Se l’ateismo si propagasse diventerebbe una religione non meno intollerante di quelle antiche.

Gustave le Bon

   A pormi questa domanda, è stato un’intervista ad Alain de Botton, apparsa su La Lettura. “Sono cresciuto in una famiglia atea convinta, figlio di due ebrei laici, persuasi che la fede religiosa equivaleva pressappoco a voler bene a Babbo Natale” questo è quanto dice della sua famiglia Alain de Botton scrittore svizzero. E prosegue nel sostenere che la società laica rifugge l’idea della parola moralità, o predica. Che non è necessario che l’arte debba trasmettere un messaggio edificante o incarnare un progetto etico. La fede è soltanto un «rimedio all’angoscia dell’insensatezza della vita», scrive il filosofo e psicanalista Umberto Galimberti. L’ateismo (la parola deriva dal greco átheos, da theós “dio”, col privativo -a- che non ha) esso nasce come confutazione delle pretese dei credenti che Dio esista: benché, per essere atei, sia più che sufficiente non essere persuasi dell’esistenza di Dio. Così facendo, gli atei ritengono che l’assenza di evidenze a favore dell’esistenza di Dio prodotte dai credenti, a cui spetta l’onere della prova, sia già un argomento sufficiente per negare qualsiasi entità sovrannaturale (così come, per gli agnostici, è già un argomento sufficiente per non esprimersi affatto sulla questione). Euclide scrisse: «ciò che può essere asserito senza prove concrete può essere anche rifiutato senza prove concrete». Se per credere in Dio bisogna rinunciare alla ragione, e sostenere che la ragione umana è troppo presuntuosa, quando pretende di dire la sua su questioni che «la ragione stessa non può dimostrare», allora si può teoricamente credere a qualunque cosa, anche a una teiera di porcellana orbitante tra la Terra e Marte. Così si espresse Bertrand Russell un antiteista convinto.

   Anche Sigmund Freud aveva evidenziato come i meccanismi psichici riescono a far nascere il senso del sacro nella nostra mente, come pura illusione, partorita dalla nostra mente, in tedesco si direbbe Besetzung per dire che con poco si riceve molto. E ancora: “L’uomo tende a costruirsi una falsa rappresentazione della realtà, utile per evitare la nevrosi da iper-investimento psichico…”. Un altro pensatore ateo è il matematico Piergiorgio Odifreddi che in un suo libro: “Perché non possiamo essere cristiani” e nel sottotitolo specifica; (e meno che mai cattolici), – nessuno che metta mai in discussione la fede verso il Dio dei mussulmani ad esempio, che ha la stessa radice ebraico-cristiana – si cimenta con il considerare il libro della Genesi “La prima stazione della nostra via crucis è l’inizio di tutti gli inizi” egli, come uomo di scienza, considera che, affermare che quello della Bibbia, sia l’unico Dio sia una “bestemmia” nei confronti di chi, come Pitagora, Platone, Spinoza, Einstein, hanno da sempre identificato l’universo con l’intelligenza e l’armonia del mondo. A leggere quei nomi così importanti e attribuire loro un totale ateismo è troppo riduttivo e troppo comodo.

   L’affermazione della morte di Dio da parte di Nietzsche non è espressione di ateismo, come qualcuno può pensare. Un pensatore come Nietzsche non ha nulla a che spartire con un volgare ateista. Anche Hegel, che si professava filosofo cristiano, affermava che la proprietà essenziale del monoteismo cristiano consisteva nel pensare la morte di Dio. C’è un modo di pensare questa morte che può essere propriamente cristiano, che anzi costituisce la proprietà specifica del cristianesimo. Per poter capire a fondo l’affermazione “Dio è morto” bisogna addentrarci in uno scenario più complesso e rifarsi ai greci.

   I greci avevano un tempo ciclico che ripeteva se stesso. Un tempo come quello degli agricoltori. Chi è giovane ha visto pochi cicli, mentre chi è anziano è sapiente perché ha visto tanti cicli. E per questo che i giovani imparano dagli anziani. Siccome il ciclo ripete se stesso non c’è alcuna ricerca di senso. Il tempo è una ripetizione eternamente ripetitiva e per questo non c’è alcun senso, coscienza, sentimento. I greci non hanno una storia, avere una storia significa “essere testimone, fare un’ispezione visiva”. Erodoto è un cronista perché riferisce ciò che ha visto nei suoi viaggi e non perché traccia un senso storico che avrebbe bisogno di una fondazione del tempo. Tucidide inizia le sue storie 10 anni prima della sua nascita perché prima non è successo niente d’importante, che significa io non c’ero. Di Platone potremmo semplicemente citare l’Apologia di Socrate che a un certo punto fa dire a Socrate: “Ma ecco è l’ora di andare, per me di andare a morire, e per voi di continuare a vivere; chi di noi vada verso un migliore destino è oscuro a tutti fuori che al dio”.

   La tradizione cristiana introduce un altro concetto di temporalità. Quando il tempo ha senso nasce la storia. Il cristianesimo è inserito in una parabola sensata, alla fine si realizza ciò che è stato annunciato. La resurrezione di Gesù. Il “Dio è morto” del termine nietzschiano ha un significato nel mondo contemporaneo, in quanto se tolgo la parola tecnica o la parola denaro, annullo maggiormente il mondo di oggi. Se tolgo la parola Dio il mondo di oggi non se ne accorge nemmeno. Dunque Dio non fa più mondo, significa che “è morto”, cioè viene a mancare un punto di vista assoluto per guardare e significare il mondo nella storia.

   Se prendiamo poi Baruch Spinoza il grande filosofo Olandese, e lo classifichiamo come ateo, sbagliamo. Quando ricevette la scomunica il 27 luglio 1656 l’eresia che gli contestarono era quella di non credere all’immortalità dell’anima. Mentre il suo pensiero era di non voler identificare un Dio-uomo come quello biblico. Non che Spinoza non credesse nella Bibbia, anzi, da essa diceva si possono trarre fonti d’insegnamenti morali, ma diceva che non per questo esse sono delle verità. Come si vede egli, non si considerava ateo nel termine che noi diamo alla parola ma, casomai, studioso del termine Dio. Un filosofo contemporaneo – che abbiamo già citato – Umberto Galimberti ha detto in fatto di atei: «A me non piace la definizione di “ateo” perché ad affibbiarmela sono coloro che credono in Dio e guardano il mondo esclusivamente dal loro punto di vista, dividendolo in quanti credono o non credono. In questa etichettatura c’è tutta la prepotenza del loro schema mentale, che fa della loro fede la discriminante tra gli uomini». Dio e il cristianesimo hanno dato vita e forma all’Occidente, ma in seguito ha desacralizzato il sacro, in quanto ha responsabilizzato Dio per tutto il bene e Satana per tutto il male. Ha preferito la razionalità della filosofia greca con cui ha costruito la sua teologia al comandamento dell’amore che è l’essenza del messaggio evangelico. Per contare ancora qualcosa nel nostro mondo dominato dalla tecnica, questo cristianesimo ormai del tutto esangue e desacralizzato, un cielo vuoto, si è ridotto a un’agenzia etica, che si pronuncia su aborto, fine vita, scuola pubblica e privata, lasciando senza protezione religiosa i credenti che devono vedersela da soli con l’abisso della propria follia, che il sacro sapeva rappresentare e la ritualità religiosa placare.

   Penso che il grande errore di alcune religioni, sia stato quello di aver attribuito al dio un antropomorfismo teologico, mentre se immaginiamo un dio che mai ha avuto a che fare con l’uomo, ma un Dio universale, inteso nel più alto e infinito concetto del termine, forse, dico forse, potremmo anche pensare che esista.

Featured image, Joseph-Nicolas Robert-Fleury. Processo a Galileo Galilei. 

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