Tra retoriche della complessità e vuoti di pensiero, l’Occidente inciampa nei suoi stessi strumenti.
COMPLESSITÀ CONTRO OTTUSITÀ: I DEDALI DELL’OCCIDENTE
Il Simplicissimus
Nel tempo in cui la “complessità” è diventata un mantra da convegno e una bandiera per intellettuali di ogni risma, il pensiero critico sembra invece scomparso sotto una coltre di luoghi comuni travestiti da profondità. Questo articolo esplora i labirinti dell’Occidente contemporaneo, dove l’apparente sofisticazione spesso maschera una nuova forma di ottusità: quella che veste i panni della competenza tecnica ma dimentica la sostanza del pensare. Un viaggio tra illusioni epistemiche e auto-inganni sistemici. (f.d.b.)
Non so quante volte nell’ultimo decennio ho sentito evocare la complessità, con tanto di aedi, scuole e profeti della stessa, eppure a me sembra che mai come in quest’ultimo periodo il semplicismo e la sciatteria intellettuale siano diventate un segno dei tempi. Per esempio abbiamo nugoli di persone dotate di laurea in economia o di master, corsi, seminari e non so quale altra diavoleria inventata dalla paludata ignoranza contemporanea in questa materia di studio, senza nessuno che abbia il minimo sospetto che sia una scienza auto avverante ossia che gli strumenti di analisi siamo costruiti proprio per giungere a certi risultati e verificare la teoria o meglio l’ideologia sottostante. Ancor peggio, rispetto a questa cecità teoretica, è il fatto che la platea sempre più grande di persone che per qualche verso hanno un qualche pezzo di carta in economia, non sembra afferrare il motivo per cui Trump ha lanciato la sua campagna di dazi, ovvero quella di affrontare un anno cruciale per il bilancio statunitense e l’enorme peso del debito.
Se ne era parlato anche in campagna elettorale o meglio si era discusso in maniera un po’ tecnica su come affrontare questo anno di passaggio in cui incombono poco meno di 9 trilioni di dollari di titoli a breve scadenza, ovvero quelli che vanno da un mese a un anno con un rendimento medio del 4,16 per cento, almeno prima del 4 aprile. Bene, con questa manovra sui dazi e i timori di recessione che essi hanno suscitato, l’interesse è calato e gli Usa dovranno pagare di meno sul debito a breve termine mentre il calo azionario non fa altro. Trump è un uomo di affari ed è abbastanza abile in questo, ma disgraziatamente non si trova a competere con altri magnati per la conquista di una lottizzazione, si trova invece in un contesto internazionale delicato, dove questo sistema per ridurre il debito risuona di fatto come un colpo di pistola in chiesa, come una minaccia unilaterale che per di più ha effetti immediati, ma non strutturali sul debito che, anzi, rischia alla fine di aumentare ancora di più. Non solo, ma rende abbastanza chiaro a chiunque che ormai gli Usa in prospettiva abbiano da offrire solo questo: ovvero di ridurre il proprio debito a spese altrui. Tutto questo è un formidabile assist alla dedollarizzazione (che ovviamente coinvolge anche l’euro, in quanto dollaro di serie b) e alla creazione di nuovi circuiti commerciali che escludano gli Usa.
Come detto, le cose sono complesse e a ogni azione non corrisponde una sola reazione, ma parecchie e contraddittorie visto che stanno venendo al pettine nodi e snodi mai toccati da molti decenni, così che il mondo sta cambiando a una velocità straordinaria dopo essere rimasto fermo per troppo tempo. Ma Trump, molto affarista e poco statista, non è certo il solo ad essere senza una bussola che indichi un qualche Nord. La stessa cosa dicasi – e a maggior ragione – della Ue anti-trumpiana che vuole vendicarsi dei dazi in maniera davvero singolare, ovvero spendendo centinaia di miliardi di dollari in armi americane con il pretesto di fare la guerra alla Russia. Insomma, mentre la Casa Bianca tenta fuori tempo di ristabilire una sorta di potere di ricatto planetario dopo lo smacco delle sanzioni alla Russia che hanno rivelato i reali rapporti di potere, la Ue cerca per dispetto ideologico di continuare la disastrosa politica di guerra di Biden, arricchendo l’amministrazione Trump.
Certo la comunione di cervelli di Bruxelles dovrebbe essere studiata scientificamente per capire come mai essi siano così poco efficienti. Ma in ogni caso, è evidente che l’unica strada percorribile per il nostro continente è di aprirsi alla nuova multipolarità invece di aggrapparsi al potere occidentale in agonia, cercando per giunta di essere più realista del re: questo è ormai un vicolo cieco perché, come ha scritto Michel Hudson, non sono più possibili situazioni win-win ovvero quelle in cui entrambi i contraenti conseguono dei vantaggi. Ora l’Occidente in declino cerca di trattare solo situazioni vantaggiose di per sé e proprio per questo perde sempre più terreno.
