1200 militari italiani intrappolati e bersagliati dal fuoco amico sionista
CHI SI STRACCIA LE VESTI MA NON HA PAURA DEL FUOCO AMICO
di Ireneo Corbacci
1200 militari italiani intrappolati e bersagliati dal fuoco amico sionista: gran balletto di indignazione fake e infingimenti ad hoc da parte della classe servile piazzata nelle “istituzioni” de Itaglia. Inaccettabile, inammissibile, in violazione del diritto internazionale, “chiediamo rispetto” (proprio loro, sic), Israele “dovrebbe avere dei limiti” (magari solo verso i militari italiani, verso palestinesi, libanesi, siriani, iraniani, yemeniti e simili ovviamente no).
Qual è il senso di tutto questo balletto necrofilo?
La consapevolezza stridente, urticante, ma finora messa a tacere, che se fuoco amico può colpire italiani “in missione di pace” fuori dalla penisola, fuoco amico potrebbe colpire in futuro italiani stanziati su suolo patrio, a partire da quelli dentro e nei dintorni delle basi USA-NATO.
E non sarebbe una novità, visto che è già successo in passato e nessuno (leggasi nessuno proprio) ha per questo pagato…
Fuoco amico (friendly fire) è in agguato da noi. E allora occorre mettere le mani avanti, stracciarsi le vesti, “prepararsi” (a subire ancora) e, va da sé, incolpare preventivamente ah stato Putin il Russo…
Nessuno dei servi abietti della politica italiana ha davvero paura del fuoco amico.
Anzi, al momento “opportuno” (per loro) lo invocherà. Di nuovo, in forma nuova.
Sarà uno snodo importante e interessante: sarà quando la guerra sarà fatta percepire agli italiani come “realtà vicina”, improvvisamente in mezzo a noi… Sarà quando il declino e l’impoverimento strisciante, la fine della classe media arruffona italica e i primi morsi della fame potranno essere finalmente addossati da Meloni, Schlein, Conte, Draghi e Bonino, proprio a lei: alla GUERRA, quella vera, quella del missile che ti sveglia durante la notte, quella del drone che ti ronza sopra il tetto di casa…
Per capire chi deve aver paura del fuoco amico non ci saranno da risolvere complicate equazioni di secondo grado, né da arrampicarsi sugli specchi con giustificazioni in itanglese…
E non ci sarà niente da aspettarsi dal Vecchierel che sta sul Colle: come nel 1999 in occasione dei bombardamenti NATO sulla Jugoslavia partiti dalle basi italiane del fuoco amico, egli si presenterà in tivù e ripeterà al popolo violato che abbiamo appreso dalle agenzie di stampa dell’inizio delle operazioni in difesa del nostro territorio, mentre a centinaia e migliaia i sacrificabili e gli spendibili moriranno.
Nessuna sorpresa: siamo un importante membro dell’Alleanza uccidentale che sta perdendo la guerra e si sta disfacendo dall’interno. Mica lo dico io, lo scrive lo storico Emmanuel Todd, autorevole membro di ciò che resta dell’antica élite intellettuale francese e della venerabile Scuola delle Annales, nel libro ormai noto (ma clamorosamente non ancora tradotto in inglese) intitolato La défaite de l’Occident (La sconfitta dell’Occidente).
Fuoco amico. Antica minaccia. Toccherà ancora farvi fronte, ma con coraggio mai visto, stavolta, per essere poi pronti a costruire qualcosa di diverso nella disgregazione probabile della NATO e nel riposizionamento internazionale del nostro Paese.
Intanto, fuoco amico fornisce nell’attuale contingenza una buona occasione per far finire (in un modo o nell’altro) la vicenda fallimentare del contingente italiano in Libano, che data dal 1982 e che fu la prima (costituzionalmente dubbia) apparizione all’estero di militari italiani dopo la Seconda Guerra Mondiale, ideata e gestita allora dal primo ministro della difesa socialista della storia della Repubblica, Lelio Lagorio, circostanza che ovviamente quasi nessuno ricorderà perché tutto avvenne fra i fumi della sbornia dei mondiali di calcio spagnoli vinti dagli Azzurri e lo scopone in aereo fra Pertini e Bearzot…
Per il futuro prossimo, tra tante incertezze spicca una piccola cosetta invece certissima: dal fuoco amico ci vorrà (anche) un dio (fatto da noi) che ci guardi.
All’opera, all’opera, all’opera: il fronte interno s’ha da straccià…
Traduzione di Alessandro Ciappa e Michele Zurlo
La sconfitta dell’Occidente, a cui fa riferimento il titolo di questo saggio dello storico e sociologo francese Emmanuel Todd – bestseller in Francia con oltre ottantamila copie vendute –, è duplice. Si tratta infatti di una sconfitta esterna, la guerra in Ucraina, ma soprattutto di una sconfitta interna: il declino demografico, morale ed economico delle società occidentali. Todd chiama in causa le classi dirigenti dell’Occidente, in primis quella degli Stati Uniti, con il conflitto russo-ucraino a fare da lente di ingrandimento e a contrapporre, secondo l’autore, una Russia stabilizzata, di nuovo grande potenza, a un Occidente in preda al nichilismo e in crisi irreversibile di egemonia. Utilizzando le risorse della sociologia, dell’antropologia e dell’economia, Todd pone a confronto le “oligarchie liberali occidentali” con la “democrazia autoritaria russa” per spiegare le ragioni profonde dei cambiamenti geopolitici in atto. In particolare, offre una lettura acuta e originale dei punti di forza e di debolezza dei due paesi in guerra (Russia e Ucraina), dei principali paesi occidentali (Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia), dei paesi scandinavi e dell’Europa orientale, senza dimenticare il resto del mondo nel suo complesso. I lettori ritroveranno qui gli elementi che hanno sempre reso unici e preziosi gli studi di Todd: l’analisi dei modelli familiari e delle statistiche demografiche ed economiche, la scrittura brillante, un’erudizione non comune e intuizioni geniali. Documentatissimo e basato su cinque decenni di ricerche, lontano dalle approssimazioni che caratterizzano il dibattito su questi temi, La sconfitta dell’Occidente è un contributo di straordinario valore per capire il nostro presente.
«La crisi dell’Occidente è il motore del momento storico che stiamo vivendo ora. Alcuni ne erano già a conoscenza ma, quando la guerra sarà conclusa, nessuno potrà più negarlo».
Emmanuel Todd
«La più lucida, spietata e documentata analisi della crisi euroamericana degli ultimi anni. Un obbligo di lettura per tutti».
Pino Arlacchi
«Un originale e avvincente libro-mondo che stimola la riflessione e la discussione sul nostro presente».
Carlo Galli
«Questo saggio è qualcosa di più di un evento intellettuale – e morale – di straordinario rilievo. È una denuncia coraggiosa e una folgorante profezia».
Franco Cardini
«Questo libro magistrale acuisce il rammarico per l’autodistruzione dell’Europa voluta da manipoli e manipolatori ma allevia la solitudine e la frustrazione di quanti l’hanno prevista e temuta».
Fabio Mini
«Forse per la prima volta con tanta lucidità e intelligenza uno storico, attraverso l’analisi dettagliata del declino demografico, delle strutture familiari, della scomparsa della religione e del trionfo del nichilismo in ogni aspetto della vita sociale, ci obbliga a fare i conti con lo sfacelo e l’autodistruzione dell’Occidente».
Giorgio Agamben