Dall’atomica su Hiroshima alla retorica anti-russa: doppia morale e contraddizioni politiche

COME TI TRASFORMO LA STORIA
Augusto Grandi
Quando la storia diventa strumento di propaganda: tra omissioni, doppie morali e verità scomode da smentire se poi ci si mette anche un Presidente…
Come ti erudisco il pupo. L’inquilino del Quirinale va a fare un tour in Giappone, visita Hiroshima e tuona contro le atomiche. Bravo, è ora di cominciare a raccontare i crimini di guerra dei “buoni”, le città distrutte dai bombardamenti anglo-americani. La prossima volta si parlerà di Dresda.

Contrordine compagni! A Hiroshima, annientata con tutta la popolazione civile dall’atomica statunitense, l’eroico presidente italiano attacca la minaccia nucleare russa.
Perché i padroni staranno anche sbagliando tutto, con Putin, ma restano sempre i padroni. E se vuoi vincere un Oscar, il campo di prigionia nella Seconda guerra mondiale lo fai liberare, nel film, dagli americani anche se la storia vera riporta che i carrarmati erano sovietici. E vale anche per i racconti dei sopravvissuti, che ora tendono a dimenticare la stella rossa, confondendola con quella yankee. Sarà l’età.



D’altronde bisogna capirli, questi orfani della storia. Cresciuti con un immaginario collettivo creato dall’associazione Italia-URSS o, in alternativa popolare, dai falsi film Usa sulla guerra, ora non hanno ben chiaro quali siano le pantofole da baciare. Troppa confusione. Perché il mondo è cambiato e la patetica divisione sulla base dell’antifascismo funziona solo in Italia e per qualche psicolabile in Europa. Ossia nella parte del mondo in declino.
Per tutti gli altri, per i Paesi impegnati nella costruzione del proprio futuro, le fissazioni della politica italiana valgono come quelle tra girondini e giacobini, tra Achei e Troiani, tra egiziani e persiani. E i giapponesi, nonostante l’alleanza attuale con gli Usa, ricordano perfettamente chi ha assassinato decine di migliaia di persone civili ad Hiroshima e Nagasaki. Nonostante la distrazione e l’ossessione di Mattarella.



