”I.A., agire in modo analogo a quanto fatto dagli esseri umani
C’È BISOGNO DI INTELLIGENZA
I docenti dell’Università di Torino hanno scoperto che l’intelligenza artificiale è perfettamente in grado di superare i test scritti per gli esami del primo anno del dipartimento di informatica. E si sono preoccupati. Ma come coloro che guardano il dito che indica la luna. Perché il loro timore, da perfetti burocrati universitari, è che gli studenti possano utilizzare questi sistemi per superare gli esami. Non è venuto a loro il dubbio che siano gli studenti a diventare obsoleti man mano che l’intelligenza artificiale progredirà e sarà in grado di superare gli esami degli anni successivi. Quanto alla tesi di laurea, l’intelligenza artificiale si è rivelata già più che sufficiente.
Eppure il bisogno di intelligenza, di quella umana, cresce. Perlomeno in quella sempre più ridotta fascia di popolazione che pretende di utilizzare ancora il proprio cervello. Bisogno e voglia di intelligenza. Di una discussione che vada al di là dell’abbigliamento della Ferragni o dei gusti sessuali di Fedez. Che superi l’imbecillità faziosa di scrittori in cerca di visibilità che chiedono se uno si sente più vicino ai partigiani o ai combattenti della Rsi, a Napoleone o ad Andreas Hofer (sempre che sappiano chi sia), a Cesare o a Bruto. Vuoi più bene a mamma o a papà?
No, l’intelligenza è altra cosa. La trovi nelle riunioni a tavola dei reduci dell’Armata di Cardini, Tarchi, Krancic e Griffini. Nella Conventicola trentina del Nodo di Gordio allargato alla società civile caratterizzata dalla capacità di utilizzare le cellule grigie. Nei “mercoledì sera a casa di Manu” dove convergono persone ragionanti che non appartengono più a schieramenti utili solo a garantire poltrone a chi ha rinunciato al pensiero.
Sono morte le sezioni di partito, le case del popolo, le scuole di politica trasformate in centri di formazione per burocrati decerebrati. E, per la gioia di Ferdinando Parisella e di Mio Italia, si sono moltiplicati gli incontri intorno a tavolate più o meno vaste. Che sia una bocciofila sulla collina torinese, un ristorante sul lago come il Gens Trebonia, un locale in Valsugana, un salotto con salatini e paste fresche. Da “il dibattito no!” a “il confronto sì!”. Perché il cibo è cultura e ritrovarsi tra chi sa apprezzare ogni forma di cultura è già un inizio favorevole alla discussione intelligente. A volte con un tema predefinito, altre volte con la possibilità di spaziare dall’arte alla letteratura, dalla politica alla storia.
Perché l’intelligenza, in questi consessi, è accompagnata dalla preparazione individuale, dalla conoscenza, dalla curiosità. Dal “ridotto della Valtellina” alla ricetta della Valpellinentze, con la consapevolezza che i followers di Ferragni ignorano i due argomenti.
Utilità? Probabilmente nessuna. Perché, ovviamente, la politica italiana ha il terrore dell’intelligenza, non tollera la discussione, impedisce il confronto. Si procede per anatemi, per divisioni imposte dai cialtroni che non tollerano il dialogo tra chi Deve essere nemico. Perché l’unica cosa che conoscono del latino è il divide et impera. E pazienza se l’Italia avrebbe bisogno di far convergere le poche intelligenze sopravvissute: ci penserà l’intelligenza artificiale gestita dagli oligarchi statunitensi.
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