L’uomo ha sempre avuto un rapporto particolare con lo strumento macchinico…

CONTRO I DUALISMI: (RI)PENSARE

IL CYBORG PARTENDO DAL GIAPPONE

L’uomo ha sempre avuto un rapporto particolare con lo strumento macchinico. Esso si è evoluto, assumendo in certi casi, un vero e proprio carattere mitico che genera un desiderio di automatismo. Desiderio che, secondo Jean Baudrillard (2003), porta l’uomo a creare oggetti autonomi in grado di imitare il mondo o comunque, di riprodurre e potenziare parti sempre più estese delle funzionalità umane.

Gli elementi che consentono una differenziazione sostanziale di questa tendenza tra l’occidente e il Giappone sono riscontrabili:

  • nella contrapposizione religiosa del mondo, monoteista da un lato e animista dall’altro;
  • la differenza nell’impianto logico-filosofico, diadico in occidente e triadico in oriente.

 

Coppie oppositive

Marco Pellitteri (2008) fa notare a tal proposito che l’occidente si è evoluto su una struttura di pensiero che procede per coppie oppositive. Bene e male, bianco e nero, uomini e macchine, mentre il Giappone su una struttura ternaria che contempla l’ibrido e il non definibile. Volendo, possiamo dunque parlare di bianco/nero/grigiouomini/macchine/robot.

Il binomio diadico uomo-macchina è antitetico nella tradizione occidentale poiché caratterizzato dalla cultura giudaico-cristiana e dal razionalismo. Si fa infatti implicitamente riferimento a Cartesio e alla sua distinzione tra res cogitans res extensa. (Cartesio suddivide la realtà in res cogitans e res extensa. Con res cogitans s’intende la realtà psichica, a cui Cartesio attribuisce le seguenti qualità: inestensione, libertà e consapevolezza. La res extensa rappresenta invece la realtà fisica, che è estesa, limitata e inconsapevole. n.t.b). Con essa denomina come “macchine” tutti gli esseri non pensanti, come gli animali, in quanto non aventi un’anima, una coscienza.

Osaka-notte.

In Giappone invece, come in tutte le altre culture animiste, la relazione uomo-macchina non si concretizza come opposizione, anzi: lo shintô, la religione autoctona più antica, attribuisce uno spirito a tutte le cose. Una moderata sacralità e un rispetto agli oggetti, agli animali, e alle altre forme di entità. Gli Spiriti della natura e degli antenati sarebbero ospitati nel mondo fenomenico, in pietre, alberi, ruscelli e, seguendo questa impostazione, anche in un robot. La distinzione tra uomo e natura per Antonio Marazzi (2012) non è vista sotto forma di opposizione, ma di dinamica fusione:

[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’10e614′ ccolor=’0a0909′]«DOPO LA MORTE L’UOMO TORNA ALLA NATURA, E DALLA NATURA DERIVA ALL’UOMO LA SUA FORZA VITALE». [/stextbox]

Sviluppo industriale

Il tono della relazione fra umano e tecnologico, fra organico ed elettronico, è andato evolvendosi nel corso dei decenni. Da un inizio ottimistico, inaugurato nel secondo dopoguerra, in un periodo di ricostruzione in cui era quasi d’obbligo guardare al futuro positivamente, si è passati, in epoca postindustriale, a riflettere in modo più problematico e cupo sulle possibilità e gli sviluppi della dialettica fra l’umanità e la tecnologia.

Palazzi a Tokyo

A tal proposito, il Giappone ha portato avanti il suo sistema di sviluppo industriale secondo due strategie consequenziali. Infatti, dopo una prima fase di emulazione dei modelli europei e statunitensi, aventi come schema organizzativo quello fordista-taylorista dagli anni sessanta, si è sviluppato un diverso modello di organizzazione. Gli economisti e gli studiosi del lavoro l’hanno battezzato toyotismo, dal nome della nota azienda. La differenza sostanziale che si sarebbe concretizzata di lì a poco, oltre che i contesti di applicazione del just in time, riguardò la scelta della tipologia di sviluppo industriale. In oriente ci fu la tendenza allo sviluppo dell’hardware, delle componenti elettroniche e della miniaturizzazione. In Europa e negli Stati Uniti invece, ci si concentrò di più sul software, sui linguaggi e sugli apparati di supporto.

My home shugi

Conseguentemente, negli stessi anni, la società dei consumi invase il sol levante e trovò terreno fertile nel my home shugi“l’ideologia della mia casa”, il modello proposto dai telefilm americani. Essi mostravano un modello familiare di natura patriarcale dedito principalmente al consumo di elettrodomestici e di beni voluttuari.

Robot-Giapponese

I robot sarebbero, in quest’ottica, una forma intermedia tra uomo e macchina, non dei servi o delle semplici protesi. Si proporrebbero come entità aventi un’anima che suscitano in noi emozioni, principalmente positive. Per Cristiano Martorella (2002) non si tratta solo di animismo, ma anche di una concezione che elimina il dualismo cartesiano di spirito e materia tipico del pensiero occidentale. La mancanza di una distinzione fra mente e materia permette di concepire le idee con una progettualità concreta e il prodotto delle implicazioni della sensibilità umana.

Francesco D’Ambrosio

 

 

Note bibliografiche

  • Baudrillard J., il sistema degli oggetti, Milano, Bompiani, 2003;
  • Marazzi A., Uomini, cyborg e robot umanoidi. Antropologia dell’uomo artificiale, Roma, Carocci editore, 2012;
  • Martorella C., Anatomia di Pokémon. Cultura di massaed estetica dell’effimero tra pedagogia e globalizzazione, Roma, Seam, 2002;
  • Pellitteri M., Il drago e la saetta. Modelli, strategie e identità dell’immaginario Giapponese, Latina, Tunué, 2008;

 

Francesco D’Ambrosio Giornalista pubblicista laureato in sociologia con lode. Socio dell’Associazione Italiana Sociologi per la sezione Sociologia dell’immaginario, dell’International center for the sociology of religion e dell’Associazione Italiana direzione del personale sezione Campania

 

 

 

 

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