Intrighi d’élite, ombre sul potere: tra le pieghe del dissidio Musk-Trump si agita un fantasma troppo scomodo per venire alla luce.

FRA TRUMP E MUSK IL FANTASMA DI EPSTEIN E DEL MOSSAD

Il Simplicissimus

Sotto la superficie del duello a distanza tra Donald Trump ed Elon Musk, tra meme, provocazioni e annunci via social, si cela un conflitto ben più oscuro e profondo. Il vero nodo potrebbe ruotare attorno alla figura di Jeffrey Epstein, il faccendiere dell’élite mondiale la cui rete di traffici e compromessi continua a produrre scosse telluriche in luoghi insospettabili del potere globale. In questo scenario, si insinua anche il Mossad, evocato come spettro onnipresente che veglia su dossier mai completamente rivelati. L’articolo esplora il possibile legame tra lo scontro Musk-Trump e il silenzio tombale che circonda ancora oggi il “caso Epstein”, malgrado le reiterate promesse di rivelazioni definitive: dai contatti tra l’isola privata e misteriose location negli Stati Uniti, alle implicazioni nell’indagine su Sean “P Diddy” Combs, accusato di traffico di minori. Emerge un quadro disturbante: quello di un sistema che, anziché cadere, si riorganizza in silenzio, difeso da media compiacenti e apparati paralleli. Con un focus particolare sulla rivelazione di marzo 2025 di Near Intelligence – la mappa dei dispositivi cellulari collegati all’isola – il pezzo suggerisce che la guerra fredda tra Musk e Trump possa essere solo il riflesso di una partita ben più grande, in cui le parole non dette e le connessioni censurate parlano più di mille tweet.


A quanto sembra di capire il dissidio reale tra Elon Musk e Trump, non riguarda affatto le questioni di lotta e di governo che vengono agitate nel duello a distanza fra i due a colpi di social, ma sul caso Epstein che è ancora un pozzo senza fondo dal quale non emerge alcuna luce, nonostante a più riprese siano state annunciate rivelazioni sia dai dossier di questo faccendiere della pedofilia, che dall’inchiesta sul produttore musicale Sean Combs, meglio conosciuto con lo pseudonimo di “P Diddy”, accusato di tratta dei minori. E il tycoon di Tesla ha fatto esplicito riferimento a questi misteri sottintendendo che qualcuno li blocca, e questo qualcuno potrebbe essere proprio Trump. Nel marzo scorso la società Near Intelligence ha reso nota la mappa delle comunicazioni cellulari da e verso la famosa isola di Epstein: si tratta di 166 posizioni di potenziali visitatori provenienti dagli Stati Uniti e da tutto il mondo. Alcune di queste posizioni indicano comunità sorvegliate da corpi armati privati in Michigan e Florida, case a Martha’s Vineyard e Nantucket, una discoteca a Miami e il marciapiede di fronte alla Trump Tower a New York. Una notizia troppo golosa ancorché assolutamente vaga e insignificante, perché il mainstream non vi saltasse a cavallo. Ma da quel marciapiede della quinta strada e vicino all’ingresso di Central Park, ci passa tutta Manhattan.

Ma poi si è scoperto che questa Near Intelligence è recentemente fallita, travolta da scandali su frodi interne, quindi diciamo che non è poi troppo affidabile. E tuttavia Musk si è appeso a questo filo di ragno per polemizzare con Trump: se sapeva qualcosa perché non lo ha detto prima o addirittura perché ha accettato di far parte dell’amministrazione, sia pure pro tempore? Forse allora la questione è un altra, sebbene collaterale al caso Epstein. Secondo Wikileaks, il motivo reale del contendere consiste nella decisione di Trump di rafforzare la sua alleanza con Palantir, il gigante della tecnologia di sorveglianza legato a Israele e alla Cia, il quale sta costruendo un database di cittadini statunitensi e occidentali di vasta portata, basato sull’intelligenza artificiale, che incorpora dati su tutto, dall’attività politica, alle opinioni, alle inclinazioni sessuali, al possesso di armi. Questa tendenza al controllo sta suscitando allarme anche, se non soprattutto, all’interno del movimento pro-Trump “America First” dove ci si sta chiedendo se la creazione di un database controllato da Cia/Mossad… non sia proprio l’apice di quello stato profondo che si voleva combattere. Dunque, saremmo di fronte a una vera e propria battaglia politica e non a caso Musk sta pensando di creare un proprio partito raccogliendo il forte disagio che il via libera a Palantir sta suscitando nella base trumpiana.

Come possiamo legare tutto questo agli accenni su Epstein? Quasi ovvio: molte testimonianze raccontano del rapporto tra Epstein e il Mossad, tra cui quella di Ari Ben-Menashe, una ex spia israeliana e consigliori di Robert Maxwell, il magnate inglese della stampa, secondo cui il finanziere conduceva una complessa operazione di intelligence per conto dei servizi di Tel Aviv. quale missione? Quella di compromettere le élite occidentali attraverso incontri pedofili, in maniera da poterle ricattare. Anche senza voler dar credito a questo personaggio ci sono altre piste, per esempio i 36 incontri fra Epstein ed Ehud Barak, primo ministro israeliano dal 1999 al 2001 e successivamente ministro della difesa legato a doppio filo all’operazione “piombo fuso” contro Gaza, svoltasi tra il dicembre del 2007 e il gennaio del 2009. Oppure si potrebbe ricordare il caso Acosta, un procuratore della Florida e poi ministro della giustizia nella prima amministrazione Trump, che aveva attenzionato Epstein e i suoi giri, ma che venne dissuaso dal proseguire perché si trattava di andare contro a poteri troppo forti.

Ora può anche darsi che la litigata fra Trump e Musk sia una sorta di messa in scena, magari approntata per distogliere l’attenzione dalla catastrofe diplomatica in Ucraina, ma in ogni caso segnala le profonde crepe in cui si sta fratturando l’America. Al di là di questo si può comprendere quale possa essere l’imbarazzo nel prendere posizione contro le stragi di Gaza da parte di una vasta fetta di potenti sotto ricatto.

Redazione

 

 

 

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