Mezza Italia, mezza Europa o mezza America si sente oppressa, esclusa, censurata, offesa. Si sente oppressa per le restrizioni che subisce a causa della pandemia…

 

Mezza Italia, mezza Europa o mezza America si sente oppressa, esclusa, censurata, offesa. Si sente oppressa per le restrizioni che subisce a causa della pandemia, anche se in gran parte ne comprende la necessità, ma non intravede sbocchi, vede precipitare la situazione sociale e reputa folle il modo in cui si abbattono le misure, inefficaci alla prova dei dati e schizofreniche nello psicodramma a colori che stiamo vivendo.

Poi metà dell’opinione pubblica si sente censurata ed esclusa perché vede chiudersi ogni giorno spazi di libertà e di libero pensiero, vede sempre più allineati e conformi gli organi di informazione – che diventano sempre più organi di riproduzione del pensiero unico e organi adatti solo alla minzione; vede che persino strumenti privati e considerati neutrali, come i social media, adottano censure, espulsioni, sospensioni, oscuramenti (l’ultimo, Parler). Sempre e solo da un versante, il nostro.

Infine, metà opinione pubblica si sente offesa perché assimilata alle frange più estreme ed esagitate: chi ha opinioni diverse o difformi viene schiacciato sulle posizioni dei negazionisti, dei no vax, dei fanatici che hanno invaso il Senato per un quarto d’ora di sovranità e per scattarsi le foto-ricordo. È come se riducessimo le opinioni dem o progressiste alle posizioni estreme degli antifa, dei black lives matter, di chi abbatte statue, degli anarco-insurrezionalisti o dei fanatici eversivi, terroristi o residui del comunismo.

Jake Angeli, lo sciamano di Trump?

Potremmo chiamarla reductio ad sciamanum, la riduzione di chi non la pensa come il Potere comanda alla figura caricaturale del cosiddetto sciamano (il caso Meloni è esemplare). Sarebbe interessante approfondire e chiedersi: se davvero come dicono i media lo “sciamano” guidava gli insorti di Washington perché ha agito indisturbato e in favore di telecamere, perché non è stato arrestato subito anziché consentirgli di fare quel lungo e assurdo show? Hanno perfino ucciso donne disarmate… Serviva un testimonial così per ridicolizzare chi sostiene Trump? Ma non perdiamoci nella dietrologia, guardiamo avanti.

Questa metà dell’opinione pubblica italo-occidentale (alla quale sentiamo di appartenere) si sente oppressa, censurata, esclusa e offesa e avverte

Xi Jinping presidente cinese

l’impossibilità di cambiare le cose perché il suo voto è sottoposto a una serie di pressioni, ricatti, deviazioni, modificazioni che annullano i verdetti delle urne. E quando riesce a prevalere col voto avverte che è quasi impossibile governare senza subire sanzioni, conventio ad excludendum, empeachment, campagne di allarme e mobilitazione. Ha riguardato Trump, ha riguardato di striscio Salvini al governo, riguardò Berlusconi, riguarda Orban ma anche Johnson e altri leader eletti e rieletti con voto libero e democratico, che mai hanno aperto scenari di guerra o disastri sociali, dittature o persecuzioni, pur continuamente annunciati dal sistema globale. Dall’altra parte il mondo occidentale si inginocchia all’unica gigantesca dittatura che c’è sul pianeta, la Cina comunista…

Ora, bando al vittimismo e alle giaculatorie, cosa resta da fare? Innanzitutto l’autocritica è necessaria, per capire e non ripetere gli errori, per isolare i fanatici che sono ai margini estremi di ogni posizione; e per giudicare le cose con senso critico. Abbiamo sempre detto che Trump alla fine era preferibile ai suoi nemici, e lo confermiamo; ma senza risparmiarci di criticare i suoi errori, le sue colpe, il suo egotismo, le sue esagerazioni e la sua pacchianeria. Lo dicevamo ieri quando era al potere, lo diciamo oggi. Superate il trumpismo.

C’è chi propone di ritirarsi nei propri accampamenti: se i social censurano passiamo a quelli alternativi, dicono i passaparola, adottiamo social alternativi (Telegram, Signal, Rumble o piattaforme come MeWe.com, Parler). Ma sarebbe un’autoghettizzazione magari funzionale allo stesso potere dominante; può valere se si tratta di ristrette aristocrazie ma ha esiti inibitori se si rivolge a tutti e vuol incidere sulle masse. Sarebbe giusto aprire posizioni alternative ma senza escludersi da quelle dominanti (Facebook, Twitter, Instagram, WhatsApp, YouTube); finché è possibile.

C’è chi viceversa ritiene necessaria l’azione diretta, il conflitto aperto: ma l’abisso che si è scavato tra i due schieramenti, e l’assenza o il tradimento di chi dovrebbe essere superpartes o almeno extra partes, porta a una forma di guerra civile fredda, o tiepida. L’odio reciproco ha raggiunto livelli che solo una “guerra” o una rivoluzione può risolvere, in un modo o nell’altro. Ma la violenza è un male in sé, non è un rimedio e produce alla fine danni peggiori di quelli che vuole evitare. E non vince chi ha ragione, ma solo chi è più forte o ha più mezzi.

Le soluzioni che restano a questo punto sono di due tipi: una è quella di caldeggiare una risposta politica e culturale, realistica e strutturata e incalzare le opposizioni e chiamarle alle loro responsabilità; e dove il dissenso vada in piazza, preferire una forma di resistenza civile di tipo gandhiano, non violenta ma tenace; l’unica possibile quando ti opponi all’Apparato di un Impero.

L’altra, comprensibile soprattutto per i più anziani, è ritirarsi dalla vita pubblica, ripiegare nella propria vita, nei propri affetti, ideali e interessi, mantenere magari un giudizio e un atteggiamento di distanza e di critica, ma occupandosi d’altro e frequentando cenacoli ristretti in cui sentirsi a proprio agio. Altre soluzioni sono gradazioni intermedie tra queste due risposte, ma non fuori di esse. Ho provato a fare un discorso per adulti; se invece volete fiabe per bambini, tra mostri e war games, rivolgetevi ad altri.

 

 

 

Fonte: MV, La Verità 12 gennaio 2021

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