La Fede è diversa dalla Storia è ciò che faremo con questo articolo

Francesco Hayez La distruzione del Tempio di Gerusalemme 1867

DI CHE RAZZA È DIO STORIA DELLE RELIGIONI MONOTEISTE

Prima parte

di Pubble

 


Una riflessione aggiuntiva è necessaria soprattutto quando sullo sfondo c’è una guerra diversa e che all’uomo moderno appare una guerra di più difficile comprensione. Noi siamo abituati a pensare che le guerre etnico religiose siano retaggio appartenenti al passato noi concepiamo le guerre, infatti, come economiche controlli dei mercati, controlli delle risorse, qui invece siamo difronte a un qualcosa di completamente diverso, popoli sostanzialmente educati all’odio reciproco, chiaramente con le dovute eccezioni sia chiaro, odi che attraversano le definizioni di popolo laddove per Popoli noi intendiamo persone legate da un territorio da usi e costumi da leggi e anche da religioni, per ognuno di questi aspetti tra questi due popoli esistono dei divari che loro percepiscono come incolmabili mostruosi ciascuno nel proprio etnocentrismo di sentirsi detentore dei diritti assoluti su un territorio detentore delle Morali degli Usi dei costumi migliori ma soprattutto detentori del dio migliore e se a dividerli sono appunto questioni etniche di Popoli viene a questo punto legittimo domandarsi, va bene, ma di che razza è allora Dio?

E allora eccoci qua di fronte alle tre grandi religioni monoteiste: ebraismo, Cristianesimo e Islam, dal greco M’onoS, “Unico, solo” e Qe’oS, “Dio”, cioè unico Dio e ognuna delle tre con il Suo unico Dio piccolissima ultima premessa prima di iniziare. “Questo articolo non discute la Fede”

La Fede è diversa dalla Storia è ciò che faremo con questo articolo. Detto ciò, con questo articolo indago la storia non la fede quindi precisato che la fede non c’entra assolutamente nulla con quello che sto esponendo.

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Il monoteismo è l’esatto opposto del politeismo l’opposto di quelle civiltà di quelle culture che tendono a spiegare il mondo fenomenico, le emozioni umane, come caratterizzazioni Divine, quindi attribuendo ogni aspetto della vita umana ad una divinità, si è sempre in qualche modo pensato ed è nostra percezione credere che il monoteismo sia in qualche modo una forma più evoluta quindi una di spiritualità di civiltà più evolute, mentre il politeismo appartenga a civiltà diciamo più tribali. Questa in realtà è una falsa percezione. Cioè non è minimamente vero pensiamo ad esempio al mondo greco che è stata una civiltà eruditissima che non ha mai sostituito il politeismo non ha mai sostituito il proprio Pantheon delle divinità.

Il Pantheon dei greci, dee e dei

Anche l’Impero romano arriva al monoteismo molto tardi quando ormai sono già belli evoluti, l’impero è talmente tanto evoluto che infatti è già praticamente quasi crollato e il monoteismo arriva in qualche modo come una sorta di manovra politica, arriva per mettere ordine in tutta una grande confusione di culti orientali che l’Impero romano aveva assorbito con l’espansione territoriale, serviva quindi in qualche modo riunificare tutti questi vari culti orientali che tra l’altro presentavano anche delle caratteristiche molto simili l’uno con l’altro in un’unica caratterizzazione che divenne appunto il cristianesimo.

Il Corano
La Bibbia cristiana

Queste tre grandi religioni monoteiste sono considerate l’ex Oriente Lux cioè la luce proveniente da Oriente ma sembrano delle luci davvero molto inconciliabili tra di loro, ciascuna di esse è convinta di essere l’unica vera, considera gli altri degli impostori, ciascuna di esse si appoggia ai propri testi sacri come fonte unica a cui attingere per creare l’identità dei rispettivi popoli.

Uomo ebreo vestito con abiti rituali Torah

Un concetto molto semplice molto comune, ricordiamo che non esiste nessuna civiltà né popolo che non attinga dal proprio passato per legittimare la propria condizione nel presente, non c’è civiltà che non si giustifica in un passato eroico mitico, un passato fatto di grandi conquiste grandi antenati grandi patriarchi, e se questo vale letteralmente per tutti i popoli, a maggior ragione per popoli in cui etnia, politica e religione sono un tutt’uno e le loro fonti, che sono appunto i testi sacri, esistono delle sostanziali differenze, differenze che diventano aperto terreno di scontro tra le tre.

Esempi, il Corano che è il testo sacro per i musulmani ci informa che il Dio dei musulmani risponde al nome di Allah ma che presenta in realtà ben 99 altri nomi che Allah tiene particolarmente e che i fedeli enuncino durante le preghiere. Per la Bibbia ebraica cioè l’Antico Testamento il nome di Yahweh invece è un tetragramma, cioè un nome consonantico, e gli ebrei evitano accuratamente di pronunciarlo per non venir meno a quello che per loro è il secondo comandamento, il terzo per i cristiani, del non pronunciare il nome del Dio invano perfino nella preghiera. Quindi uno con 99 nomi, l’altro non si può neanche pronunciare.

I cristiani invece che condividono con l’ebraismo l’Antico Testamento ma lo completano della loro esperienza di fede col Nuovo Testamento cioè con la vita e la passione. La morte di Cristo riprendono il nome di Dio in Yahweh ma lo latinizzato cioè Geova però i cattolici nelle preghiere non chiamano Dio Geova, nelle preghiere viene chiamato Dio, Onnipotente, Salvatore, Creatore, insomma tutte accezioni non nomi propri.

Già solo in questo dettaglio che vi sembrerà un dettaglio da niente ma in realtà è una differenza macroscopica, nelle varie dottrine si capisce che il Dio delle tre religioni, ha tre intenzioni differenti, tre intenzioni che risultano inconciliabili tra di loro. Un’altra caratteristica che dimostra enormi differenti nella concezione delle tre diverse unicità di Dio è ad esempio l’arte.

Una decorazione in una moschea

I musulmani non rappresentano mai il loro Dio, non esiste in realtà un esplicito divieto nel Corano, ma è buona prassi per il buon musulmano evitare di rappresentare il Dio dandogli una caratterizzazione umana, utilizzare il Dio porterebbe a rischio di commettere idolatria e quindi l’arte islamica è aniconica. Per gli ebrei per il quale invece il Dio non si può nemmeno nominare in preghiera, figurati se lo si può rappresentare, qui invece risiede l’esplicito divieto alla rappresentazione.

Simbolo del pesce cristiano nel Cristianesimo

Il Cristianesimo invece è tutt’altra storia, il cristianesimo sviluppa nel corso dei secoli una vera e propria arte sacra, facciamo ad esempio un rapidissimo viaggio Si passa ad esempio dalle raffigurazioni simboliche del pesce, dell’agnello e dell’ancora, che erano le rassicurazioni, diciamo di un cristianesimo in clandestinità, con simboli che solo altri fedeli potevano comprendere e che si riferivano alle accezioni di Cristo, quali pescatori di anime, pastori, ancore di vita, questi sono i cristiani delle origini, quelli che vivono le tre grandi persecuzioni cristiane.

Quella di Decio di Valeriano e di Diocleziano. Era fondamentale per i cristiani delle origini poter comunicare tramite simboli senza essere scoperti – piccolo inciso una piccola curiosità quando parliamo delle persecuzioni cristiane – siamo erroneamente portati a pensare che le comunità cristiane abbiano subito lunghi ed interminabili periodi di persecuzioni sotto l’impero, questo è un luogo comune, in realtà le grandi ondate di persecuzioni furono nella storia dei cristiani solo tre, sanguinosissime nessuno lo toglie, però non è nemmeno vero che tutti gli imperatori odiassero tanto i cristiani da procedere a mire sanguinosissime nei loro confronti, certo non è che i cristiani stessero proprio simpaticissimi all’impero, a renderli particolarmente invisi all’impero romano era il fatto che questi adorassero quello che, a tutti gli effetti per l’impero romano, era un criminale, un criminale a cui l’impero aveva riservato la peggiore delle punizioni, cioè la crocifissione una pratica che i romani avevano appreso dai cartaginesi e che Cicerone definiva essere la più atroce tetra delle condanne, all’impero romano, in realtà molto aperto e ben disposto nei confronti dei culti dei popoli che sottometteva e con cui entrava in contatto, diciamo che questo sembrava francamente un pò troppo, ma questo non vieta comunque che il cristianesimo esercitasse un grande fascino nei confronti del popolo e che, progressivamente affascinò dalle classi sociali più basse fino alle più alte gerarchie dell’impero, tant’è che quando il culto diventa tollerato, quando finiscono le persecuzioni, anche l’arte cambia non ha più bisogno di essere un’arte simbolica e segreta.

“I martiri cristiani nel Colosseo” è un dipinto di grande formato dell’artista russo Konstantin Flavitsky (1830-1866), completato nel 1862.

Il Cristo comincia ad essere raffigurato praticamente ovunque nelle absidi delle grandi basiliche in epoca medievale, si sviluppa in modo eccezionale l’iconografia della crocifissione nel dodicesimo e tredicesimo secolo, abbiamo addirittura degli stili di crocifissione il Cristo triumphans trionfante sulla croce vincente sulla morte che non sente il dolore della morte. Il Cristo patiens che patisce la morte il corpo incurvato dal dolore gli occhi chiusi la testa abbassata, molto rare sono le raffigurazioni di Dio, bisognerà aspettare un pò prima di vederne sporadici esempi, verrebbe da chiedersi il perché ma il motivo è molto semplice ed è dottrinale. Se Cristo è il figlio di Dio fa parte della Trinità insieme al padre, se Dio si è fatto carne in Cristo allora non vi è alcuna differenza tra i due, raffigurare Cristo equivale a raffigurare Dio quindi iconograficamente si risolve così quest’esigenza.

Una delle più antiche croci dipinte su tavola esistenti- il Crocifisso della Chiesa di San Oaolo all’Orto Pisa
Pannello Crocifissione, 530 d.C. Basilica romana di Santa Sabina
Giunta Pisano, Crocifisso (Christus patiens), XII secolo, tempera su tavola, Bologna, basilica di San Domenico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per gli ebrei questo è un qualcosa di inconcepibile, l’ebraismo che vanta di essere la più antica tra le religioni monoteiste guarda al cristianesimo dicendo ma questi sono pazzi, ritengono che il cristianesimo abbia portato alla perdizione il credo, non sopportano un’idea che all’Antico Testamento che per loro è la vera parola di Dio sia stato aggiunto il Nuovo Testamento soltanto per giustificare un culto intorno a un semplice uomo, per loro è idolatria, è blasfemia è un qualcosa che rifiutano categoricamente e che è un’altra di quelle differenze dottrinali che risultano incolmabili.

Il Muro del Pianto di Gerusalemme

L’islam che è sostanzialmente la più giovane delle tre religioni e si sente quindi la più completa, anche lei pensa che i cristiani abbiano preso un gran bel granchio, però per loro non c’è un atteggiamento di disprezzo così forte è vero che i cristiani abbiano sbagliato nell’identificare Cristo come il messia però Cristo rimane un buonissimo profeta, certo chiaramente nulla a che vedere con il profeta quello vero l’unico che interpreta davvero le parole di Dio che per loro è Maometto capite bene da soli quanto sulla carta risultino inconciliabili e poi c’è un altro problema molto serio un’altra frattura insanabile e risponde al nome di Gerusalemme

Gerusalemme e la terra sacra per eccellenza di tutti e tre e se la sono litigata nella storia hanno versato molto sangue nella storia per Gerusalemme

Cupola della Roccia al centro della Spianata delle Moschee o Monte del Tempio

Gerusalemme è sacra per gli ebrei perché nel testo sacro c’è scritto che quella è stata la città del grande Regno d’Israele il Regno di re Davide e Salomone dove venne retto il tempio di Salomone dove c’è la testimonianza nel muro del pianto luogo per eccellenza della preghiera ebraica. Ma Gerusalemme è sacra anche per i cristiani perché le esperienze della vita di Cristo, meglio della sua passione, della sua morte e della sua resurrezione, si caratterizzano proprio lì, ed è sacra anche per i musulmani, perché è a Gerusalemme che il profeta Maometto ascende al cielo per unirsi ad Allah. Gerusalemme quindi assume il ruolo di testimonianza per tutte e tre le religioni e la terra a cui si aggrappano per convalidare la superiorità dell’una sull’altra.

È la prova fisica dell’etnocentrismo dell’una sull’altra. E questa validità di Gerusalemme la provano tutte e tre con il testo sacro alla mano. Il testo sacro è la fonte, il testo sacro non mente, il testo sacro è il motivo per cui io sono meglio di te. Sono differenze apparentemente incolmabili. Ma una cosa ce l’hanno in comune le tre religioni. Ed è proprio l’atteggiamento nei confronti dei rispettivi testi sacri. E qui entriamo in quella che per molti è una dolorosa rivelazione. Cioè che i testi sacri e le loro interpretazioni si sono sempre piegate alle esigenze del periodo. L’interpretazione dei testi sacri si è sempre modificata a seconda delle esigenze politiche del periodo. I testi sacri presentano ognuno di per sé delle fortissime contraddizioni. Vengono quindi dalle rispettive interpretate a piacimento a seconda di quelle che sono le esigenze della dottrina che cambia in relazione ai tempi che cambiano. Sarà proprio in relazione a Gerusalemme che i cristiani, ad esempio si rimangeranno tutte le connotazioni del cristianesimo delle origini. I cristiani delle origini avevano trovato nel Testo Sacro il comandamento del non uccidere, provavano l’insegnamento del porgi l’altra guancia, avevano esaltato questo insegnamento. Tanto che infatti i cristiani delle origini ripudiano la guerra, cosa che per un impero come quello romano, che è una società guerriera, porta a guardarli veramente di malocchio, che fanno questi, non vogliono nemmeno combattere.

L’appello di papa Urbano II alla difesa della Terra Santa

Ma quando Urbano II il Pontefice incita i fedeli alla liberazione di Gerusalemme contro i musulmani, ecco che i cristiani, nello stesso identico testo traggono insegnamenti completamente differenti. E il Testo sacro non è cambiato di una virgola, è solo che si sceglie quali passi esaltare e quali invece spegnere a seconda dell’esigenza del periodo; quindi, quei passi che sono legati al ripudio della guerra, all’omicidio come peccato, smettono di essere propagandati come prima, si dà lustro a quei passi che parlano di un Dio guerriero a un Dio che supporta la guerra dei giusti, e se la guerra la vuole Dio non è più solo giusta è addirittura Santa.

Per non cadere nell’evidente contraddizione cioè, come prima mi dice una cosa, poi me ne dici completamente un’altra, cambia addirittura l’interpretazione della dottrina. I padri della Chiesa, Sant’Agostino, Tommaso d’Aquino si impegnano per mettere ordine in questo evidente cortocircuito. Si arriva alla conclusione che se si uccide un infedele, non solo non si fa peccato ma chi lo fa, chi muore nella guerra Santa può diventare addirittura martire. Il testo è sempre lo stesso, ma si seleziona quello che serve in quel momento, perché in quel momento al potere politico della Chiesa servono quelle che saranno poi le Crociate.

Hayez, Francesco – Crociati assetati presso Gerusalemme – 1836-50

 

La seconda parte la trovate qui

 

 

 

 

 

 

Giustino (sec II) aveva affermato: “La nostra speranza è appesa a Cristo Crocifisso” ecco perciò, a esprimere questa consolante certezza, l’iscrizione con l’ancora e i due pesci, nella Catacomba di Domitilla: i cristiani stanno appesi alla speranza della croce di Cristo.

 

Michelangelo Buonarroti Davide e Salomone affresco. Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città del Vaticano (Roma)

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