”Ma quanti ruoli può assumere un individuo? E, nel caso specifico della donna, possono questi ruoli coincidere tra di loro…
DONNE: UN DIFFICILE RUOLO NELLA SOCIETÀ
Nel contesto sociale, di qualsiasi cultura si tratti, esistono ruoli sociali ascritti e acquisiti che, nel corso della vita, si modificano e tendono ad adattarsi costantemente al continuo cambiamento della società e dell’individuo stesso. I ruoli sociali ascritti sono quelli che si hanno dalla nascita. D’altro canto sono considerati acquisiti quei ruoli che si acquisiscono durante il corso della vita. Ed è così che un soggetto sociale, un “animale sociale” come, sociologicamente, è definito l’uomo, assume ruoli diversi a seconda delle situazioni che si trova dinanzi.
Ma quanti ruoli può assumere un individuo? E, nel caso specifico della donna, possono questi ruoli coincidere tra di loro o devono essere distinti e separati? È inevitabile pensare all’interazionismo simbolico di Goffman, sociologo americano che attraverso i suoi studi sulla società e dell’uomo all’interno di essa, aveva rappresentato “la vita sociale come una sorta di teatro in cui le persone assumono le diverse parti e agiscono come registi della loro vita e delle impressioni che destano negli altri”.
Ed ecco che ritorna il concetto di ruolo.
Ruolo può essere inteso il rappresentarsi, l’essere chi si è nelle varie sfaccettature della vita e combaciare, assemblare, unire, miscelare questi ruoli per essere quella persona, quel soggetto in grado di “fare”.
E la donna? Che ruoli può acquisire?
Può assumere diversi ruoli e sono molte, moltissime quelle che tentano in tanti modi di far conciliare il loro ruolo di donne nella società, di madre, di moglie, di lavoratrice. Sono tutti questi ruoli acquisiti, con modi e mezzi diversi che però, nel bene o nel male, accomunano tutte. C’è chi prima cerca di crearsi un ruolo professionale soddisfacente, che sia il coronamento magari di anni di studi e sacrifici; c’è chi invece vuole realizzarsi dapprima nella sfera affettiva e quindi decide di creare una famiglia, di avere dei figli.
Perché c’è ancora differenza tra uomo e donna?
“Ormai anche nei luoghi più remoti arriva, presto o tardi, la
constatazione che una donna può essere tecnico, ingegnere, chirurgo,
pilota d’aeroplano, filosofo, imprenditore, magistrato, poliziotto,
astronauta, protagonista degli studi più avanzati di biologia, fisica o
cosmologia… eccetera. In pratica può svolgere tutti i ruoli, compresi
quelli che tradizionalmente si consideravano maschili. Può guidare
un governo o una grande impresa-perfino combattere una guerra”.
Una donna ha le stesse capacità che ha un uomo in termini di riuscita professionale. Le statistiche ci informano che, oltretutto, si laureano e specializzano sempre più donne ma che purtroppo la precarietà del genere, passi questa espressione, non permette pienamente a queste ultime di percorrere la stessa strada degli uomini.
Genere e potere: le donne sono davvero alla pari degli uomini?
Quando si parla di concetti quali leadership, potere, autorità, comando, ruoli primari, carisma, si è soliti “affiancarli” al genere maschile. Ma sorge spontanea una domanda: perché? Quali differenze o quali motivazioni, qualora esistessero, portano i più a pensare che dietro questi concetti non possa esserci una figura femminile? Spesso si parla e ci si chiede che cosa manca e serve alle donne per arrivare a ricoprire ruoli di prestigio, di potere e se esistono delle differenze, implicite o esplicite, tra il genere femminile e quello maschile e in che cosa queste consistono. È importante capire quali competenze servono affinché un soggetto possa essere definito leader, a prescindere da un’analisi sessista.
Il concetto di leadership
La parola “leader” deriva dal verbo inglese to lead, ovvero “guidare”; per antonomasia il termine leader è usato come sinonimo di capo che, in un gruppo sociale, è chi ricopre un ruolo di comando o direzionale – da questo nasce il concetto di leadership – da intendere come un processo d’influenza sui membri del gruppo per il perseguimento degli scopi comuni. Come già detto, questi termini sono sinonimi tra di loro, se usati in senso lato. Possono però essere anche utilizzati secondo un’altra accezione, che va a considerare la fonte dell’autorità, il termine leadership, infatti, sta a indicare appunto un leader che guida dei seguaci in virtù dell’autorità che gli stessi gli hanno conferito dalla “headship”.
Per quanto invece concerne i gruppi formali, il capo ricopre una posizione di comando predefinita che esiste indipendentemente dalle persone alla quale viene di volta in volta attribuita. Dalle parole suddette non si evince una particolare ed evidente predisposizione al genere maschile, quindi, da questo punto di vista, spiegato cosa s’intende per leader/capo e come magari si arriva a ricoprire questo determinato incarico, le donne e gli uomini in che cosa sono diversi? Solo gli uomini possono ricevere meriti perché hanno fatto qualcosa di significativo? Solo loro possono ricoprire determinati incarichi socio-politici-economici-professionali? Non si direbbe!
La donna vede le cose con diverse prospettive
Le donne, forse spinte anche dal loro istinto materno, sono più propense anche ad ascoltare i problemi altrui e, da alcuni studi fatti, si evince che le donne a capo di aziende sono più portate a instaurare
rapporti oltre che professionali anche interpersonali con i dipendenti e non “stressano” come, in molti casi, fanno gli uomini nei confronti delle donne, ponendosi in una condizione di supremazia solo perché uomini. Ovviamente non è da considerarsi quest’ultimo un esempio generale, poiché sono episodi che avvengono solo in prevalenza di certe realtà produttive padronali. Sono molte le donne che oggi sono a capo di aziende, che queste facciano parte di multinazionali piccole o grandi poco importa, ma resta comunque il fatto che molte sono il motore dell’economia, della ricerca e quant’altro. “Ogni giorno esse lavorano e producono, gestiscono ambienti complessi, guidano gruppi professionali, governano climi organizzativi, ottengono grandi risultati in tanti e diversi campi”. Ci sono donne che pilotano aerei o addirittura li progettano, donne che sono a capo di ricerche sperimentali, che eccellono nello sport ma che non hanno i giusti riconoscimenti.
Una donna vede le cose da un’altra prospettiva, con occhi diversi ed è giunto il momento di capire che sono alla pari degli uomini per queste cose e non si deve nascondere tutto ciò, non c’è alcuna penalizzazione sessista se una donna ricopre un incarico che magari è sempre stato ricoperto da un uomo. Entrambi hanno capacità, che siano innate o acquisite, che possono portarli ad essere uguali in questi ambiti. Il potere, soprattutto per una donna, dopo le varie e importanti vicissitudini che l’hanno portata ad acquisire determinati diritti, è però talvolta legato al senso di colpa che muove nelle azioni più la donna che l’uomo.
La donna nell’immaginario collettivo
La donna, nella nostra cultura, come purtroppo ancora anche in altre, è radicata, nell’immaginario collettivo, come quel soggetto che deve essere portato solo a fare determinate cose, come ad esempio curare la casa, rispettare il marito, educare la prole e se è “in carriera”, cosa che può essere concessa solo all’uomo, è vista quasi come se stesse tradendo quello che è considerato il suo “mandato sociale”. Per arrivare a una condizione di parità di genere in ambito al potere, e non solo, non c’è bisogno soltanto che le donne continuino a uscire dal lungo tunnel di sottomissione di genere in cui si sono trovate per molto tempo e per vari motivi, ma c’è soprattutto bisogno che si combattano certi luoghi comuni che tengono ancorati pensieri ancora a concezioni errate radicate nelle nostre culture.
La capacità di creare qualcosa, di trasformare, di trasmettere, di cambiare è insita nell’essere umano senza nessun tipo di distinzione. Quindi il genere non è né una prerogativa, né una condanna: il genere
è solo e unicamente una distinzione scientifica, se così si può definire, perché poi, che sia un uomo o una donna a fare, dire, pensare, agire, non dovrebbe destare alcuno stupore.
Filomena Oronzo Laureata in Sociologia con specializzazione in Politiche Sociali e del Territorio, adoro leggere e scrivere. Per me fare sociologia è vivere il quotidiano in tutte le sue sfaccettature e peculiarità. Oggi sono assistente amministrativo all’I.R.C.C.S Burlo Garofolo di Trieste e soprattutto moglie e mamma, la più grande ricchezza in assoluto.
Fonte: Sociologicamente del 21 aprile 2021