Dunque, Draghi era stato chiamato come commissario straordinario per affrontare un’emergenza eccezionale

Mario Draghi mentre parla al Senato

DOPO I DRAGHI TORNERANNO GLI UMANI?


Dopo la pazzia di questi giorni infuocati e prima del delirio per la campagna elettorale d’agosto, proviamo a ragionare a mente fredda su quel che è successo.

Dunque, Draghi era stato chiamato come commissario straordinario per affrontare un’emergenza eccezionale. Il sottinteso era che presto sarebbe stata ripristinata la politica e la dialettica tra poli antagonisti. Il coronamento di questa chiamata sarebbe stato Draghi al Quirinale dove avrebbe potuto svolgere il ruolo di garante a livello internazionale ed economico, mentre l’Italia tornava a essere governata dalla politica, dopo il voto del popolo sovrano.

Ma al Pd non conveniva andare al voto, e nemmeno a tanti altri, da Renzi ai grillini e a Berlusconi. Sicché puntarono su Mattarella bis, garante del Pd e dei superpoteri e trovarono il folle consenso di Salvini e di Berlusconi. Quello fu l’errore d’origine, pagato in questi giorni. Sarebbe stato meglio arrivare allora a un muro contro muro o convergere sulla soluzione Draghi al Quirinale.

Invece è successo oggi, con una commedia avvilente in cui sono usciti a testa alta la Meloni e lo stesso Draghi, a testa bassa gli sconfitti Pd e Renzi, a testa mozzata Conte, e piuttosto ammaccati Salvini e Berlusconi per la giravolta. Bisogna pur dire che Draghi un po’ se l’è cercata: per restare ha preteso di avere più poteri. Non dico che l’abbia fatto apposta, ma mostrandosi sprezzante verso i grillini e incurante del centro-destra, li ha indisposti e li ha spinti a fare quel che molti di loro avevano gran voglia di fare da tempo: sdragare il governo. Comunque, per lui è stata una fortuna risparmiarsi un autunno di rincari, rinunce e restrizioni da lui stesso annunciate; e restare incompiuto nel mito.

Alla sua caduta, è partito il coro sulla catastrofe e la fine del mondo. Ma, a rifletterci, la sua caduta ha anticipato solo di un semestre la scadenza obbligata: anziché votare in primavera si vota in autunno. Qual è l’orrore, cosa sarebbe cambiato? Draghi avrebbe salvato l’Italia in quei pochi mesi e sarebbe stato riposto nel suo astuccio? Sarebbe stato maturo il tempo per un nuovo governo dei migliori? Meloni e Salvini si sarebbero estinti e avremmo così sventato il pericolo dei mostri al governo? Assurdo quel grido d’angoscia. A meno che qualcuno, dal Pd ai centrini sparsi, pensava di commutare la pena di Draghi in ergastolo, dichiarare cioè che dopo Draghi ci sarebbe stato ancora Draghi, a vita; l’emergenza non finisce, anzi si passa da un’emergenza all’altra, ergo dobbiamo tenerci il commissario straordinario al potere for ever.

È quello che diranno adesso, in campagna elettorale, con il culto feticista dell’agenda Draghi, una specie di reliquia sacra o di Corano, scoprendo il volto oligarchico e antidemocratico del fronte drago-sinistro. Ma poi non capisco la paura: se come voi dite, tutta l’Italia, anzi tutto il mondo, eccetto Putin e i putiniani, è dalla parte di Draghi, avremo elezioni che spazzeranno via a furor di popolo gli anti-draghiani e riporteranno al governo i devoti del dio Mario. Di che vi preoccupate? In realtà, sapete bene che questa narrazione da ex voto di Draghi, amato dai potenti ai barboni, dalle cancellerie ai cinghiali, era finta perché il paese reale, in gran parte, vuole ripristinare la democrazia. Può stimare Draghi o detestarlo; ma l’idea di vivere perennemente questa sospensione della democrazia e della politica nel nome dell’emergenza non piaceva a tanti, anche senza avercela con il banchiere centrale. Vogliono tornare alla realtà, finirla con lo stato d’eccezione.

Ora vivremo in forma accelerata la convulsione del quadro politico, perché metà dei politici dovrà velocemente riaccasarsi, ricollocarsi, riconoscere nuovi alleati nel giro di pochi giorni. Da Di Maio a Brunetta, da Gelmini a Carfagna, a Toti, più sciami di peones ormai homeless; ad essi si aggiungeranno Calenda e Renzi, e poi Casini, Mastella e Bonino alla ricerca di un fronte compatto, pur detestandosi a vicenda. Saranno uniti dall’antisovranismo e questo li porterà, inneggiando a Draghi, a incamminarsi sulla via del Pd (vale anche per Renzi che reclamando un fronte unito contro l’area Putin, implora d’imbarcarsi come una scheggia o ascaro del Pd). Ma è difficile che si uniranno in un solo fronte vagamente centrista, giacché si schifano, si pongono veti fra loro; al più si accoppieranno, si accorperanno in mini-agglomerati ma non daranno vita alla Grande Coalizione dei Sette Nani o alla Casa Comune degli scappati di casa.

Il tono della campagna elettorale sarà doppio: nostalgico (“Quando c’era Lui”, il Superdraghi e l’Agenda-Bibbia) e apocalittico (“se arriva la Meloni con i barbari finiremo all’inferno”).

A proposito, e il centrodestra? Resterà unito per le elezioni, subirà un attacco concentrico e intensivo senza precedenti, visti i tempi ristretti del voto. Avrà mille nemici, in più saprà largamente farsi del male da sé. In fondo Salvini ha cercato lo strappo dal governo in competizione con la Meloni, più che in accordo con lei, per arginare la sua vittoria e riconquistare gli elettori. Nonostante uno sciame di dubbi che si uniscono a mille riserve sulla sua linea, i suoi uomini, la sua classe dirigente, il centro-destra resta ancora favorito. Anzi diciamo pure che da queste elezioni o esce vincente il centro-destra o non ci saranno vincitori con una vera maggioranza, si riproporrà il caos e usciremo dalle elezioni peggio di come vi siamo entrati. Sul voto, su come regolarci, ci riserviamo di parlarne a breve. Intanto vediamo Draghi allontanarsi dalla riva come una tartaruga liberata dopo lunga cattività. A vederlo bene, le somiglia pure. Vedremo se strada facendo depositerà delle uova e dunque si riprodurrà, o se tornerà nei fondali della finanza, in attesa di nuovi incarichi sovranazionali. Dopo i gattopardi vennero gli sciacalletti e le iene; dopo i draghi verranno le cavallette o gli umani?

 

 

 

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