”L’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza è ripresa
GAZA, GUERRA DI LOGORAMENTO
Come era previsto, e facilmente prevedibile, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza è ripresa. Il governo di Gerusalemme non poteva permettersi ulteriori esitazioni. Un prolungarsi della tregua per ottenere lo scambio di tutti gli ostaggi. Che Hamas stava centellinando, proprio per prolungare il periodo di tregua, ed avere così il tempo di riorganizzare le sue forze.
Di fatto, la mediazione del Qatar, pronuba Washington, si è rivelata un mezzo fallimento. Non è riuscita nell’intento di ottenere la liberazione di tutti gli ostaggi nelle mani di Hamas e dei gruppi, ancora più difficili da controllare, del Jihad Islamica. E il conflitto è ripreso in modo forse ancora più cruento.
Per altro il casus belli sono stati degli attentati rivendicati da Hamas. O meglio, da delle frange dell’organizzazione, che è tutt’altro che un monolite unitario. Piuttosto una galassia variegata di gruppi, che spesso agiscono al di fuori delle logiche della direzione politica. Che, risiedendo a Dubai, ha un controllo molto relativo, e soprattutto una percezione nebulosa, della realtà di Gaza.
A questo punto, comunque, la domanda d’obbligo è quali prospettive abbia Israele. E, soprattutto, quali opzioni vengano prese in considerazione dal suo grande alleato. Washington.
Perché se Netanyahu si trova davanti ad una situazione di impasse, Biden, o meglio la sua Amministrazione non sta meglio. Anzi…
La scommessa sulla mediazione del Qatar si è rivelata (parzialmente) fallimentare. E la prova muscolare di mandare in loco la flotta, forte delle due portaerei, La Ford e l’Eisenhower, non ha sortito l’effetto di stanare Teheran. E neppure il suo più stretto, e forte, alleato arabo. Il libanese Hezbollah.
Al di là dei proclami e delle minacce, il governo iraniano si sta guardando bene da un diretto interventi nel conflitto di Gaza. Che avrebbe portato all’inevitabile reazione statunitense. Con ogni probabilità ciò su cui contavano i falchi di Washington, per regolare, una volta per tutte, i conti con gli ayatollah.
Quanto a Nasrallah, il leader politico/religioso di Hezbollah si sta limitando ad azioni di disturbo sul confine libanese. Che sortiscono l’effetto di costringere una parte considerevole dell’esercito di Israele su quel Limes.
Una strategia, a quanto sembra, seguita anche dagli Houthi yemeniti, altro satellite iraniano, che stanno rendendo sempre più insicure le rotte per il Golfo di Aden.
Questa situazione potrebbe, se prolungata nel tempo, riflettersi sul progetto indiano di una via alternativa a quella della Seta Marittima, o “Nobile filo di perle”, su cui punta la Cina.
Un progetto molto caldeggiato, inutile dirlo, da Washington.
Secondo molti analisti, ed anche alcuni esponenti politici israeliani, l’unica possibile soluzione sarebbe rappresentata dal “neutralizzare” buona parte della Striscia di Gaza. Respingendo centinaia di migliaia di palestinesi in direzione del Sinai.
Però osta la decisa opposizione dell’Egitto. Al-Sisi non vuole assolutamente addossarsi un tale onere.
E, soprattutto, mettersi in casa uomini legati ad Hamas. E a quella Fratellanza Musulmana che considera il suo peggior nemico interno.
L’altra opzione, avanzata da Washington, di appoggiare la riconquista di Gaza da parte dell’Autorità Palestinese, sembra abortita sul nascere.
Abu Mazen non ha la forza, ed è figura troppo scialba per contrastare efficacemente Hamas. Ed anzi sta rischiando seriamente di perdere il controllo anche di vaste aree della Cisgiordania.
E, poi, Netanyahu continua a ritenere gli eredi di Al Fatah una minaccia molto più seria di Hamas. Soprattutto una minaccia per quelle “colonie” israeliane in Cisgiordania che ha sempre difeso. Ricevendone, in cambio, un forte appoggio politico elettorale.
Stanti così le cose, è ben difficile prevedere una fine a breve della crisi.
La guerra, estenuante e sanguinosa, sembra destinata a continuare ancora a lungo. Una guerra di logoramento. E sarà da vedere quale, fra Israele ed Hamas, ne uscirà in prospettiva più logorato.
A margine, è impossibile non notare che la strategia dell’Amministrazione Biden di sfruttare conflitti locali per “risolvere” rapidamente problemi con antagonisti storici -Russia e Iran – di sta rivelando un boomerang.
Rendendo sempre più incerto proprio il controllo statunitense su queste aree. In sostanza… logorando il primato di Washington.