Aeolus deus et dominus ventorum est – Eolo è Dio e signore dei venti

CAMBIA IL VENTO


Avete presente quando si sente, anzi si presagisce che il vento sta cambiando?

Tu te ne stai, in apparenza, tranquillo. Sotto un cielo sereno, poche nuvole. E ti godi gli ultimi spicchi di sole in questo, dolce, autunno…

Però senti che qualcosa sta cambiando. È una sensazione. Che si va facendo sempre più insistente.

E il vento cambia.

Comincia a soffiare piano piano. Quasi impercettibile all’inizio. Ma è un vento… diverso. E comincia a raccogliere le nubi. L’orizzonte inizia ad oscurarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È così, in questo momento, per l’Europa. O meglio per quella che siamo usi chiamare così. L’Unione Europea. Che sembrava starsene tranquilla, placida, crogiolandosi al sole.

E invece…

Invece il vento è cambiato.

Prima il conflitto in Ucraina. Che ha costretto la piccola, e micragnosa, Europa di Bruxelles – che è ben altra cosa dall’Europa vera nella sua interezza – ad allinearsi ai diktat di Washington. E di Londra, che, dopo aver sfruttato l’unione per quanto poteva, se ne è andata sbattendo la porta. Ma che, al tempo stesso, continua a determinare le politiche dell’Europa. Forte del rapporto privilegiato fra la City e Wall Street. E con la stessa invasività che esercita ormai da un paio di secoli. Ora senza contraddittorio. Perché non c’è un Napoleone a Parigi. Né un Bismarck a Berlino.

E con la guerra in Ucraina sono cominciati i guai economici. Per le sanzioni alla Russia, ben presto rivelatesi sanzioni boomerang. Pagate, care, dai cittadini europei. Tranne coloro che, naturalmente, si stanno sempre più arricchendo.

La Germania ha, a lungo, detenuto il primato economico-politico in Europa, perché hub di distribuzione del gas russo. Ma ora il gas non arriva più. “Qualcuno” ha fatto saltare il gasdotto North Stream. Le sanzioni hanno fatto il resto. Il paese è in recessione. Le grandi industrie delocalizzano negli States. Dove il gas costa meno. Molto meno. Un problema non solo tedesco, perché se la locomotiva non tira, tutto il treno resta fermo.

La crisi nei rapporti con Mosca è andata, progressivamente, accentuandosi in due anni. E, intanto, sono cominciati altri problemi.

Sta esplodendo l’Africa sub-sahariana. Per la Francia, che garantisce la sua forza economica e gli (alti) standard di vita dei suoi cittadini sfruttando le (si fa per dire) ex-colonie, si profila il disastro. Non arriverà più l’Uranio, che alimenta le centrali nucleari francesi.

E il resto del sistema-Francia, senza il nucleare è poca cosa.

Il disagio sta diventando sempre più palese. E le banlieue stanno per esplodere.

La crisi del Sahel, e la destabilizzazione della Libia – voluta a suo tempo da Washington, Londra e Parigi – sta provocando un movimento migratorio di massa. Di cui le migliaia di sbarchi a Lampedusa in questi giorni rappresentano solo l’inizio. La punta dell’iceberg.

E non vi è alcuna volontà comune nella UE di trovare politiche atte ad affrontarlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dramma europeo è reso più acuto dalla pochezza delle classi dirigenti. Una pochezza che riesce, quasi, a far sembrare la tragedia farsa.

A Bruxelles un mastodonte burocratico, edificato nei decenni, si occupa di tutto, tranne che dei problemi reali. Al suo vertice, burocrati totalmente proni agli interessi americani. E sprezzanti nei confronti dei bisogni che affliggono i popoli europei.

A Berlino, Parigi, Roma, e nella maggioranza degli altri paesi dei governi ridotti a pallidi fantasmi. Più o meno docilmente appiattiti sulle scelte della grande finanza speculativa internazionale. O incapaci di opporre una benché minima resistenza alla volontà della élite atlantica, che di questi interessi si rivela sempre più il braccio armato…

Chi governa si dimostra, senza più infingimenti, appartenente ad un ristretto gruppo autoreferenziale. Oligarchie. E, per altro, oligarchie inette. Incapaci di affrontare i problemi.

Insomma, quella che i greci antichi definivano “stàsis”. La paralisi della pòlis. La sua riduzione a… cadavere.

Ma in questa paralisi, in questa aria stagnante – e sempre più mefitica – si comincia a sentire, o meglio presagire, che il vento sta cambiando.

In meglio? In peggio? A cosa porterà? Difficile dirlo. Ma nella politologia classica tutto è meglio del restare immobili. Paralizzati, morendo a poco a poco.

I primi segnali vengono dalla Germania. L’Afd è data in crescita esponenziale. Potrebbe vincere le elezioni in Brandeburgo, Turingia, Sassonia. E, di fatto, rendere impossibile il governo del paese. O meglio, facendo saltare il dualismo Spd/Cdu di cui si è sempre fondato lo stato federale tedesco. Un dualismo che, negli ultimi anni, si sta rivelando solo di facciata. In realtà una… connivenza.

Illustrazione di Alberto Ruggieri

In Francia Marine Le Pen sono date in crescita da tutti i sondaggi. I suoi slogan – Fuori dall’Euro, Fuori dall’Unione – trovano sempre più risonanza nel ventre profondo di un paese che sta pagando il declino in atto.

Potrebbe, condizionale d’obbligo, conquistare l’Eliseo.

E allora che accadrà?

Può essere, certo, che, una volta al potere, le forze contrarie all’Unione Europea e a questo suicidio assistito che viene guidato da Bruxelles, mutino volto e politica. Si convertano sulla Via di Damasco e rinneghino se stesse. Più o meno totalmente. Noi italiani, di tali conversioni, ne sappiamo più di qualcosa.

Ma… se non accadesse?

Allora il vento diverrebbe bufera. E il castello di carte di Bruxelles verrebbe spazzato via.

Tutto cambierebbe.

Staremo a vedere.

Andrea Marcigliano
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

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