”Il mondo, se sopravviverà al baratro in cui vogliono spingerlo i mercanti di armi…
ATLANTISTI, CINESI E FILOCINESI, INDIANI CON I
NON ALLINEATI. IL MONDO SEMPRE PIÙ DIVISO
Atlantisti, Cina e satelliti, India e non allineati. Il mondo, se sopravviverà al baratro in cui vogliono spingerlo i mercanti di armi, potrebbe ritrovarsi diviso in tre grandi schieramenti. Con poche aree in grado di sfuggire alle influenze dei tre Paesi principali. E con una certezza di fondo: l’impoverimento delle popolazioni dello schieramento atlantista, in particolare degli europei che si ritroveranno a pagare gli errori di Biden e dei suoi burattinai.
L’iper attivismo di Pechino potrebbe portare, innanzitutto, ad una dedollarizzazione dell’economia mondiale. La Cina sta già lavorando concretamente a questo obiettivo con i Paesi del Golfo. E se il prezzo del petrolio venisse fissato in renmimbi anziché in dollari, per gli Usa sarebbe un segnale non proprio incoraggiante. Ma già altri commerci, in Asia ma non solo, avvengono utilizzando le monete locali. Mentre Brasile e Argentina studiano l’introduzione di una moneta unica latinoamericana.
Ma non è solo un problema monetario. La Cina ha appena ottenuto il diritto a sfruttare un immenso giacimento di litio boliviano, ma Pechino ed i suoi satelliti (tra cui la Russia) dispongono anche delle Terre rare e delle risorse energetiche. Ed in questo modo possono rendere poco concorrenziale tutta l’economia dei Paesi atlantisti. Mosca, grazie alle sanzioni, vende già a Pechino e Nuova Delhi il petrolio ed il gas a prezzi ridotti mentre gli Usa vendono ai maggiordomi europei il gas liquefatto a prezzi maggiorati. Ed ora la Cina prova persino ad avviare rapporti commerciali proficui con l’Australia superatlantista.
Perché gli schieramenti sono una cosa, ma gli affari sono tutt’altro, come dimostrano i rapporti a geometria variabile tra Pechino e Nuova Delhi.
Così l’India può collaborare con il nemico storico, il Pakistan, per realizzare un gasdotto che trasporti il metano russo. E, contemporaneamente, con l’Iran sempre per rafforzare i rapporti commerciali con Mosca. Ma sia l’India sia la Cina cercano di accrescere la propria influenza nel mondo. Con strategie molto diverse. Pechino punta ad accordi economici, investendo cifre colossali, che portino poi ad alleanze strategiche.
Nuova Delhi cerca di rianimare il fronte dei Non allineati, puntando sugli scontenti, sui Paesi in via di sviluppo (ma uno sviluppo ormai avanzato). Però, per avere un ruolo politico, dovrebbe imparare a muoversi nel mondo del soft power. E non può illudersi sugli effetti di Bollywood. Perché è vero che l’India ha quasi un miliardo e mezzo di abitanti, ma il genere cinematografico proposto non riesce a conquistare le folle negli altri Paesi. È proprio l’intera immagine indiana che andrebbe ricostruita per ottenere visibilità a livello mondiale. Indispensabile per guidare i Non Allineati.
E poi ci sono Russia e Turchia. Mosca è riuscita ad avere rapporti cordiali con Ankara, salvando Erdogan da un colpo di stato organizzato negli Usa. Ma la Turchia fa pur sempre parte della Nato. Inoltre, Mosca fa affari sia con Pechino sia con Nuova Delhi. In teoria la Russia avrebbe maggiori vantaggi politici da una alleanza con l’India, ma ha più bisogno pratico ed economico di un accordo con la Cina. Con la certezza, però, di infilare il capo in un cappio.
La Turchia riesce invece a giocare ancora su più tavoli contemporaneamente. E questo favorisce un nuovo successo di Erdogan alle elezioni di quest’anno. Ma dopo il voto tutto può cambiare. La Nato si augura che, confermato alla guida della Turchia, Erdogan faccia cadere il veto all’ingresso della Svezia nell’organizzazione. Magari sacrificando qualche rifugiato curdo da spedire nelle carceri turche. Però si stanno creando le condizioni per uno scontro economico con l’Italia. Lady Garbatella ha annunciato che l’Italia, con il gas degli algerini filo russi, diventerà l’hub europeo del metano. Ma è lo stesso obiettivo della Turchia con il gas dei russi filo algerini. Ed il gas russo arriverà prima di quello algerino. E se Erdogan può chiudere un occhio sui rifugiati curdi, non lo chiuderà sulla concorrenza economica.