”Il presente contributo mira ad esplicitare come la società sia cambiata nel proporre esempi di donne di potere, di prestigio e d’influenza sociale
DONNE DI POTERE, DI PRESTIGIO E D’INFLUENZA SOCIALE
La storia di Rosina, la donna italiana che ispirò il manifesto del femminismo
dalle vestali alle web influencer
Il presente contributo mira ad esplicitare come la società sia cambiata nel proporre esempi di donne di potere, di prestigio e d’influenza sociale. Innanzitutto chiariamo i concetti chiave. Potere, prestigio ed influenza sociale sono fattori strettamente correlati. Cosa s’intende per prestigio sociale?
Secondo il sociologo Max Weber (1922) è un aspetto dello status che si riferisce a peculiarità morali o intellettuali senza necessariamente prendere in causa l’aspetto economico. Perciò il prestigio sociale è legato all’influenza sociale, al valore positivo che la gente attribuisce ad un soggetto o ad una situazione. A parere di Weber, sono tre le componenti determinanti le disuguaglianze sociali: prestigio, ricchezza e potere che, a loro volta, generano la stratificazione sociale. Egli concepiva il potere come capacità di ottenere obbedienza, o meglio, imporre la propria volontà contro eventuali contrapposizioni attraverso tre principi di legittimazione:
– potere carismatico, basato sul riconoscimento delle qualità del leader;
– potere tradizionale, incentrato sull’ordine politico e la sacralità;
– potere legal-razionale, fondato su legalità ed impersonalità.
Per Robert Alan Dahl (1961), nella relazione potere/influenza, un attore sociale spinge altri individui ad assumere un comportamento che, altrimenti, avrebbero evitato: non ci troviamo su un piano paritetico, bensì su una sostanziale diseguaglianza tra le parti.
Lontano dallo spazio pubblico
Il concetto di disuguaglianza è fortemente presente sin dall’atavico rapporto uomo/donna. Infatti, per secoli, le donne sono state identificate come “mogli di” e “figlie di” un soggetto maschile. Inoltre, mediante matrimoni combinati, sono state utilizzate come strumento di fortificazione di un’alleanza politico-economica e continuazione della stirpe. Alcune donne altolocate e nobili potevano godere di un certo grado di visibilità pubblica, mentre di quelle “comuni”, esponenti dei ceti meno elevati, abbiamo poche fonti certe, perché nascoste a livello sociale, o meglio, ingiustamente non ritenute degne di rilevanza: lo spazio pubblico era di pertinenza maschile, in quello privato-domestico venivano relegate la quasi totalità delle donne.
[stextbox id=’warning’ mode=’undefined’ color=’10e614′ ccolor=’0a0909′]“il maggiore o minore spazio riservato alla donna nella sfera culturale è indizio di una parallela maggiore o minore rilevanza del suo statuto esistenziale nell’intera visione del mondo della società in questione” (Sfameni Gasparro, 1991, 58) [/stextbox]
Alle origini del prestigio femminile
Che cosa l’opinione pubblica considerava e considera degno di stima, ammirazione (e, perché no, anche di emulazione) nelle figure femminili? Propongo alcuni esempi illustri. Partendo dalla Roma antica, le Vestali rappresentavano l’unico collegio sacerdotale femminile. Le prime notizie della loro esistenza risalgono al II secolo a.C.. Venivano scelte sei bambine senza alcun difetto fisico, andavano a vivere nella residenza dedicata alla Dea Vesta. I loro compiti consistevano nel tenere perennemente acceso il fuoco della divinità e nella preparazione di una miscela di farine e sale detta “mola salsa” con cui cospargevano gli animali da sacrificare (Cenerini, 2002). Le Vestali avevano l’obbligo di verginità, in caso di rapporto sessuale, venivano condannate dal pontefice massimo ad essere sepolte vive. Generalmente la copulazione veniva scoperta in base ad eventi funesti per la città, perciò la castità delle Vestali garantiva la sicurezza di Roma (Cenerini, 2002). A differenza delle altre donne, le Vestali ricoprivano un ruolo pubblico, in quanto non avevano la tutela maschile, potevano fare testamento e testimoniare in tribunale (Sfameni Gasparro, 1991).
Le donne nell’antica Roma
Grazie alle fonti iconografiche e a diversi autori, un’altra donna illustre è giunta sino a noi, differenziandosi dalla massa: è il caso di Livia Drusilla, moglie dell’Imperatore romano Ottaviano-Augusto (I
secolo a.C.). Sempre a fianco del marito e sua fedele consigliera, ricevette dallo stesso sia la prerogativa di esercitare un culto religioso pubblico, sia una parte di eredità. Le Imperatrici succedute a Livia pretendevano i suoi stessi privilegi. I romani arcaici erano, in un certo senso, ossessionati dall’infedeltà della moglie, temevano di lasciare la loro eredità a prole non certa; quindi mettevano in atto una serie di strategie finalizzate al controllo del corpo femminile. Ad esempio, lo ius osculi era il diritto di baciare la propria congiunta per accertarsi se avesse bevuto o meno vino: tutto ciò perché l’alcol poteva generare ubriachezza e, conseguentemente, il tradimento associato ad una gravidanza extra-coniugale. Addirittura anche i parenti prossimi potevano compiere accertamenti. La matrona ideale era esclusivamente dedita ai figli, relegata nella domus: l’angelo del focolare domestico.
Dall’età classica a quella moderna
Le biografie femminili relative alla Grecia classica concernono sacerdotesse, poetesse, cortigiane, benefattrici, mogli/figlie/sorelle di personaggi illustri; spesso le loro vite sono state ricostruite attraverso brani, iscrizioni, quadri, lastre di terracotta, statue (Loraux, 1993). Nell’antichità, i valori ritenuti degni di prestigio comprendevano: la verginità, la purezza, la castità, garantire prole certa al marito, il sesso solo all’interno del matrimonio e con fini procreativi, la bellezza e l’assenza di difetti fisici, la sobrietà e la morigeratezza, la nobiltà, possedere particolari talenti. Nel Medioevo, esistono fonti (letterarie ed iconografiche) che testimoniano la presenza di contadine, ricamatrici, balie, meretrici, cortigiane, curatrici, streghe, commesse nelle botteghe. Purtroppo il fatto di svolgere un’attività non elevava la condizione sociale femminile, né permetteva loro di accedere alla vita politica ed universitaria, salvo alcune eccezioni nella nobiltà (Muzzarelli, Galetti, Andreolli, 1991). Dall’Età classica sino a quella moderna (ed oltre), esiste una professione che ha indotto alcune donne ad assumere privilegi e ricchezze perché sovvenzionate da uomini potenti: stiamo parlando delle cortigiane. Donne libere che vivevano a corte, una sorta di prostitute d’alto bordo. Da ben distinguere dalle prostitute di strada che esercitavano in bordelli o lupanari, vivendo nella miseria. Chi non ricorda la marchesa De Pompadour o la contessa Du Barry? Esiste una correlazione tra bellezza, sesso, astuzia e potere. Ancora oggi la bellezza è un valore ritenuto degno di ammirazione e prestigio.
La geisha: bellezza, intelletto ed eleganza
La geisha è una figura femminile che, spesso, è stata confusa o associata a quella della cortigiana. È un esempio emblematico di donna che godeva di prestigio sociale. Le prime notizie risalgono al XVII secolo, in Giappone. Essere geisha non si riduceva solo al sesso. Venivano selezionate alcune bambine, generalmente graziose e prive di malformazioni, seguivano corsi presso una scuola per diventare geisha. Studiavano danza, canto, portamento fino a divenire esperte di arti tradizionali, intrattenitrici con brillanti conversazioni: vere e proprie artiste. Svolgevano una sorta di apprendistato ed esercitavano nelle ochaya, le case da the. Vivevano nella okiya (abitazione) assieme alla “madre” (okaasan, figura ambigua a cui le fanciulle venivano vendute) che dettava regole, si occupava dei loro guadagni, sceglieva il loro destino: le più avvenenti e scaltre venivano mandate a scuola, le altre diventavano serve della “madre” o spedite in bordelli. Il compito principale consisteva nel tenere compagnia ed allietare uomini potenti ad eventi. La loro verginità veniva letteralmente venduta al miglior offerente, in modo da sdebitarsi con la okaasan. Potevano essere scelte da un danna, un uomo facoltoso che si occupava del loro mantenimento. Il rapporto geisha/danna poteva prevedere anche il sesso, ma non necessariamente. La geisha era riconoscibile dal trucco, acconciatura e prezioso kimono; godeva di un ottimo status sociale, spesso, questa professione la salvava dalla povertà e dalla strada. Nell’immaginario maschile, la raffinatezza la contrapponeva alla sciatteria delle mogli ed alla volgarità delle prostitute. Il prestigio della geisha era dovuto a bellezza, talento, intelletto ed eleganza.
Angela Merkel e Chiara Ferragni
Passiamo all’Età contemporanea. Ogni anno, la rivista Forbes stila la classifica delle 100 donne più potenti al mondo: da ben sette anni, al primo posto compare la cancelliera tedesca Angela Merkel. Seguono la prima ministra inglese, Theresa May e Melissa Gates, moglie di Bill. Tra le italiane, al 17° posto, si trova l’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, al 73°, Miuccia Prada, stilista ed imprenditrice e, infine, 81esima, Fabiola Giannotti, direttrice generale del CERN. Oltre a sottolineare la potenza del ruolo di donne scienziate, ricercatrici, ministre, cape di stato, first lady (per citarne alcune), vi è la presenza di una categoria sui generis che, paradossalmente, è forse più popolare di chi ha tradotto sforzi e studi in un mestiere comune: stiamo parlando delle web influencer. Negli anni ’90, erano certe note super-modelle ad incarnare la bellezza perfetta, nel 2000, molte ragazzine s’identificavano nelle soubrette proposte dalla televisione tipo veline e letterine, mentre attualmente è la rete a dettare modelli femminili da ammirare ed emulare. Chi sono le influencer? Giovani di bell’aspetto, modelle o partecipanti a trasmissioni che godono di un certo seguito, influenzando (appunto) su moda o stili di vita. Esistono anche ragazzi di professione influencer. Tramite i social network pubblicizzano marchi d’abbigliamento, di cibo, locali, ristoranti, posti in cui andare in villeggiatura, prodotti di bellezza. Spesso propongono sconti per acquisti online, inserendo un codice sponsorizzato, della serie:”Inserisci il codice ANNA10 e avrai un sconto del 10% su questo fantastico prodotto!” E se lo sostengono loro con migliaia di like, perché non tentare? La popolarità è legata anche al business ed a strategie di marketing da parte delle aziende. Le immagini proposte sui social, modificate o meno, mostrano corpi simil-perfetti naturali o con interventi di chirurgia estetica. I followers (seguaci) s’identificano e le imitano, con il desiderio di avere il loro stesso successo e seguito. Ovviamente il target di riferimento spazia dall’età adolescenziale a qualche anno in più. Inoltre c’è chi diventa famoso nel web grazie a particolari talenti come canto e ballo oppure per la propria originalità.
Un vero cambiamento?
Oggi i valori connessi all’influenza sociale concernono: bellezza, ricerca di perfezione estetica, successo, affermazione lavorativa, realizzazione personale, talento, potere, popolarità connessa ai media, alle immagini sexy, ai like, al numero di amici virtuali e followers. Paradossalmente se i corpi femminili vengono mostrati e ostentati in una sorta di liberazione sessuale, purtroppo conta ancora essere la fidanzata o la moglie di un personaggio famoso (aumentando, così, il proprio prestigio). Se nell’antichità lo spazio domestico era prettamente femminile, attualmente (e per fortuna) le donne hanno invaso quello pubblico, sia reale sia virtuale. Un fatto, però, non è mutato: single o coniugate, madri o senza figli che svolgono lavori “comuni” diventano famose solo per fatti di cronaca o straordinari. Chissà se, tra qualche anno, si parlerà di casalinghe, segretarie, insegnanti, disoccupate, studentesse, sociologhe, eroine della quotidianità-web influencer…
Arianna Caccia Laureata in Sociologia della salute e degli stili di vita, nutro un forte interesse per lo studio e l’analisi dei fenomeni sociali. Sempre pronta ad imparare e migliorarmi, amo leggere, scrivere, Vasco Rossi e Rino Gaetano e fare lunghe passeggiate in campagna.
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Fonti:
Francesca Cenerini Professoressa ordinaria Dipartimento di Storia Culture Civiltà Settore scientifico disciplinare: L-ANT/03 STORIA ROMANA Coordinatrice del Corso di Dottorato in Storia culture civiltà
Giulia Sfameni Gasparro, già Prof. ordinario di Storia delle Religioni nell’Università degli Studi di Messina, è Presidente della Società Italiana di Storia delle religioni, membro del Pontificio Comitato di Scienze Storiche e Honorary Life Member della European Association for the Study of Religions (EASR), di cui è stata Presidente negli anni 2000-2007, e della International Association for the History of Religions (IAHR).