”il lupo altro non era che il primo sostituto paterno
FREUD – IL SOGNO DEI LUPI
Un giovane che per i suoi ricordi d’infanzia individua come punto di riferimento il fatto che i suoi genitori – quando egli non aveva ancora cinque anni – si erano trasferiti da un possedimento di campagna a un altro, racconta questo sogno, che a suo dire è il primo della sua vita ed è avvenuto quando egli si trovava ancora nella prima tenuta:
«Sognai che era notte e mi trovavo nel mio letto (il letto era orientato con i piedi verso la finestra e davanti ad essa c’era un filare di vecchi noci; sapevo ch’era inverno mentre sognavo, e ch’era notte). Improvvisamente la finestra si aprì da sola, e io, con grande spavento vidi che sul grosso noce proprio di fronte alla finestra stavano seduti alcuni lupi bianchi. Erano sei o sette. I lupi erano tutti bianchi e sembravano piuttosto volpi o cani da pastore, perché avevano una lunga coda come le volpi, e le orecchie ritte come quelle dei cani quando stanno attenti a qualcosa. In preda al terrore – evidentemente di esser divorato dai lupi – mi misi a urlare e mi svegliai. La bambinaia accorse al mio letto per vedere cosa mi fosse successo. Passò un bel po’ di tempo prima che mi convincessi che era stato soltanto un sogno, tanto naturale e nitida mi era parsa l’immagine della finestra che si apre e dei lupi che stanno seduti sull’albero. Finalmente mi tranquillizzai, mi sentii come liberato da un pericolo, e mi riaddormentai».
«L’unica azione contenuta nel sogno fu l’aprirsi della finestra, poiché i lupi stavano seduti tranquilli e immobili sui rami dell’albero, a destra e a sinistra del tronco, e mi guardavano. Era come se avessero rivolto su di me tutta la loro attenzione. Credo che questo sia stato il mio primo sogno d’angoscia. Avevo tre o quattro anni, cinque al massimo. Da allora, fino agli undici o dodici anni, ho sempre avuto paura di vedere in sogno qualcosa di terribile».
Il giovane aggiunge quindi un disegno dell’albero coi lupi che conferma la sua descrizione.
L’analisi del sogno porta alla luce il materiale seguente.
Egli ha sempre messo in relazione questo sogno con il ricordo della straordinaria paura provata in quegli anni dell’infanzia per la figura di un lupo che si trovava in un libro di fiabe. La sorella più grande, decisamente superiore a lui, aveva l’abitudine di stuzzicarlo mostrandogli continuamente con una scusa o con l’altra proprio quella figura, al che egli, atterrito, si metteva a urlare.
Nella figura il lupo era rappresentato eretto, con un piede proteso, gli artigli sporgenti, le orecchie ritte. Secondo il giovane si trattava di un’illustrazione della fiaba di Cappuccetto Rosso.
Perché i lupi sono bianchi? Questo particolare gli rammenta le pecore, che in grandi greggi si aggiravano nei dintorni della tenuta. Di tanto in tanto il padre lo conduceva con sé a visitare queste greggi ed egli ne era ogni volta tutto fiero e felice. Più tardi (a quanto risulta dalle informazioni raccolte, probabilmente poco prima del sogno) fra queste pecore scoppiò un’epidemia. Il padre fece venire un allievo di Pasteur che vaccinò le bestie; ma dopo la vaccinazione ne morirono più di prima.
Come hanno fatto i lupi a salire sull’albero? A questo proposito gli viene in mente una storia che aveva sentito raccontare dal nonno, non ricorda più se prima o dopo il sogno. Tuttavia, il contenuto di essa depone decisamente a favore della prima ipotesi.
Ecco la storia. Un sarto stava seduto al lavoro nella sua stanza, ed ecco che la finestra si apre e balza dentro un lupo. Il sarto gli scaglia addosso la misura – anzi no… si corregge il giovane – lo acchiappa per la coda e gliela strappa, sicché il lupo fugge via terrorizzato.
Qualche tempo dopo il sarto va nel bosco, a un tratto vede avvicinarsi un branco di lupi e per evitarli cerca rifugio su un albero. I lupi dapprima non sanno che fare, ma quello mutilato, che si trova fra loro e vuole vendicarsi del sarto, propone ai compagni di montare uno sull’altro in modo che l’ultimo possa raggiungere il sarto. Lui stesso – un vecchio lupo robusto – farà da base alla piramide.
I lupi seguono il suo consiglio ma il sarto ha riconosciuto il visitatore punito e a un tratto grida come quel giorno: «Acchiappare il grigio per la coda!». A questo ricordo il lupo senza coda scappa via atterrito e tutti gli altri ruzzolano a terra.
In questo racconto compare l’albero sul quale nel sogno i lupi stanno seduti. Non solo; esso contiene altresì un’allusione non ambigua al complesso di evirazione. Il vecchio lupo è stato dal sarto amputato della coda. Le code volpine dei lupi del sogno sono probabilmente compensazioni per questa coda mancante.
Perché i lupi sono sei o sette? Sembra che questa domanda non debba avere risposta finché io non avanzo il dubbio che forse la figura che gli incuteva tanta paura non si riferiva alla fiaba di Cappuccetto Rosso. Quest’ultima offre lo spunto soltanto a due illustrazioni – la scena di Cappuccetto Rosso che incontra il lupo nel bosco e quella in cui il lupo giace nel letto con la cuffia della nonna. Quindi dietro al ricordo di quella figura si cela presumibilmente un’altra fiaba.
Egli scopre ben presto che non può trattarsi che della storia del Lupo e i sette capretti. Qui si trova il numero sette, ma anche il sei, poiché il lupo divora soltanto sei capretti mentre il settimo si nasconde nella cassa del pendolo. Anche il colore bianco compare nella storia, perché il lupo si fa infarinare la zampa dal fornaio dopo che i capretti, alla sua prima visita, l’avevano riconosciuto dalla zampa grigia.
Le due fiabe hanno del resto molti elementi in comune: in entrambe c’è il divorare, la pancia che viene aperta con un taglio, l’estrazione di coloro che sono stati divorati, la loro sostituzione con grossi sassi; infine, in entrambe le fiabe il lupo cattivo perisce. Inoltre, nella fiaba dei capretti compare anche l’albero: infatti dopo il pasto il lupo si sdraia sotto un albero e russa.
Per un motivo particolare dovrò occuparmi ancora di questo sogno in altra sede, e allora ne interpreterò e valuterò più a fondo il significato. Esso è infatti il primo sogno d’angoscia che il soggetto ricordi della sua infanzia e il contenuto di esso, messo in relazione con altri sogni che seguirono poco dopo e con alcuni episodi dell’infanzia del sognatore, presenta un particolarissimo interesse.
Qui ci limiteremo al rapporto fra il sogno e due fiabe che hanno molti elementi in comune, quella di Cappuccetto Rosso e quella del Lupo e i sette capretti.
L’impressione prodotta da queste fiabe si manifestò, nel piccolo sognatore, in una zoofobia vera e propria che si distingueva da altri casi analoghi per un unico fatto: l’animale che suscitava angoscia non era un oggetto facilmente accessibile alla percezione (come il cavallo, per esempio, o il cane), ma era noto al bambino soltanto dai racconti e dai libri illustrati.
Mi riservo di occuparmi in altra occasione della spiegazione di queste zoofobie e del significato che ad esse va attribuito. Qui anticiperò soltanto che questa spiegazione è in perfetta armonia con le principali caratteristiche che la successiva nevrosi del sognatore portò alla luce. La paura del padre era stata la ragione che più fortemente lo aveva indotto ad ammalarsi e un atteggiamento ambivalente nei confronti di ogni figura sostitutiva del padre dominò d’allora in poi la sua esistenza non meno che il suo comportamento durante la cura.
Se nel caso del mio paziente il lupo altro non era che il primo sostituto paterno, c’è da domandarsi se la fiaba del lupo che divora i capretti e quella di Cappuccetto Rosso celassero in sé qualcosa di diverso dalla paura del padre. Inoltre, il padre del mio paziente aveva la peculiarità di indulgere nella «sgridata affettuosa», a cui del resto sono avvezze molte persone nei rapporti coi propri figli. E la minaccia scherzosa: «Adesso ti mangio!» sarà risuonata probabilmente più di una volta nei primi anni, allorché quel padre – divenuto in seguito assai severo – usava giocare col figlioletto e vezzeggiarlo.
Una mia paziente mi ha raccontato che i suoi due bambini non erano mai riusciti a voler bene al nonno poiché, giocando affettuosamente, costui soleva spaventarli dicendo che avrebbe tagliato loro il pancino.
(Freud, Materiale fiabesco nei sogni)