A volte mi vengono in mente i passeggeri dell’ormai leggendario Titanic

Il naufragio del Titanic 15 aprile 1912. Morti 1490–1635. Sopravvissuti 705

DANZARE NELLA TEMPESTA


A volte mi vengono in mente i passeggeri dell’ormai leggendario Titanic. Che danzavano, felici, nel salone di ricevimento della grande nave, totalmente ignari di quello che, di lì a poco, li avrebbe travolti.

Loro, però, avevano una giustificazione importante. Non sapevano cosa li attendesse. Mentre noi…

 

 

 

 

 

 

 

Già, mentre noi continuiamo a danzare, come ebbri delle sciocchezze (altro termine appropriato non mi sovviene), ignorando, o peggio ancora fingendo di ignorare ciò che sta accadendo.

E ciò che sta accadendo, mi spiace dirlo, dovrebbe fermare le danze. E farci preoccupare. Molto.

Le nostre economie, quelle dell’Europa occidentale, in particolare della, fantasiosa e farlocca, “area Euro”, non sono semplicemente in crisi. Stanno morendo. E questo non per colpa del destino cinico e baro di saragatiana memoria, ma per delle ben precise scelte politiche.

Oddio, “scelte” è forse parola inappropriata, visto che ciò che ha caratterizzato in questi ultimi anni, e continua a caratterizzare i nostri governi appare proprio la totale incapacità di fare delle scelte. Di testa propria, per quanto possibile.

Ed è, certo, ancora più vero per questa Italietta in svendita, ma anche gli altri non stanno meglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

La Germania, soprattutto. Che è, piaccia o meno, il centro motore dell’area Euro. E che dopo aver interpretato per anni il suo ruolo in modo alquanto micragnoso, ora appare in completo dissesto. Pagando, pesantemente, la sudditanza totale a Washington e Londra.

Sudditanza che, almeno, era stata sempre evitata da Angela Merkel. Micragnosa nella politica europea, certo, ma almeno capace di giocare un ruolo autonomo sulla scacchiera globale.

Cosa che neppure si sogna, oggi, il povero, e inetto, Scholz. (1)

La rottura con la Russia ha comportato una gravissima diminutio per la Germania. Che, di fatto, fondava il suo potere europeo sull’essere l’Hub principale del gas russo per tutta l’Europa occidentale. Ruolo completamente perduto per via della sua esposizione a fianco dell’Ucraina nell’attuale conflitto.

Esposizione imposta, certo, da Washington. Ma subita senza quasi reazione. A parte un vago tentativo di Scholz, subito rintuzzato dal suo stesso partito e dai Verdi. Ovvero da un nulla – visti gli ultimi risultati elettorali – totalmente asservito all’interesse americano.

Già, perché l’America ci sta guadagnando da questa situazione di conflitto. Intendendo per America, naturalmente, certi gruppi finanziari e speculativi, che manovrano il fantoccio Biden. E che sostengono l’incredibile Kamala Harris. Mai scelta da nessuno, se non da questi, pochi, “grandi elettori”.

L’altra America è sempre più preoccupata. Anche se ancora paga limitatamente uno scotto per le politiche della Casa Bianca. Ma la paura c’è, e comincia a farsi sentire.

Voterà per Trump, naturalmente. Ma anche l’eccentrico ex Presidente, è figura chiaroscurale.

Da un lato è palese che la sua strategia porterebbe nella direzione di un accordo con Putin. Abbandonando, se possibile, Kiev al suo destino. Una zona neutrale, o addirittura una subalternità a Mosca. Che è, poi, la condizione naturale dell’Ucraina, da sempre parte integrante dell’Impero Russo. E le cui recenti furie indipendentiste sono, sostanzialmente, un’invenzione. Di certa America, quella di cui parlavo. E che utilizza dei fantocci come Zelensky, per mandare al massacro un intero paese.

466 giorno di guerra. Una donna cammina davanti alle tombe nel cimitero militare di Lychakiv a Leopoli, in Ucraina, il 1° giugno.

 

 

 

 

 

 

 

 

Tuttavia Trump è tutt’altro che un pacifista o un neutralista. I suoi legami con il Likud e con Netanyahu sono cosa palese. E se dovesse riuscire a pacificare, o per lo meno rilassare il fronte ucraino, lo farà per lasciare mano libera a Bibi in Medio Oriente.

E cosa questo comporti non è difficile da immaginare.

Poi, naturalmente, c’è Vladimir Putin. Che, ad onor del vero, ha tentato a lungo di evitare la guerra in Ucraina. L’ha limitata il più possibile, sperando in segnali di accordo da Washington.

Ma ora sembra avere deciso. O meglio sembra essere stato convinto dall’ala militare della sua Amministrazione.

E la sua decisione non può certo lasciarci tranquilli.

Russia, Putin e la nuova dottrina militare: «Risposta nucleare se minacciati o aggrediti, anche con armi convenzionali»

 

 

 

 

 

 

Il rischio è, in effetti, che la Russia tiri dritta verso un conflitto sempre più globale. In questi anni si è sempre più alienata da un Occidente ostile. E legata ad Iran, Corea del Nord, mondo arabo sciita in deciso scontro con l’Occidente.

Per non parlare, poi, di Pechino.

La Cina ha sempre cercato di mantenere una posizione neutrale. Ma la svolta della politica statunitense, la ha portata a logiche conclusioni. Gli strateghi di Pechino si sono, ormai, convinti che il conflitto è inevitabile. E la conseguenza logica è che si stanno muovendo di conseguenza. Stringendo i rapporti con la Russia, e cominciando a muoversi in modo sempre più invasivo in estremo Oriente. Ed anche in Africa, dove, di fatto, la Cina sostiene i paesi, Burkina Faso in testa, che hanno mandato in frantumi la stantia, e meschina, egemonia francese. E gioca un ruolo ancora più attivo in Sudan e aree limitrofe.

Ma di questo – che, per altro ho ridotto solo a vaghi cenni – in Europa e, soprattutto, in Italia, non sembra che ci si renda conto.

Si continua a dare importanza a cose prive di senso. O superflue. Il premio alla Meloni. Le beghe interne alla sinistra. I problemi della Lega col generale Vannacci…

Si continua, in sostanza, a danzare nella tempesta.

Redazione Electo
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

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