”In poco più di due anni i talebani hanno sradicato la produzione di eroina
CHI DI DROGA FERISCE, DI DROGA PERISCE
In poco più di due anni i talebani hanno sradicato la produzione di eroina, mentre per tutti i vent’anni dell’occupazione dell’Afghanistan da parte degli Usa e dei suoi valletti, essa è cresciuta costantemente come si può facilmente vedere dal grafico pubblicato qui sotto, fino ad arrivare al 90% della produzione mondiale.
È ovvio che questo fatto sollevi seri interrogativi sul ruolo degli Stati Uniti nel facilitare il traffico globale di droga. E comunque manda in pezzi una delle premesse fondamentali dietro la guerra afgana ovvero la presunta associazione tra i talebani e il traffico di droga, mentre in realtà l’associazione andrebbe fatta tra gli Usa e il governo fantoccio che essi avevano creato e a cui faceva comodo che parte della popolazione fosse segnata da un uso massiccio di oppio. Non esistono prove concrete di un coinvolgimento di funzionari americani nel traffico di stupefacenti, anche perché sono essi che avrebbero dovuto costruire le prove, ma esiste l’evidenza di un “laissez faire” delle forze statunitensi.(1)
Suzanna Reiss, accademica presso l’Università delle Hawaii a Manoa e autrice di ” We Sell Drugs: The Alchemy of US Empire “, (2)ha dimostrato una prospettiva molto più lucida e cinica sugli sforzi americani contro il narcotraffico: “Gli Stati Uniti non si sono mai realmente concentrati sulla riduzione del traffico di droga in Afghanistan (o altrove). A parte tutta la nobile retorica, gli Usa sono stati felici di collaborare con i trafficanti di droga se la mossa favoriva determinati interessi geopolitici e in effetti hanno chiuso consapevolmente un occhio, quando gruppi come l’Alleanza del Nord facevano affidamento sulla droga per finanziare il loro movimento politico contro il regime talebano.”
L’uso strumentale del traffico di stupefacenti lo vediamo in atto in questi mesi nei quali con la scusa di combattere i cartelli della droga gli Usa ha di fatto invaso con le loro truppe Messico ed Equador, di fatto minacciando i due Paesi caso mai volessero emanciparsi dal padrone. Del resto, la guerra dell’oppio attuata contro la Cina nell’Ottocento da parte degli anglosassoni, inglesi con l’appoggio degli americani, (vedi nota) mostra una certa tendenza ad usare questi metodi. Il fatto è però che a volte essi – come sta succedendo con le sanzioni contro la Russia – si rivelano perniciosi per chi gli adotta: l’oppio dell’Afghanistan se ha favorito l’occupazione del Paese è stata anche una fonte di eroina che poi ha “infettato” gli States e ha provocato l’uso massiccio di sostanze ancora più potenti, come il fentanil che fa oltre 100 mila vittime l’anno: la rivista medica The Lancet prevede che 1,2 milioni di americani moriranno per overdose da oppioidi entro il 2029.
I funzionari statunitensi accusano i cartelli messicani di contrabbandare l’antidolorifico sintetico attraverso il confine meridionale che tuttavia per volontà dell’amministrazione Biden non è più un confine e incolpano la Cina di produrre le sostanze chimiche necessarie per produrre il farmaco, sostanze che però servono a molte altre cose come se questa sostanza non fosse prodotta dalle case farmaceutiche made in Usa che a questo punto fanno più vittime di qualsiasi guerra. I consumatori sono soprattutto bianchi tra 35 e 44 anni, abitanti nelle aree rurali o almeno in questa fascia si registra il maggior numero di decessi. Per lo scrittore Chris Hedges, la crisi del fentanil è un esempio di una delle tante “malattie della disperazione” di cui soffrono gli Stati Uniti. Secondo (3) Hedges tutto questo ha origine “da un mondo decaduto in cui le opportunità, che conferiscono status, autostima e dignità, si sono esaurite per la maggior parte degli americani”. In sostanza, quando il sogno americano è svanito, è stato sostituito da un incubo americano. Ed è comprensibile perché i consumatori siano in maggioranza bianchi perché sono più facilmente sedotti dal mito del sogno americano rispetto alle persone di colore che capiscono come il sistema capitalista sia truccato. Credono nel successo, nel duro lavoro che permette di raggiungerlo, sono fedeli ai “valori” di una società che è come la giungla e così arrivati alla soglia della mezza età senza aver raggiunto alcun obiettivo si sentono solo dei perdenti e ricorrono ai famaci – droga. D’altra parte, il sistema sanitario statunitense orientato al lucro rende facile tali commerci. Le compagnie assicurative private americane sono molto più propense a prescrivere farmaci e pillole rispetto a terapie più costose che vanno alla radice dei problemi che poi porta alla dipendenza. E in un certo senso così si torna alle origini, perché questi antidolorifici estremi sono di uso normale tra i veterani che si trovano ad affrontare dolori cronici e problemi psichici. Anche per questo la crisi degli oppioidi viene comunemente definita (4) un “problema unicamente americano”.
E infatti è importante collocare la crisi della dipendenza da oppioidi in un contesto più ampio di declino dell’impero americano, dove le opportunità di successo sono più distanti che mai e anche la sopravvivenza dignitosa è messa in questione. Ma si continua scioccamente ad attribuirle colpe ai singoli individui, senza rendersi conto che un’intera società sta crollando sotto il peso dei suoi stessi peccati.
Nota
Per secoli, l’utilizzo del traffico illegale di droga per portare avanti gli obiettivi imperiali è stata una tattica occidentale comune. Negli anni Quaranta e Cinquanta, i francesi utilizzarono i raccolti di oppio nella regione del “Triangolo d’oro” del sud-est asiatico per contrastare il crescente movimento indipendentista vietnamita. Un secolo prima, gli inglesi usarono l’oppio per schiacciare e conquistare gran parte della Cina. L’insaziabile sete di tè cinese della Gran Bretagna stava cominciando a mandare in bancarotta il paese, visto che la Cina accettava in cambio solo oro o argento. Gli inglesi, quindi, usarono la potenza della loro marina per costringere la Cina a cederle Hong Kong. Da lì, ha inondato la Cina continentale con l’oppio coltivato nell’Asia meridionale (incluso l’Afghanistan). La società cinese crollò, incapace di affrontare lo sconvolgimento sociale ed economico in tutto l’impero portato da milioni di tossicodipendenti da oppio. Oggi i cinesi continuano a riferirsi a quel periodo come al “secolo dell’umiliazione”. Nel frattempo, nell’Asia meridionale, gli inglesi costrinsero gli agricoltori a piantare campi di papavero invece di colture commestibili, provocando ondate di gigantesche carestie , mai viste prima o dopo. Qualcosa mi dice che comincia il tempo in cui dovranno pagare il fio.
Approfondimenti del Blog
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Descrizione
Questa storia del controllo internazionale della droga guidato dagli Stati Uniti fornisce nuove prospettive sulle basi economiche, ideologiche e politiche di un impero americano della Guerra Fredda. I funzionari statunitensi assunsero il timone del controllo internazionale della droga dopo la seconda guerra mondiale in un momento di influenza geopolitica senza precedenti, incarnata dal crescente peso economico dell’industria farmaceutica.
Vendiamo drogaè uno studio basato sulla geografia transnazionale e sull’economia politica del mercato delle foglie di coca e dei prodotti derivati dalla coca che si estende dal Perù e dalla Bolivia fino agli Stati Uniti. Più che una ristretta biografia di una famosa pianta e dei suoi altrettanto famosi prodotti derivati – Coca-Cola e cocaina – questo libro colloca questi prodotti all’interno del più ampio panorama della produzione e del consumo di droga. Esaminando gli sforzi volti a controllare i circuiti attraverso i quali viaggiava la coca, Suzanna Reiss fornisce una base geografica e giuridica per considerare la costruzione storica delle designazioni di legalità e illegalità.
Il libro sostiene inoltre che lo status legale di un dato farmaco si basa in gran parte su chi lo ha coltivato, prodotto, distribuito e consumato e non sulle qualità del farmaco stesso. Il controllo della droga è un potente strumento per mettere ordine nel commercio internazionale, nelle economie nazionali, nelle abitudini e nella vita quotidiana della società.
In un panorama storico animato da lotte per l’economia politica, l’autonomia nazionale, l’egemonia e l’uguaglianza razziale, We Sell Drugs insiste sui fondamenti socio-storici delle designazioni di legalità per esplorare come il controllo della droga sia diventato un’arma importante per affermare il controllo dei mercati nazionali e internazionali. affari.
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