Clima, opinioni fuori dal coro: la narrazione dominante è davvero così solida?
CLIMA, LA CONTESTAZIONE SI FA SERIA
Il Simplicissimus
La contestazione climatica entra in una nuova fase: non più solo proteste giovanili o slogan mediatici, ma analisi strutturate e contro-rapporti scientifici che mettono in discussione la versione ufficiale dell’emergenza ambientale. In questo articolo si analizza il recente studio commissionato dalla Heritage Foundation al gruppo di scienziati Ceres-Science, che sfida apertamente le posizioni dell’IPCC e getta luce su come interessi politici e finanziari abbiano modellato il discorso sul clima. Dalla figura simbolica di Greta Thunberg fino ai grandi giochi di potere legati al Net Zero, si delinea una battaglia culturale e scientifica che potrebbe cambiare radicalmente le coordinate del dibattito globale. (Nota Redazionale)

Ritorno sul tema del clima perché ci sono importanti novità che stanno radicalmente mutando il clima narrativo (perdonate il gioco di parole) che si è imposto in questi anni sin dalla comparsa sulla scena di Greta Thunberg,(1) l’adolescente utilizzata in maniera cinica per far passare il messaggio, attraverso la voce dell’innocenza. Mai sottovalutare il valore dei simboli e degli archetipi: Greta di clima non sapeva un bel nulla, ma era come quei pastorelli che volevano organizzare la crociata dei fanciulli agli inizi del 1200 e divennero un problema perché le persone non vi vedevano malizia, ma erano piuttosto disponibili a credere che attraverso di loro si esprimesse la volontà di Dio. Certo è più difficile che una totale incompetenza possa esprimere la voce della “schienzah”, ma si sa che i media mainstream fanno miracoli ed è pericoloso mostrarsi increduli ed eretici.
Bene, chiusa parentesi: il fatto è che gli scienziati di Ceres-Science, cofondato da Willie Soon, professore presso l’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, sono stati incaricati dalla Heritage Foundation di preparare un rapporto sullo stato attuale delle conoscenze sulle cause del riscaldamento globale a partire dagli anni ’50 del XIX secolo. e hanno praticamente fatto a pezzi le tesi di quella che viene chiamata “scienza politicizzata”, in particolare le affermazioni pseudoscientifiche del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) delle Nazioni Unite, secondo cui il riscaldamento globale a partire dal 1850 è “in gran parte causato dall’uomo”. Chi vuole saperne di più può affrontare la lettura della relazione finale, ma il fatto cruciale è che la Heritage e uno dei tre o quattro think tank che indirizzano la politica degli Stati Uniti. Assieme alla Random corporation, è uno di quei centri le cui visioni vengono spesso implementate dalle amministrazioni statunitensi. Qui, dunque, non si esprime solo il dissenso di quei 1500 scienziati che contestano l’emergenza climatica (a proposito della cavolata secondo cui il 99 per cento dei ricercatori in questo campo è d’accordo con il catastrofismo), ma si tratta di una contestazione organizzata di tesi spesso forzate, altre volte addirittura manipolate, che hanno dominato in questi anni e dato alla finanza internazionale un nuovo campo di speculazione e rapina chiamato Net Zero. Per questo un cambiamento di paradigma potrà avere impatti decisivi sull’economia.
Le contestazioni non sono una novità, almeno per chi scrive, e di fatto rilevano che non esistono set di dati affidabili su temperature e radiazione solare da cui poter dedurre il panorama apocalittico che viene proposto a breve termine. Rilevamenti imprecisi, fatti con tecniche diverse, spesso registrati all’interno delle isole urbane di calore, dati meramente ipotizzati, in qualche caso in mancanza di centraline meteo, costituiscono un base troppo labile. Per non parlare del fatto che molte modellazioni vengono immaginate proprio per produrre i risultati che ci si aspetta, un circolo vizioso che ha solo le forme esteriori della scienza, ma l’anima della politica o delle opportunità. Contestualmente si fa notare che non esista alcuna prova che la CO2 abbia una parte determinante e nemmeno importante nelle variazioni climatiche, mentre vengono trascurati i fatti che da eoni condizionano il clima del pianeta, ovvero variazioni nell’orbita planetaria o nell’inclinazione del suo asse, quantità di radiazione solare che è soggetta a cicli, ruolo delle correnti oceaniche e vulcanesimo. Questi fattori hanno determinato variazioni climatiche molto più ampie di quelle a cui stiamo assistendo anche in tempi storici.
Ma impostare tutto sulla CO2 – questo lo aggiungo io – permette di mandare in malora le piccole aziende con le compensazioni di carbonio, favorendo i grandi gruppi e consente di istituire una sorta di dittatura climatica che presuppone un controllo asfissiante su ogni aspetto della vita personale. Insomma si chiama clima, ma è in realtà e una gigantesca ingegneria politica. Così la conferenza della Heritage è uno dei segnali e delle voci che tentano di ricondurre le attività scientifiche a un rigore che hanno perso da tempo, soprattutto in alcuni campi, come quello medico biologico. I fondamenti del metodo scientifico che sono la riproducibilità delle ricerche, il dubbio sistematico su ipotesi e risultati, falsificabilità delle ipotesi, assenza di conflitti di interessi e revisioni oneste, sono oggi piuttosto vacillanti a causa del corto circuito che si è creato fra organismi scientifici – università comprese – editoria, finanziamento delle ricerche, tutti raccolti nei grandi contenitori finanziari. Questo è davvero catastrofico, altro che il clima.

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