L’immondo spettacolo organizzato dagli pseudo artisti di Macron…
DISTRUGGERE IL BELLO PER NON ACCORGERSI DI QUANTO SI È BRUTTI
È LA CROCIATA DELLA GAUCHE
Dostoevskij era eccessivamente ottimista quando sosteneva che la bellezza ci avrebbe salvato, avrebbe salvato il mondo. Non aveva idea dei danni che avrebbero provocato legioni di imbecilli politicamente corretti, di ignoranti incapaci che, consapevoli del proprio livello, si sarebbero dedicati a distruggere tutto ciò che era bello.
L’immondo spettacolo organizzato dagli pseudo artisti di Macron per inaugurare le Olimpiadi della bruttezza, estetica e morale, hanno però fatto nascere qualche dubbio persino negli schieramenti della gauche intello. Non tra gli esponenti della gauche in redazione, tantomeno in Italia.
Da un lato, dunque, il Sud globale che ha espresso il suo disgusto. Dalla Cina alla Russia (esclusa dai Giochi a cui partecipa, invece, Israele del macellaio Netanyahu), dall’Iran alla Turchia, Paese Nato. Dall’altro la gauche in redazione è riuscita a difendere persino le pantegane nella Senna. Ma l’aspetto più interessante delle prese di posizione gauchiste a favore dello show macroniano è stato il continuo riferimento alla Grecia antica. Perché se i greci non si preoccupavano dell’omosessualità, allora in nome della classicità dobbiamo adeguarci.
Una totale mistificazione. Perché per i greci il sesso era solo un aspetto secondario della vita. Alessandro Magno era grande a prescindere dai suoi gusti sessuali. E vale per Achille e Ulisse, per Platone e Aristotele, per Fidia e Prassitele. Si giudicavano le opere e il valore, non l’utilizzo degli organi sessuali.
I greci e i romani, al di là delle profonde differenze tra le due culture, vivevano i rapporti tra uomini in modo molto diverso da quello in cui lo viviamo noi oggi. Per i greci e i romani (ovviamente, salvo eccezioni) l’omosessualità non era mai una scelta esclusiva. Amare un altro uomo non era un’opzione fuori dalla norma, che esprimeva una diversità. Era “solo” una parte integrante dell’esperienza di vita: era la manifestazione di una pulsione vuoi sentimentale vuoi sessuale che nell’arco dell’esistenza si alternava e talvolta si affiancava all’amore per una donna. Si giudicava il talento, le azioni, la competenza, la capacità di essere valido al popolo. Non si spiava nelle alcove per giudicare, il sesso veniva in secondo piano. (f.d.b.)
Quanto agli dei, adoperati per lo show, erano spesso incestuosi ma non avevano nulla a che fare con le Drag Queen o con i Puffi.
Invece per la gauche in redazione conta solo il bacio lesbo di una campionessa di judo, non il suo trionfo sul tatami.
Però questi inetti iniziano a stancare anche i sinistri pensanti. E, sul Corriere, Massimo Nava si affida ad una analisi del settimanale Le Point. Certo, il settimanale è considerato di destra, ma il Corriere è il quotidiano di riferimento del politicamente corretto. Dunque, è interessante che abbia riportato la riflessione di Le Point.
La radicalità (estremismo, perlopiù come atteggiamento politico o culturale. Diz. ita) – spiega il magazine – è diventata la parola d’ordine degli artisti contemporanei, per i quali il successo di un’opera dipende dalla sua irriverenza nei confronti delle convenzioni, come gli adolescenti che lottano per forgiare un’identità che non sia la sfida ai genitori. Ogni forma di classicità viene disprezzata in nome della diversità, come se le minoranze fossero incapaci di appropriarsi delle belles-lettres e dell’alta cultura che gli antirazzisti considerano appannaggio del popolo storico. Il fatto che il sentimento più comune dopo una performance artistica non sia lo stupore, come ci si aspetterebbe, ma il piacere di aver offeso il prossimo, anche se avversario politico, la dice lunga sulla triste concezione dell’arte, della cultura e del mondo che prevale in certi ambienti che si dicono inclusivi. È il paradosso di certi artisti contemporanei, che beneficiano della rendita di un passato che amano offuscare, ma senza il quale brillerebbero molto meno. Non è un caso che gli ecologisti in cerca di attenzione preferiscano profanare le opere di Van Gogh a quelle di Marcel Duchamp per «mettere in guardia dall’inazione climatica».
Insomma, distruggere il bello, ed anche gli specchi, per non accorgersi di quanto si è brutti.
Approfondimenti del Blog
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Bibliografia
- Eva Cantarella
- Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico
- Medeline Miller
- La canzone di Achille