma, perennemente valido per comprendere i rapporti, e i conflitti, fra le potenze.

Non è questa grande intuizione, per altro. Da sempre i maggiori politologi hanno guardato con particolare interesse al conflitto fra Atene e Sparta, per meglio comprendere i confronti e gli scontri fra le potenze loro contemporanee. Da Carl Schimitt a McKinder, ad Haushofer, vi hanno visto l’eterno scontro fra Terra e Mare. Fra Potenze eminentemente mercantili e talassocratiche, ed altre incardinate sulla Terra, e fondate sulla forza degli uomini.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sino a Donald Kagan. Che, per inciso, è il padre di Robert e Frederich, due dei più attivi ideologi neocon. Molto ascoltati dall’Amministrazione Biden. Anche perché Robert è il marito di Victoria Nuland.

Bene Donald Kagan, a Yale, ha dedicato buona parte della sua vita accademica a studiare la Guerra del Peloponneso. Un’opera monumentale. Totalmente, o quasi, incentrata su un preciso punto. Perché, alla fine, Atene, la democratica Atene, potenza mercantile e talassocratica, ha perso? Perché è stata sconfitta da Sparta?

L’interrogativo, naturalmente, non era meramente accademico. Gli USA si sono, pressoché da sempre, considerati la Nuova Atene. E, in effetti, hanno tutte le caratteristiche della potenza talassocratica. Che tende a controllare commerci e vie commerciali. E a scompaginare le carte, per impedire che altri, una potenza di stile diverso, una nuova Sparta, possa unificare, e controllare, la Terra.

Oplitodromia ritratta in una anfora panatenaica a figure nere, 323-322 a.C.

 

 

 

 

 

 

 

 

Chiedersi, come faceva il vecchio Kagan, perché Atene ha perso contro Sparta, implicava il domandarsi quali errori Washington doveva evitare per riuscire a sconfiggere l’URSS.

Le cose, poi, andarono come tutti sappiamo. La potenza economica, il Soft Power statunitense, mise in ginocchio una potenza sovietica ormai esausta. Con una dirigenza vecchia e stanca. E l’URSS implose in molti frammenti. Game over.

Il crollo dell’URSS, però, non ha significato la fine della Russia. Quella dell’ideologia sovietica, certo, che, per altro, era già ormai una sorta di cadavere. Ma la Russia è altra cosa. Una realtà geopolitica, con la quale si doveva, prima o poi, tornare a misurarsi.

E ora il Grande Gioco è ripreso. Senza più lo scontro ideologico che lo aveva coperto, o per lo meno velato, nel recente passato. Perché, se non si hanno gli occhi foderati di prosciutto, è palese che non vi è più in corso un conflitto fra ideologia marxista-leninista e liberal-democrazia. E, anzi, la realtà di oggi induce a pensare che anche in passato quell’antitesi non servisse che a coprire la cruda realtà. Un gioco tra Potenze. Terra e Mare. Come dai tempi di Atene e Sparta.

Però, oggi, Sparta non è più una sola.

La Russia, certo. La grande potenza estesa tra Europa ed Asia, la rivale di sempre per Londra prima, oggi per Washington.

Ma nello sfondo si prefigura sempre più netto lo scontro con la Cina. Che da economico si sta facendo sempre più minacciosamente anche strategico. E in un prossimo futuro, facilmente, militare.

Accordo Cina Russia

 

 

 

 

 

 

 

E, poi, c’è l’India. Altro colosso economico e demografico. La cui forza militare è in vorticosa crescita. E che, nonostante la cauta politica di Modi, comincia a dare sempre più fastidio agli States. Tanto che, proprio in questo giorni, l’Amministrazione Biden si è spinta a minacciare Dehli di sanzioni. Se questa non interromperà la collaborazione con Teheran per la costruzione di un, grande, hub portuale e commerciale a Chabahar. Minaccia che è stata accolta dall’India con un silenzio molto… significativo.

Battaglia navale tra ateniesi e spartani all’interno del porto di Siracusa. Incisione

 

 

 

 

 

 

 

Troppe Sparte per una sola Atene. Che non si rende, evidentemente, conto di essere sempre più isolata. Cecità… pericolosa. e, per certi versi, follia arrogante.

La stessa arroganza che, secondo Tucidide, fece si che gli Dei abbandonassero Atene.

Redazione Electo
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

 

Descrizione Opliti ateniesi contro opliti spartani. 431-404 a.C.

Fu durante la guerra del Peloponneso, che vide contrapporsi Atene e Sparta fra il 431 e il 404 a.C., che si compirono alcuni dei più importanti cambiamenti nell’arte della guerra antica. Nella lotta all’ultimo sangue fra le due più potenti città-Stato greche sulla scia dei loro successi congiunti contro l’invasione persiana di Serse nel 480-479 a.C., il conflitto trascinò in battaglia la maggior parte delle comunità del mondo greco. Spaziando dal Mar Nero alla Sicilia, la guerra vide il primo uso diffuso registrato di truppe armate leggere, riserve, falange profonda e altre idee fondamentali per lo sviluppo della guerra occidentale nel IV secolo a.C., come il pensiero strategico. Rivelò inoltre lezioni (alcune apprese e altre no) rispetto ai punti di forza e di debolezza della guerra combattuta da opliti e dei vari Stati in Grecia. Corredato da illustrazioni a colori e basato su una notevole serie di fonti, questo studio di tre scontri cruciali tra le forze oplitiche spartane e ateniesi durante la guerra del Peloponneso mette in luce tutti questi sviluppi e lezioni.

Carica ulteriori articoli correlati
Carica altro Andrea Marcigliano
Carica altro DIBATTITI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Controllate anche

«ISRAELE UN ANNO DOPO»

Ad un anno dell’attacco di Hamas ad Israele …