Suicidio legale? un altro passo avanti nell’abisso. Per la Consulta aiutare qualcuno a togliersi la vita è legale. “Ammazzarsi” diventa ora un “Diritto”, la vita umana non è più un valore tutelato dalla legge tanto meno è “Sacra”.

CONSULTA. IL DOVERE DI MORIRE?

Da Il settimo sigillo Antonius e la Morte.

C’era da aspettarselo. Dopo l’insolita, indebita pronuncia di un anno fa della Corte Costituzionale(1), che aveva sostanzialmente ingiunto al Parlamento – ormai la più costosa e inutile istituzione della Repubblica – di legiferare abrogando il reato di istigazione al suicidio in quanto incompatibile con la Carta, il 25 settembre dell’anno del Signore 2019, con una semplice sentenza di un organo definito arbitrale, la Consulta, aiutare qualcuno a togliersi la vita è legale. Ammazzarsi, insomma, è un diritto, la vita umana non è più un valore tutelato dalla legge, tanto meno è sacra. Tecnicamente – gli spropositi si ammantano spesso di ragioni tecniche e giuridiche – la Corte ha ritenuto “non punibile ai sensi dell’art. 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di in paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Lasciamo al lettore il giudizio sulle evidenti lacune logiche nella prosa degli insigni giuristi.

Monica Cirinnà.

Il dispositivo prosegue indicando le condizioni per procedere al suicidio legale, un elenco burocratico di soggetti deputati (gli “esperti”) ad avere l’ultima parola sull’argomento, i nuovi proprietari della vita e della morte. Aperta una porta, si spalancherà presto un portone, giacché in parlamento sarà trattato un testo molto “avanzato”, predisposto dall’inclita signora Cirinnà/(2), quella delle unioni civili gay. Per una volta, si è udita la voce della Chiesa cattolica, che ha preso posizione con un comunicato dei vescovi contro la sentenza dei giudici costituzionali. Si può e si deve respingere, afferma, la tentazione di usare la medicina per assecondare la possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia.  Giusta ancorché debole e tardiva presa di posizione, associata all’auspicio che “il passaggio parlamentare riconosca al massimo grado possibile tali valori, anche tutelando gli operatori sanitari con la libertà di scelta”. Pia illusione, specie se indirizzata ai partiti di riferimento della neo Chiesa, schierati entusiasticamente contro la vita.

 [stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]L’impressione è che l’introduzione al diritto alla morte (diritto?) sia la porta d’ingresso per istituire il dovere di morire quando piace a lorsignori![/stextbox]

Marco Cappato.

Corre l’obbligo di una prima riflessione, a partire dall’inaudita circostanza che il cosiddetto potere legislativo è stato esautorato e sostituito da quello giudiziario. La sovranità popolare è stata ancora una volta derisa, la politica è sconfitta nel suo diritto dovere di rappresentanza e decisione. La seconda considerazione riguarda l’altrettanto prevedibile commento di uno dei vincitori, l’esponente del Partito Radicale Marco Cappato, che aiutò attivamente lo sfortunato disabile DJ Fabo a morire in una clinica svizzera attraverso la somministrazione di farmaci letali. Siamo tutti più liberi, esulta, con le abusate parole dei suoi padrini politici Marco Pannella e Emma Bonino, artefici delle leggi che hanno dissolto la famiglia, legalizzato l’aborto, antiproibizionisti in materia di droghe, propagandisti indefessi di una cultura di morte mascherata da libertà individuale.

Siamo finalmente liberi di ammazzarci, come da decenni siamo liberi di sopprimere vite umane in fase nascente e di distruggere noi stessi attraverso

Semiramide, spidocchiatrice di straccioni, illustrazione di Gustave Doré del 1854.


l’assunzione di farmaci, droghe e condotte di vita devastanti ampiamente normalizzate. Un passo avanti nell’abisso, una nuova vittoria di chi ha cambiato il senso comune attraverso esempi estremi, casi lacrimevoli, e, diciamolo chiaro, campagne dagli ingenti mezzi economici messi a disposizione da precisi centri di potere ed interesse. Affiora il ricordo dell’Inferno dantesco, il girone dei lussuriosi in cui è punita Semiramide, la regina di Babilonia “che libito fé licito in sua legge, per tòrre il biasmo in che era condotta.”  Nessun biasimo esiste più nel tempo amorale della postmodernità occidentale: solo libertà travolgenti e sempre nuove, da consumare sciolti da ogni vincolo etico e spirituale.

I delitti della Rue Morgue.

Se dovessimo dare un nome alla civilizzazione terminale in cui siamo immersi, la definiremmo con il titolo del capolavoro di Edgar Allan Poe, I delitti della Rue Morgue, la via dell’obitorio: il gaio, chiassoso cimitero in cui si è convertita una società in liquidazione, di cui non restano che sfridi, macerie, rovine. L’articolo 580 del codice penale cassato dalla sentenza della Corte affermava l’interesse pubblico per la vita, la scelta contraria a provocare la morte di esseri umani. Il minimo per qualsiasi legislazione civile attenta alla legge naturale e all’istinto di ogni vivente, che ha fino all’ultimo riflessi di vita.

Gli ermellini della Corte Costituzionale.

 [stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]Il 25 settembre la Consulta ha ritenuto “non punibile ai sensi dell’art. 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio![/stextbox]

Il tema, va riconosciuto, è estremamente delicato. Il nodo non si scioglie con un colpo di forbici o un tratto di penna che cancella la legislazione. L’esperienza di ciascuno di noi conosce lo strazio del male, l’impotenza nei confronti della malattia, l’ingiustizia del destino che si accanisce contro un nostro caro, la probabilità che domani noi stessi siamo posti di fronte al mistero della sofferenza. Occorre sensibilità, comprensione, tensione morale; in nessun caso, tuttavia si può invocare la morte procurata come soluzione “legale”, dunque banalizzata ed accettabile È certo che decenni di propaganda, manipolazione, diffusione di modelli esistenziali basati sul piacere, l’eterna giovinezza, l’efficienza e la performance rendono l’opinione pubblica assai sensibile al nuovo verbo mortuario.  L’individualismo spinto, l’indifferenza per la sorte altrui, il fastidio per la cura dei malati, anche nostri familiari, ci rendono egoisti sino ad applaudire le leggi sulla morte, rimossa e privata del nome.

Adesso si chiama pudicamente “fine vita” e, a richiesta, un’iniezione risolverà il male alla radice. I medici, dimenticato Ippocrate e il senso della loro professione, diventeranno boia seriali, dei Mastro Titta in mascherina, guanti sterili e autorizzazione ministeriale. Quanto alla nonna malata, non sarà difficile convincerla, ergo costringerla, quando è proprio giù, sofferente, magari sotto l’effetto di farmaci dai mille effetti collaterali, a quella certa iniezione. Essenziale sarà accertarsi della validità del testamento a nostro favore e ottenere il nulla osta degli esperti. Tanatologo, ecco una buona professione per il futuro. Gli abusi saranno migliaia, l’esperienza dei paesi che hanno legalizzato l’eutanasia, immancabilmente definiti civilissimi, avanzati, progressisti, è sconvolgente. Ricordiamo il caso del suicidio assistito pubblico dell’adolescente depressa Noa Pothoven(A) in Olanda, dove un decesso su quattro è riconducibile all’eutanasia nelle sue varie forme, l’estensione mostruosa della pratica ai minorenni in Belgio.

La discesa, quando inizia, non può essere arrestata senza un cambio di mentalità di cui non si vedono indizi; la fisica insegna che motus in fine velocior, il movimento all’ingiù si accelera nelle fasi terminali. Per contro, accelerano le ricerche per prolungare la vita umana con metodi scientifici sconvolgenti, che trascinano la nostra specie fuori da se stessa, verso il superamento della condizione umana, il transumanesimo. Per ora, siamo nella fase disumana che abborda il disprezzo, peggio l’indifferenza, per l’essere umano, trattato come utensile, magazzino di pezzi di ricambio, fastidioso rifiuto da smaltire. Il diritto alla vita, il primo elementare diritto umano, è adesso negato esplicitamente dai codici giuridici degli Stati occidentali. Perseguire la vita non è più costituzionale, abbiamo perduto la più fondamentale delle libertà, quella di rimanere vivi e completare il ciclo biologico che la natura (o Dio, per alcuni nostalgici) ci ha assegnato.

 [stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’eb1a63′ bcolor=’3′]Siamo finalmente liberi di ammazzarci, come da decenni siamo liberi di sopprimere vite umane in fase nascente![/stextbox]

 

Chi festeggerà la sentenza, oltre a Cappato, i suoi amiconi radicali e i sedicenti progressisti? Indubbiamente chi gestisce sistemi previdenziali, pubblici e privati, si frega le mani. Meno pensioni da pagare e per un tempo minore. Evidentemente, secondo i padroni del potere l’aspettativa di vita del popolo bue è troppo elevata. Meglio correre ai ripari, facendo passare, prima con la manipolazione dell’opinione pubblica, poi con la forza della legge, norme che legalizzano le varie forme di eutanasia, ribattezzata “dolce morte”.  Entusiasmo non minore manifesteranno le assicurazioni contro le malattie, che eviteranno di sostenere dispendiose spese sanitarie. L’iniezione letale sarà a carico del sistema pubblico, che fornirà i locali e il personale addetto, gli assassini autorizzati del Terzo Millennio.

Le campagne a sostegno delle legislazioni pro-morte sono state sempre finanziate dai fondi e dalle entità finanziarie che investono in previdenza, sanità, assistenza. Nel mondo gelato della ragione strumentale, del primato dell’avere e dell’oblio dell’essere, tutto è questione di denaro, previa analisi di costi e benefici. Eleganti algoritmi sostituiscono la matematica attuariale per determinare la sostenibilità economica della vita. La soluzione è la soppressione, più o meno volontaria, dei malati, degli anziani, dei deboli: eugenetica democratica.

L’impressione è che l’introduzione al diritto alla morte (diritto?) sia la porta d’ingresso per istituire il dovere di morire quando piace a lorsignori. Troppi vecchi, troppi malati, gente improduttiva, troppo costosa per i modelli matematici del sistema assistenziale, per la profittabilità degli investitori, o semplicemente per i comodi dei parenti. In Olanda, è in discussione una legge che renderà automaticamente accettate le richieste di suicidio assistito per gli ultrasettantenni. Questa sì che è civiltà. O forse è una società malata terminale per la quale l’eutanasia di sé è l’ultimo sussulto di vitalità, come un serpente che si avvolge tra le sue spire sino a perirne.

Il diritto – dovere di morire per non importunare il prossimo e consentire la riproduzione del folle modello a-sociale sembra l’ultimo rantolo della distopia d’Occidente – terra del tramonto – chiamata progresso, o il migliore dei mondi possibili. Facciamo presto a farla finita con quest’insopportabile agonia, siano disperse le ceneri di una civilizzazione sterile, nessuno celebri l’immeritato funerale. Calato il sipario, chi ci sostituirà spazzi via le tracce del nostro gaio cimitero e ricominci dall’uomo, dalla vita, da Dio.         

 

NOTE

  • (1) La Corte costituzionale, nell’ordinamento italiano, è un organo di garanzia costituzionale cui è demandato il compito di giudicare la legittimità degli atti dello Stato e delle Regioni, dirimere eventuali conflitti di attribuzione tra i poteri di dette istituzioni e tra le Regioni stesse, esprimersi su eventuali atti di accusa nei confronti del Presidente della Repubblica e verificare l’ammissibilità dei referendum abrogativi. Prevista già nel dettato costituzionale del 1948 all’articolo 134, trovò attuazione solo nel 1955 a seguito della legge costituzionale n. 1/1953 e della legge ordinaria n. 87/1953 e tenne la sua prima udienza nel 1956. La sua sede è a Roma, al palazzo della Consulta, così detto perché sede della Sacra Consulta dello Stato pontificio fino al 1870, da cui si attribuisce alla Corte l’informale nome, per metonimia, di Consulta. Si trova in piazza del Quirinale, a pochi metri dal palazzo omonimo, sede ufficiale del Presidente della Repubblica.
  • (2) Monica Cirinnà (Roma, 15 febbraio 1963) è una politica italiana, senatrice per il Partito Democratico. Ha acquisito popolarità sul piano politico e sociale grazie alla sua lotta per l’approvazione della cosiddetta “legge Cirinnà”, che ha istituito le unioni civili in Italia.Di famiglia cattolica, compie i suoi primi studi presso una scuola privata di suore. Nonostante le iniziali opposizioni della madre, frequenta poi il Liceo Classico Statale “Tacito” di Roma, dove aderisce al movimento studentesco. Si laurea in legge alla Sapienza Università di Roma con una tesi in procedura penale: resta per altri dieci anni nell’ambiente universitario ricoprendo il ruolo di assistente, e lo abbandona quindi per seguire la politica. È sposata con Esterino Montino, senatore dal 2001 al 2008 e attuale sindaco di Fiumicino per il Partito Democratico, con il quale condivide «la passione per la natura e gli animali, i viaggi e la buona tavola». Insieme a lui possiede un’azienda agricola biologica a Capalbio.

Fonte: Wikipedia.

(A) [btn btnlink=”http://www.inchiostronero.it/obitorio-occidente-il-caso-noa-pothoven/” btnsize=”small” bgcolor=”#7100e2″ txtcolor=”#eded00″ btnnewt=”1″ nofollow=”1″]vedi articolo: OBITORIO OCCIDENTE: IL CASO NOA POTHOVEN.[/btn]

 

Immagine: Ingmar Bergman, Il Settimo Sigillo. La partita a scacchi tra Antonius e la Morte.

 

 

 

 

 

Un commento

  1. Francesca Rita Rombolà

    1 Ottobre 2019 a 11:17

    Sì, l’Occidente è la terra del tramonto e, di conseguenza è tramontata… che dalle sue ceneri avvelenate, spazzate da un vento forte e veramente liberatore possa nascere la nuova civiltà della vita e dell’amore. Ma noi la vedremo? Per quanto ancora durerà questo mondo distopico e mortifero? Per quanto tempo ancora!?

    rispondere

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