Marcello Veneziani smonta il mito dell’Europa dogmatica
GLI EUROFANATICI SONO I PRIMI NEMICI DELL’EUROPA
Marcello Veneziani
È l’ultimo affondo intellettuale di Marcello Veneziani, che smaschera l’illusione di un’Europa idolatrata ma svuotata, trascinata verso la guerra mentre i suoi principali attori globali – Russia, Ucraina, Stati Uniti – iniziano a trattare la pace. Con lucidità tagliente e vis polemica, Veneziani denuncia il paradosso tutto italiano: nel momento in cui il continente rischia l’autodistruzione economica e geopolitica, il dibattito pubblico si accanisce sulla lettura moralistica del Manifesto di Ventotene, come se la salvezza dell’Europa passasse da un dogma ideologico anziché da una visione politica concreta. Questo pamphlet incalzante mette a nudo il fanatismo europeista, che – lungi dall’essere un baluardo di civiltà – rischia di trasformarsi nel primo vero nemico dell’Europa reale. Veneziani invita a recuperare lo spirito critico, il senso della storia e l’amor patrio, in una riflessione che è anche un appello alla ragione e alla libertà di pensiero. (f.d.b.)
Ma davvero davanti all’Europa che va alla guerra mentre Russia, Ucraina e Usa stanno trattando la pace, svenandosi con una cifra pazzesca e un’impresa velleitaria, il problema del nostro paese è il giudizio storico sul manifesto di Ventotene? Sarebbe stato un tema significativo sul piano storico e politico, affrontare in un convegno questo mito, questo dogma di Ventotene; ma farlo davanti a una questione così grossa, grave, cocente mi sembra per metà una follia ideologica e per metà una diversione furba. Tacere del nuovo massacro di Gaza con oltre 400 morti, e dividersi, strillando e accapigliandosi, su Spinelli e compagni, mi sembra un’ulteriore ipocrisia.

E affidare a Roberto Benigni, che è la continuazione di Mattarella con altri mezzi, il compito di adorare i Re Magi di Ventotene e sperticarsi a dire che l’Unione Europea, che sta affondando nel tragico e nel grottesco, sia la costruzione più importante degli ultimi cinquemila anni, è la dimostrazione che non ci sono più confini tra la verità e la comicità, la storia e il ridicolo. Significa offendere una civiltà millenaria, confondendo Carlo Magno con Romano Prodi; la civiltà greca, romana e cristiana con la von Der Leyen e la sua pessima comitiva armata fino ai denti. Peraltro, se qualcosa di europeo c’è stato nel dopoguerra lo dobbiamo soprattutto a statisti d’ispirazione cristiana, più che a euro-giacobini e social-comunisti.
Come avrete capito, mi riconosco appieno nella civiltà europea, ammiro la sua storia millenaria, so distinguere tra la grande storia e i titoli di coda in appendice. E verso Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nutro il rispetto verso tre uomini coerenti che patirono il confine per le loro idee. Ma quelle idee non sono le mie, e non portarono bene all’Europa. E non solo per i passaggi che la Meloni ha evidenziato, circa la necessità di una dittatura pedagogica delle élite sull’Europa e un furore socialista aggravato da un orizzonte individualista. Quell’utopia fu la stessa di Piero Gobetti, e poi del Partito d’azione, che sognavano un mondo liberale e socialista, pensavano anche loro a una dittatura pedagogica, profondamente anticattolica e sostanzialmente atea e neo-illuminista e ritenevano con Gobetti che perfino i soviet, la rivoluzione bolscevica, fossero un esempio di rivoluzione liberale.
Ora, capisco che si possa avere un’altra idea dell’Europa e della politica ma ritenere che quella sia l’unica idea giusta dell’Europa, che quel Manifesto sia un dogma e una verità di fede che non si può discutere se non a patto di essere blasfemi e dissacratori, a me pare una follia e un esercizio di cecità.
Allora lasciamo da parte gli estremisti e i fanatici, i giacobini europei e anche i sanfedisti, e proviamo a ragionare in tema di Europa. C’erano due modi per fare l’Europa. Uno è quello di integrare le nazioni europee in un progetto confederale e condiviso; quello, per intenderci che De Gaulle definì l’Europa delle patrie. L’altro è quello di disintegrare le nazioni in un progetto utopistico e velleitario, in cui l’Europa è solo il gradino per una specie di Internazionale socialista e libertario ritenendo che non i nazionalismi ma le nazioni, le patrie, fossero un male da sradicare.
La prima Europa discende dalla sua storia e dalla sua civiltà, proviene dalla grecità, dalla romanità e dalla cristianità, riconosce la sovranità degli stati e l’identità delle nazioni, e cerca di trovare un terreno comune solido e vero per far sorgere non contro ma sopra le nazioni, una realtà sovraordinata chiamata Europa. La seconda Europa ritiene invece di essere figlia del cosmopolitismo dei Lumi e della guerra di liberazione dalle religioni e dalle tradizioni, dalle patrie e dalle sovranità nazionali, nel nome di un progressismo radicale, individualista per quel che concerne il suo “liberalismo” e socialista per quel che riguarda il suo “egualitarismo”. Il motore e il riferimento dei primi è l’Europa dei popoli, quello dei secondi è l’Europa delle oligarchie illuminate, le minoranze che detengono la verità.
L’Unione europea non ha un progetto e un disegno, ma la sua prassi come la sua ideologia inclina più verso la seconda concezione dell’Europa: è un caso che quest’Europa ogni giorno mostra il suo fallimento, la sua lontananza dalla realtà e dai popoli, la sua espressione tecnocratica e finanziaria, giustificata ideologicamente da quell’inclinazione verso il politically correct e l’ipocrisia di un pacifismo umanitario che poi si schiera per la guerra e per il riarmo, anche perché si tratta di far arrivare soldi agli utilizzatori finali.
Insomma, la disputa non è tra nazionalisti ed europeisti, tra oscurantismi e umanitari, ma tra due diverse idee dell’Europa; poi ai bordi ci sono da una parte i nazionalisti e dall’altra l’ultrasinistra radicale e internazionalista. Ma se provi a fare un ragionamento del genere ti impediscono di farlo, sei solo un nemico di Ventotene, dunque un nazifascista, un antieuropeista, un reazionario. E così si va avanti giorno dopo giorno, anno dopo anno, eurofallimento dopo eurofallimento.
