La settimana mondiale dell’acqua conclusasi lo scorso anno dal 23-28 agosto indetta dall’Istituto Internazionale per le acque di Stoccolma. Fra i tanti argomenti trattati è emerso che l’Italia…

è fra i più grandi consumatori d’acqua. Gli esperti hanno anche analizzato il problema igienico sanitario legato alla mancanza di acqua nel mondo e i rischi connessi ai cambiamenti climatici.

Sono 215 i litri che consumiamo ogni giorno, contro i 2,5 litri che rappresentano la stima del fabbisogno per le esigenze di vita. 86 volte in più a quello di cui avremmo bisogno.
La rete idrica in Italia perde il 37,4 per cento dell’acqua che scorre all’interno delle tubature, secondo l’Istat. Ciò significa che il livello di manutenzione delle nostre tubature è piuttosto scadente, perché se non ci sono investimenti non bastano le preghiere alla Madonna Pellegrina per riparare le tubature. E gli investimenti pubblici sulla rete, purtroppo, sono rallentati dopo il referendum sull’acqua di tre anni fa. La vittoria del “sì” ha causato un “effetto freezer” che ha congelato gli investimenti pubblici e ancora siamo qui ad attendere un’inversione di tendenza.
L’acqua ormai è definita Oro Blu, sta perdendo sempre di più il suo senso di “bene comune” ed è sempre più un prodotto da commercializzare, privatizzato nelle sue fonti e nei suoi corsi.

E noi che facciamo? Un referendum come quello del 12 e 13 giugno 2011, dove il 54% degli elettori si disse contrario a qualunque forma di privatizzazione.
Si è stimato che servano 60 miliardi per sistemare la rete idrica italiana. Dove trovarli? Il governo no di certo: già deve tagliare 45 miliardi, dove li va a trovare 60 per l’acqua? Il mercato finanziario poi sa che non vale la pena di investire nell’acqua italiana: ne succedono di tutti i colori. Prima è in un modo, poi si fa una legge e cambia, poi si fa anche un referendum e si torna come prima. Non c’è la stabilità necessaria per investire.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha stabilito la soglia minima del fabbisogno idrico per persona in 1.700 metri cubi di acqua all’anno (per usi idropotabili, irrigui, industriali, energetici) e l’Italia supera di gran lunga la media.
Quando parliamo di acqua nel mondo dobbiamo tenere presente che sono 1,4 miliardi le persone che non hanno acqua potabile a sufficienza, 1 miliardo beve acqua non sicura, 3,4 milioni di persone muoiono ogni anno per malattie trasmesse dall’acqua.
Dalle riunioni di Stoccolma emerge che venti milioni di persone nell’Unione europea non hanno accesso a servizi igienici adeguati, con gravi conseguenze per la loro salute. I primi a essere interessati, come denunciano le organizzazioni non governative locali, sono i Paesi del blocco dell’Est, ma casi isolati esistono anche in Europa occidentale, in Francia, in Irlanda e nei Paesi mediterranei.
Vediamo nello specifico come avviene il consumo italiano: il 28% (8 litri) finisce nello sciacquone del bagno, il 23% dell’acqua è usato per pulizie personali (bagno, doccia, denti e mani), il 14% per lavaggio (vestiti, biancheria, piatti e pentole), un altro 14% nelle annaffiature, il 13% per usi di cucina (cottura); l’8% in perdite di impianti.
Un capitolo particolarmente doloroso è quello dei cambiamenti climatici gli sconvolgimenti del clima stanno mettendo seriamente a rischio le risorse idriche della regione dell’Himalaya che si estende fra Cina, India, Nepal, Pakistan, Birmania, Bhutan e Afghanistan, dove è in gioco la sussistenza di 1,3 miliardi di persone. Le temperature sull’altopiano tibetano sono aumentate di 0,3 gradi ogni dieci anni, cioè il doppio della media mondiale. L’impatto è significativo nella regione dove ghiacciai e neve offrono il 50% dell’acqua che scende dalle montagne e alimenta i più grandi fiumi dell’Asia.
Kofi Annan, ex segretario generale dell’ONU, ha previsto che l’accesso alle risorse idriche e il loro controllo potranno essere una tra le cause delle guerre del 21° secolo.

 

 

 

 

 

 

2 Commenti

  1. Spillo

    24 Luglio 2017 a 22:06

    Quindi Lei è per la privatizzazione dell’acqua? Non ritiene che i risultati potrebbero essere anche peggiori e, probabilmente, questo
    Oro blu verrebbe fatto pagare parecchio si cittadini?
    Non ritiene che sistemando le condutture e, quindi, recuperando il 37% dell’acqua la so
    Potrebbe rivendere ai paesi vicini e rientrare in poco tempo dell’investimento ?

    rispondere

    • Riccardo Alberto Quattrini

      25 Luglio 2017 a 17:03

      Certamente, ma, come scrivo nell’articolo, occorrono 60 miliardi e lo Stato non li ha. Inoltre, come ha potuto leggere noi consumiamo molta più acqua che in tutta Europa. A Roma, Acea Ato 2, la società che gestisce il servizio idrico integrato è una controllata della omonima utility capitolina (96,5%) e del Campidoglio (3,5%). Acea Ato 2 non è un carrozzone in perdita. Nel periodo 2011-2016 ha devoluto agli azionisti 381,3 milioni di dividendi contribuendo per oltre un quarto all’utile netto di Acea che è quotata in Borsa e che oltre al Comune di Roma (51%) annovera tra i suoi soci i francesi di Suez (23,3%) e il gruppo Caltagirone (5%). Acea Ato 2 ha investito nel 2016 sulla rete idrica per circa 225 milioni. Il gestore del servizio idrico nel periodo 2012-2015 ha effettuato investimenti per 577 milioni, circa 375 milioni in meno di quanto preventivato dal piano industriale. Non a caso la redditività di Acea Ato si avvicina spesso al 10%, un valore che molte imprese sognano. E non è un caso che Raggi abbia pensato di vendere quel 3,5% della società per fare cassa, ma una mozione dei suoi stessi consiglieri l’ha stoppata. Ora giudichi lei.

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