“Djokovic: un uomo”
DJOKOVIC VINCE L’ORO OLIMPICO E UMILIA I CRITICI
POLITICAMENTE CORRETTI E PROFESSIONALMENTE SCORRETTI
“Djokovic: un uomo”. Così, sui social, Paolo Biamino aveva commentato alcuni comportamenti del campione di tennis serbo. Che oggi, da vecchietto, ha vinto le Olimpiadi battendo in finale il giovane spagnolo Alcaraz. Si vince e si perde, nello sport. Ma con Djokovic non è più solo sport. Da quando i giornalisti italiani, con rare eccezioni, hanno visto in lui non un atleta con una carriera straordinaria ma il “nemico”. Non un avversario sportivo, proprio il nemico assoluto.
Perché il campione serbo aveva scelto di non farsi vaccinare contro il Covid. Dunque era la rappresentazione del male, era lo sportivo che dava il cattivo esempio, era il personaggio famoso che non si fidava dei luminari messi in campo dagli oligarchi. Un ribelle pericoloso, da stroncare. Magari, in quanto serbo, anche putiniano.
Così si è assistito all’ennesimo squallido teatrino che qualcuno osa definire giornalismo. Con ironie fuori luogo in caso di vittoria di Djokovic, con disprezzo indecente di fronte alle sue sconfitte. Con attacchi senza tregua per eventuali proteste contro gli arbitri, il pubblico o il suo staff. Nulla gli veniva perdonato. La gogna mediatica non gli risparmiava nulla. Critiche sugli aspetti tecnici, fisici, sull’età. Per un altro si sarebbe parlato di body shaming, ma per lui valeva tutto.
Con inviti, sempre più insistenti, a ritirarsi.
E invece Nole è andato avanti. È stato operato ad un ginocchio e si è presentato a Parigi. Per vincere ciò che ancora gli mancava: l’oro olimpico. Ci è riuscito battendo, sul campo, il tennista più adorato dai giornalisti italiani – più di Sinner che ha osato fidanzarsi con una tennista russa che ama il proprio Paese – e, soprattutto, umiliando l’indecente compagnia di giro dei suoi critici politicamente corretti e tanto scorretti professionalmente.