Neet, i giovani che non studiano
“DISAGI PSICHICI DEI GIOVANI”, UN DISASTRO IGNORATO DAI POLITICAMENTE CORRETTI
Neet, i giovani che non studiano, non lavorano e non cercano un’occupazione. In Italia sono 2 milioni e il governo ha festeggiato perché il numero si è ridotto di circa 1 milione. Poi, però, ha festeggiato di meno quando si è accorto che una parte degli ex Neet era andata a far lievitare il numero dei disoccupati poiché si era messa alla ricerca del lavoro. Così, contemporaneamente, sono aumentati sia gli occupati sia i disoccupati. Il che è normale e corretto, anche se può sembrare strano ai non addetti ai lavori.
Quanto ai Neet, un articolo pubblicato sull’Avvenire sosteneva che “Se è positivo il recupero degli ultimi anni è anche probabile che a beneficiarne sia stato chi ha un profilo professionale e un pregresso formativo più appetibile; chi non soffre dei crescenti disagi psichici che colpiscono i più giovani; chi si trova in un territorio che offre delle opportunità occupazionali importanti. Altri, soprattutto le giovani donne e i ragazzi del nostro Mezzogiorno, rischiano invece di essere sempre più schiacciati da questi fattori esterni e non possiamo pensare che solo il mercato nel tempo riassorbirà tutti i problemi”.
Al di là delle dinamiche occupazionali, ciò che colpisce maggiormente è il riferimento ai “crescenti disagi psichici che colpiscono i più giovani”. Così, en passant, come se fosse quasi normale. E invece non lo è. Soprattutto a livello umano, famigliare, ovviamente. Ma anche in un’analisi relativa al mondo del lavoro dovrebbe inquietare. Questi sono i giovani che dovrebbero rappresentare il futuro di un Paese. E poiché problemi analoghi, anzi in misura nettamente superiore, sono stati rilevati negli USA ed in altri Paesi dell’Occidente collettivo, forse sarebbe il caso di iniziare a preoccuparsi.
Non basta certo trovare loro un’occupazione, poiché il disagio mentale resta e si acuisce nei posti di lavoro dove – secondo un altro studio – solo il 5% dei lavoratori italiani è soddisfatto. E poi non c’è solo il lavoro. Era sufficiente osservare il percorso di preparazione degli aspiranti cantanti e ballerini della trasmissione TV Amici per rendersi conto della fragilità di tanti, troppi, ragazzi e ragazze. Perennemente in lacrime, costantemente in crisi, indecisi su tutto, nervosi. Qualcuno anche ingrato e scorretto, ma con un pessimo esempio fornito dai “professori” impegnati a favorire il tradimento degli allievi nei confronti dei docenti rivali. Uno spaccato della società italiana, forse. In ogni caso deprimente.