Il mito di Aracne si fa portavoce delle lotte femminili, raccontando di una giovane tessitrice

Diego Velázquez. Le filatrici (La favola di Aracne) 1657. Museo del Prado, Madrid

DALLA TELA ALLA RAGNATELA: IL MITO DI ARACNE

di Riccardo Alberto Quattrini

Il mito della giovane tessitrice della Lidia che per punizione viene trasformata in ragno – narrato per la prima volta da Ovidio nelle ‘Metamorfosi’ – s’intreccia con più fili ed elementi della civiltà greca e universale: la condanna della superbia, i limiti imposti agli umani, la creazione e la condizione femminile


Aracne, figlia del tintore Colofone, nacque nella città di Ipepa, in Asia Minore. Dotata di un incredibile talento per la tessitura e la lavorazione della lana, Aracne divenne famosa in tutta la regione. La sua abilità, però, la portò a credere di essere più brava delle stesse divinità, un presupposto che avrebbe avuto conseguenze drammatiche nella sua esistenza. Nelle Metamorfosi, Ovidio racconta la sua storia, dipingendo un quadro complesso di orgoglio, competizione e punizione divina.

La sfida tra dea e mortale

L’orgoglio di Aracne la portò a sfidare Atena, la dea della saggezza, della guerra e, soprattutto, della tessitura. La giovane donna dichiarò pubblicamente di poter eguagliare e addirittura superare la dea in un’arte che era considerata sacra e nei cui confini le divinità stesse esercitavano il loro potere. Ovidio, con il suo stile caratteristico, sottolinea la sfida di Aracne e l’ardire che la muoveva. Atena, offesa, decise di accettare la sfida, intenzionata a dimostrare che il suo potere e la sua abilità non potevano essere messi in discussione.

Quando le due si incontrarono per l’epico confronto, la giovane tessitrice creò una tela straordinaria, che non solo mostrava la bellezza delle immagini, ma portava con sé un forte messaggio: Aracne ritraeva le divinità e le loro miserie, le trasgressioni e le punizioni che avevano inflitto agli uomini e alle donne. In questo modo, Aracne non si limitò a dimostrare la sua abilità, ma anche a mettere in discussione l’autorità e il dominio degli dei, un gesto carico di significati e simbolismo.

Atena, al contrario, tessette un’opera che celebrava le gesta degli dei, una rappresentazione che esaltava la loro grandezza e il loro potere. Sebbene entrambe avessero dimostrato grandissima abilità, ciò che segnò la differenza fu la tematica delle loro opere: Aracne sfidava l’autorità divina, mentre la tela di Atena esprimeva venerazione e rispetto.

L’anatema è spietato: «Vivi pure, ma penzola, malvagia, e perché tu non stia tranquilla per il futuro la stessa pena sia comminata alla tua stirpe e a tutti i tuoi discendenti!»Ecco che gli arti diventano zampe sottili, e il corpo di Aracne si fa sempre più piccolo. La giovane sarà destinata a tessere per l’eternità appesa ai rami, alla mercé del vento e delle intemperie, e a forgiare trame di un solo, triste colore.

Furiosa per l’arroganza di Aracne e per il messaggio della sua tela, Atena punì la giovane donna con una trasformazione drammatica: Aracne venne trasformata in un ragno. La scelta di Atena di infliggere una tale punizione è fondamentale nel racconto di Ovidio. Essa non rappresenta solo una reazione all’affronto, ma assume un significato più profondo: Aracne, che aveva osato competere con gli dei, ora doveva tessere per l’eternità, ma come una semplice creatura, perdendo il suo status e la sua umanità. La metamorfosi in ragno diventa una condanna a un lavoro perpetuo, simbolizzando un ciclo senza fine di creazione e distruzione al quale Aracne era ora soggetta.

René-Antoine Houasse. Minerva e Aracne 1707. Museo di storia della Francia

La Tela, la Donna e il Ragno

Nel racconto di Ovidio, la tela diventa un simbolo profondo della creatività femminile e della sfida all’autorità. La tessitura, tradizionalmente associata al femminile, è una forma d’arte che incarna la pazienza, l’attenzione ai dettagli e la capacità di narrare storie attraverso l’intreccio di fili. Questo atto di creazione è ciò che Aracne esprimeva con orgoglio, ma che, alla fine, si trasforma in una maledizione.

Il ragno, creatura indelebile del mito, tessendo la sua tela, rappresenta il ricordo di una donna che, pur perdendo la sua umanità, diventa simbolo di una lotta eterna. Tesse il suo dolore e la sua ribellione in ogni ragnatela, un’eco della sua antica grandezza. In questo modo, Ovidio non solo racconta un mito, ma crea una potente metafora della condizione femminile: una storia di abilità, ma anche di sacrificio e delle conseguenze del ribellarsi all’ordine stabilito.

Cosa vi è di più femminile della tessitura? Destinate a un’esistenza di recluse nel gineceo, le donne tessono e cuciono senza tregua, per sé, per i mariti, per i figli. Nell’Iliade la prima immagine della bellissima Elena la coglie mentre tesse nella reggia di Priamo; Penelope è la grande tessitrice dell’Odissea; Arianna si affida a un filo per guidare Teseo fuori dal Labirinto; le tre Moire tessono tirano e tagliano il filo che corrisponde alla vita di ogni essere. Sono tutte donne, e tutte rispecchiano l’arte femminile per eccellenza, che nel mondo reale, non nel mito, veniva praticato con dedizione all’interno delle case, mentre gli uomini potevano uscire, divertirsi e dedicarsi a qualsiasi attività.

Questa tela si intreccia con l’immagine di Penelope, che, nell’Odissea, tesse e disfa la sua opera per ingannare i pretendenti, rappresentando la speranza, la pazienza, e la saggezza femminile. Così come Penelope, Aracne, nel suo atto di tessere, dimostra la forza e la complessità della figura femminile.

Altre figure nel pantheon mitologico, come Antigone e Medea, riflettono tematiche simili. Antigone, con la sua determinazione a onorare i doveri familiari contro la legge, affronta le conseguenze delle sue azioni con coraggio e fermezza. Medea, d’altra parte, incarna la potenza e il drama dell’amore e della vendetta, dimostrando come le donne possano affrontare situazioni estremamente difficili e complesse, spesso sacrificando la loro felicità per l’integrità e la giustizia.

Aracne nel Mondo Cristiano

L’immensa fortuna di Ovidio nel Medioevo fa sì che i suoi racconti vengano letti come allegorie, con una morale ben precisa nella quale i valori antichi sono sostituiti con quelli cattolici, come insegna un testo dalla grande diffusione, l’Ovide moralisé (primi anni del XIV secolo). Aracne si muove quindi con le sue zampe sottili da ragno nel corso dei secoli. Per esempio, Dante ne fa cenno nel XII canto del Purgatorio, quando l’incontra nella prima cornice, dei superbi, e afferma: «O folle Aragne, sì vedea io te / già mezza ragna, trista in su li stracci / de l’opera che mal per te si fé».

Aracne nell’incisione di Gustavo Doré per il dodicesimo canto del ‘Purgatorio’ di Dante

Nel Medioevo, il mito di Aracne subisce un’importante metamorfosi. La figura della donna che sfida gli dei diventa un simbolo di arroganza e peccato, e Aracne viene interpretata come avvertimento contro l’hubris. Le immagini di Aracne venivano utilizzate per trasmettere i valori cristiani, enfatizzando la necessità di umiltà e sottomissione alla volontà divina. Durante il Rinascimento, la sua storia viene reinterpretata attraverso la lente dell’arte e della letteratura, trasformandosi in figura di simbolo per tutte le donne che osano sfidare le convenzioni e l’autorità.

La figura della donna ragno diventa un simbolo di resilienza, reinterpretato anche nella società contemporanea, dove le “ultime donne ragno” rappresentano le donne lavoratrici, spesso sfruttate e sottovalutate, che tessono le loro vite in condizioni di precaria esistenza. Queste donne incarnano le lotte quotidiane e le sfide che affrontano nel mondo del lavoro, simboleggiando una continua lotta per l’uguaglianza e per il riconoscimento dei propri diritti.

Le ultime donne-ragno

Prima di arrivare alla contemporaneità, va forse sottolineato come il mito riesca a parlare anche della rivoluzione industriale per criticare lo sfruttamento operaio. Avviene grazie a Thomas Carlyle, che in Sartor Resartus (1836) racconta una nuova e terrificante metamorfosi: non c’è più una sola Aracne, ma nella massificazione anonima dei ritmi di produzione esistono ormai molte Aracne senza testa, naso e orecchie; il loro corpo è ridotto alle dita, con cui lavorano ai telai industriali, e alla pancia, con cui consumano i beni prodotti in massa.

‘Aracne’. Disegno del XIX secolo Foto- Heritage Art : Heritage Images : Cordon Press

Il XX secolo, invece, restituisce un’Aracne donna, o ragno, dai tratti femminili, che lotta per affermarsi e ritrova nell’animale una dolce compagnia. È il caso, per esempio, del racconto omonimo di Giulia Cominito presente in Mitiche (2020), in cui Aracne è sì tracotante, ma anche coraggiosa, e rifiuta che l’arte della creazione le sia stata concessa dagli dèi. Durante la sfida, durata tre settimane, riesce inoltre a produrre una tela meravigliosa malgrado la stanchezza tutta umana, ignota ad Atena. O ancora, il ragno diviene sinonimo di maternità nonché omaggio alla propria madre, alla cura e all’abilità di tessere delle donne nell’imponente e impressionante serie di opere scultoree Maman (1999) dell’artista Louise Bourgeois.

Chissà se, nel tessere le sue trame colorate a Ipepa, la piccola Aracne, ardita e instancabile, aveva già immaginato una tela in cui lei stessa sarebbe divenuta ragno, mentre una sottotrama di scrittori l’avrebbe giudicata con biasimo, e scrittrici e artiste le avrebbero invece riconosciuto il merito di una sfida.

Conclusione

La storia di Aracne non è solo un racconto mitologico, ma una riflessione profonda sulla condizione femminile e sulle conseguenze dell’ambizione e dell’orgoglio. Le sue esperienze e la sua trasformazione in ragno rappresentano la lotta eterna tra il potere e la creatività femminile. Ovidio, con la sua prosa, ci invita a riflettere sulle questioni di potere, autorità e ribellione, facendoci vedere Aracne non solo come una vittima, ma come un simbolo di talento e resilienza.

Attraverso le figure archetipe di Aracne, Penelope, Antigone e Medea, possiamo comprendere che il filo della narrazione femminile è intriso di complessità, di sfide e di storie di forza. Anche nel mondo moderno, Aracne rimane una figura da considerare, un monito alle conseguenze dell’orgoglio e un simbolo della straordinaria forza delle donne che continuano a lottare per il loro posto nel tessuto della società.

Riccardo Alberto Quattrini

 

 

 

Bibliografia

  • Ovidio, Metamorfosi.
  • Orazio, Epistole.
  • L’interpretazione del mito di Aracne nella cultura medievale e rinascimentale.

 

 

 

 

 

 

 

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