Linguaggio politicamente corretto e la Neolingua. Il Grande inganno. Nelle parole di Humpty Dumpty c’è l’intero suo impianto: la torsione delle parole per far assumere loro significati graditi al potere padrone del linguaggio

IL GRANDE INGANNO

 

Parte Seconda

 

  • 3. Un sistema di potere, un tabù
soft power

Il XXI secolo ha bisogno di un sistema di potere allucinogeno: le masse devono essere convinte di godere di ampie libertà e di avere grandi possibilità individuali. Un esercito di finti “pezzi unici”, sospinti verso comportamenti, gusti, reazioni assolutamente identiche e previste. È il principio del “soft power”, che agisce per linee interne, a livello subliminale, persuasivo, per coazione a ripetere, mostrando ed imponendo modelli, ottenendo senza violenza fisica comportamenti e attitudini predeterminate. Per rafforzare il dominio è necessario estirpare il pensiero critico, disattivare quelle aree del cervello in cui nascono, si formano e sviluppano le idee e si conservano i giudizi. All’ homo consumens et desiderans(L.C.) si offrono insieme un ampio pacchetto di nuovi pregiudizi e la disistima di se stesso. Infatti, il P.C. è un’accattivante confezione di preconcetti basata su un unico postulato: l’uguaglianza paranoica, ossessiva, superstiziosa, che diventa uniformità e gabbia. Timoroso di se stesso, l’uomo mette a confronto la sua percezione di fatti, il proprio principio di realtà, lo trova diverso dalla visione “ufficiale”, e censura se stesso, si considera cattivo in quanto giudica altrimenti, e, nella maggioranza dei casi, si conforma, sino ad introiettare come verità ciò che il suo proprio convincimento rifiuta. Lavaggio del cervello.  

La coazione a ripetere del P.C. è collegata al cambio di significante, ma anche al doppio timore di esporsi alla riprovazione sociale, con conseguente stigmatizzazione, e di sembrare, o addirittura essere persone malvage, maleducate, senza cuore, di idee antiquate. Autocensura allo stato puro, specie per quanto riguarda la prospettiva di non essere considerati all’altezza dei tempi, progrediti, “moderni”.

Eppure, esprimere differenze attraverso vocaboli distinti che designano sfumature, distinguono aspetti specifici, indicano, precisano, dettagliano, è l’esercizio principale del nostro pensare ed essere nel mondo; disegna la mappa concettuale del nostro orientamento interiore, i punti di vista che diventano criteri generali. Esattamente ciò che gli iperpadroni non vogliono: per questo ci forniscono un navigatore multiuso, il GPS universale, con la via indicata imperativamente, senza scorciatoie e percorsi alternativi.

Un cieco è non vedente, un sordo non udente. Questo non cambia la loro condizione, ma la nostra. Il cieco, o chiunque altrimenti menomato, in una comunità tradizionale ha diritto ad una certa attenzione, lo si deve aiutare, essere concretamente solidali con lui. Il non vedente, tranne la luce degli occhi, è come me, non gli devo nulla. Dall’egalitarismo forsennato all’individualismo indifferente. Ogni società vive di permessi e proibizioni. La nostra li nasconde fingendo libertà: il P.C. è il tabù per eccellenza del nostro tempo, il senso del pudore riemerso dal naufragio di quell’altro, in cui eravamo cresciuti.

Il tabù rimanda alla categoria abolita e schernita del sacro, e ne mantiene la caratteristica di dogma a cui si erigono altari e si fanno sacrifici. Il P.C. non argomenta né tanto meno dimostra, punta l’indice accusatore e secerne sdegno nei confronti di chi osa metterlo in dubbio. Chi viola un tabù commette un’empietà che si manifesta al solo accennare i temi/ aree di pensiero che ha occupato e su cui non permette incursioni: immigrazione, sicurezza, origini geografiche e razziali, omosessualità, teoria del genere, identità, fede, temi esistenziali. Proibito parlarne, è una violazione del recinto del tempio. La nostra è una società in precario equilibrio tra nevrosi e schizofrenia, che nega accanitamente l’esistenza dei problemi e li nasconde proclamando il tabù.

1984. Orwell- distopia tra memoria e linguaggio 

Il P.C. è un tabù rispetto alla verità di cui i suoi gran sacerdoti si servono per consolidare il loro potere. In 1984 di Orwell esisteva il Ministero del Condizionamento, nella realtà c’è ma non si dice. Lavora alla censura preventiva e fa delle vittime gli stessi esecutori delle sentenze, impauriti dinanzi al pericolo di pensare altrimenti. Tabù e spuria religione civile officiata da menti finissime che padroneggiano la psicologia e la programmazione neurolinguistica, il P.C. si è sviluppato dopo la fine del comunismo poiché, con il crollo del muro, è saltata l’ultima grande narrazione politica ed esistenziale del Novecento, e il liberalismo si è trasformato in liberismo economico e libertarismo antropologico. Per questo è potuto diventare un fluido elemento di raccordo sociale che sposta continuamente le sue frontiere, riorienta gli obiettivi, rinnova il proprio lessico. (L.C.)

  • 4. Il P.C. malattia del pensiero

 Al di là dell’egemonia degli Stati Uniti, non è casuale che l’origine del P.C. sia americana. Gli Usa sono impregnati di un soffocante moralismo di ascendenza puritana. Dove la morale è troppo forte, perisce l’intelletto, intuì Nietzsche. L’intelletto europeo è perito, o seppellito, sotto ondate di sensi di colpa per la propria storia: la grandezza passata, la volontà di potenza che ci animava, la capacità di produrre cultura, essere e diffondere civiltà, è revocata in dubbio come sopraffazione, colonialismo, violenza. Terrorizzati da se stessi, gli europei si rifugiano in nuovi dogmi rassicuranti. Slogan di ossessivo antirazzismo, pacifismo ridicolo, in cui si distingue per estremismo il clero cattolico, inni al multiculturalismo nel quale ci si spoglia di se stessi per accogliere nudi l’Altro,

Copia romana in Palazzo Altemps del busto di Aristotele di Lisippo

patologie dell’uguaglianza che neppure il comunismo aveva osato; un’equivalenza declinata in senso individuale, tra diritti, sessualità “aperta”, eutanasia, odio per qualsiasi autorità, che mette in disparte i grandi temi della giustizia sociale, del lavoro, dell’ordine civile. Il P.C. proibisce ciò che marca le differenze tra le comunità, le credenze, i modi di vita, i sessi e, screditando i linguaggi, vieta il dibattito proclamando il dogma.

Per oltre un millennio, l’autorità di Aristotele fu così grande che bastava l’“ipse dixit”, per far tacere l’avversario. Il P.C. è la scimmia postmoderna di Aristotele senza un millesimo della sua sapienza. Procede a colpi di divieti, interdetti, chiusure dogmatiche, violenza verbale, sentenze di condanna di tribunali in cui giudice ed accusatore sono la stessa persona. Per il vostro bene, non affannatevi a pensare, insinuano, non abbiate convinzioni vostre, pensiamo noi a tutto. Divertitevi, consumate, regalate a noi i vostri cervelli ed offrite il vostro lavoro ed i vostri debiti ai nostri padroni. La riedizione del racconto del Grande Inquisitore (L.C.)nei Fratelli Karamazov di Dostoevskij.

Il P.C., come ogni ideologia, ha bisogno di un suo calendario e di sostenitori famosi. Per questi ultimi, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Gli esponenti del mondo dello spettacolo sono sempre pronti: sono ricchi e famosi perché il sistema di comunicazione, proprietario ed ispiratore delle nuove idee, ha investito su di loro. Quale migliore propaganda alle famiglie arcobaleno, alla banalizzazione dell’uso di stupefacenti, alla santificazione dei migranti, dell’illuminata parola di illustri opinionisti come Lady Gaga, Tiziano Ferro, Jovanotti? Il calendario è più complesso, servono tempi più lunghi. Molto cammino, tuttavia, è stato compiuto. Natale è stato depotenziato con l’invenzione di un anziano barbuto su un carro di renne. Si chiama Babbo Natale per non perdere del tutto il contatto con la tradizione e per consentire il rito dei regali, ma nessuna menzione su chi è nato, Gesù di Nazareth che ha improntato gran parte della nostra civiltà. Più onesti i sovietici, ignari della correttezza politica, che imposero Nonno Gelo. 

Un paradiso del P.C. è Google, il grande motore di ricerca. Non ci facciamo caso, ma Google scandisce i giorni come una rubrica liturgica del nuovo culto: dalla data di nascita di Confucio a quella di Galileo, inizio e fine del Ramadan, la nascita di Buddha, le feste ebraiche. Un’altra istituzione della rete Internet, Wikipedia, gronda P.C. da ogni definizione e giudizio. In un sito dello Wiki-mondo è disponibile un manuale per parlare, scrivere e comportarsi in maniera politicamente corretta.

In nome della multiculturalità, ce n’è per tutti, tranne per chi continua a credere nei valori europei e in Dio. Il condizionamento socio culturale sotteso al P.C. è un progetto di riscrittura della mentalità e della storia ad uso dell’umanità occidentale postmoderna. Deve quindi neutralizzare continuamente i riferimenti che riempiono la nostra vita e determinano il bagaglio comunitario, per procedere a tappe forzate all’inculturazione delle masse, cancellando, espiantando e reimpiantando idee, parole, concetti. Tale neutralizzazione mira a fondare, spazzati via i detriti del passato, un punto di unificazione nell’economia e nella tecnica, i grandi sistemi che il potere globale controlla e possiede. Tutto si risolve nella mera negazione della diversità. Le tavole dei comandamenti sono sostituite dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo dell’ONU, il cui nome, nazioni unite, è un inno al politicamente corretto, metà sogno e metà menzogna creduta per ripetizione. 

Finestra di Overton

Le lobby di potere transnazionali, non potendo abolire i diritti scritti, li devono svuotare dall’interno e dissolverli, trattandoli come mere convenzioni, manipolando Stati e popoli a colpi di correnti d’opinione che diventano maggioritarie perché sono esse stesse a crearle per il tramite di stampa, televisione, cinema e spettacolo, in gran parte di loro proprietà.  Cominciano parlando di “casi pietosi”, estremi, proseguono con la pronunzia in materie sensibili da parte di intellettuali e gente di spettacolo, e, di giorno in giorno, il gioco è fatto. La finestra di Overton. Cambiano l’opinione comune su sessualità, bioetica, guerra, immigrazione, su qualsiasi argomento in cui vogliano imporre una visione. Si arricchisce il vocabolario delle parole proibite e delle pene a carico dei recalcitranti. La polizia del pensiero, attivissima, fa il lavoro sporco: intimidazione, derisione, minaccia.

Nel P.C. non si discute: la verità è pronta e cucinata a puntino da color che sanno, e, per i casi di emergenza, basta scrivere un articolo di legge che chiami reato (psicoreato) pensarla diversamente su qualcosa, o semplicemente, pensarla. Che fare, allora? Qualcuno propone la soluzione sessantottina. Una risata, o milioni di risate, seppelliranno il mostro P.C. Non siamo d’accordo. Troppo grandi e potenti le forze che lo patrocinano e lo impongono, troppo debole la capacità di resistenza culturale di generazioni cui è stata tolta la bussola fin dall’infanzia e che vivono nell’indifferenza e nell’ignoranza. Soprattutto, non si dimentichi mai che chi controlla il linguaggio, condiziona e controlla il nostro modo di pensare. Chi usa le parole del nemico ragiona secondo le sue categorie, non secondo le proprie.

  • 5 La neolingua.

Dicevamo che le parole hanno dei padroni. Hanno, altresì, degli inventori. Il potere sul linguaggio è antico quanto il mondo. Ogni regime ha parole d’ordine e slogan. La propaganda c’è sempre stata. Il

Edward Bernays, 1917

primo a usare il termine nel significato odierno fu Edward Bernays, nipote di Freud, maestro della pubblicità commerciale e studioso dei meccanismi psicologici del consenso e del consumo. Fu George Orwell nel romanzo 1984 a intuire e sistematizzare la formidabile importanza di “possedere” le parole. A lui dobbiamo il termine neolingua, l’invenzione di un potere assoluto il cui dominio si fondava, tra l’altro, sul bis-pensiero, ovvero sulla torsione e il capovolgimento dei significati, nonché sull’impoverimento delle strutture linguistiche a disposizione dei locutori. Oggi la situazione non è diversa, per alcuni aspetti peggiore, poiché nessuna tirannia costituita impone la neolingua.

Come spiegò l’autore di un altro romanzo distopico, Aldous Huxley (Il mondo nuovo)(L.C.) è molto più efficace la persuasione dolce, la rieducazione ipnotica di massa. Gran parte della popolazione, anche chi vanta laurea e master, utilizza poche centinaia di vocaboli e non è in grado di comprendere un testo di media complessità. Inoltre, molte delle parole e delle espressioni in uso appartengono alla “neolingua”, sono cioè il frutto non del libero dispiegarsi delle dinamiche linguistiche – per natura aperte e mutevoli – ma di precise scelte calate dall’alto. Così alcune parole escono dall’uso comune, di altre cambia il significato o il senso positivo o negativo, mentre altre ancora vengono imposte – in particolare in Italia, nazione in cui l’amore e la custodia della lingua comune è minimo – nella lingua franca, l’inglese da aeroporto, il globish. Operazione niente affatto neutra, tesa a cambiare la percezione del significato secondo l’interesse dei dominanti, ed a modificare le strutture psicologiche profonde del rapporto significante-significato.

Non possiamo ragionevolmente sperare in un cambio di rotta: tutto va a gonfie vele per loro, non esiste motivo per fermarsi, e neppure esiste una forza che trattenga, argini, proponga insegnamenti alternativi. Le agenzie educative sono tutte al naufragio, a partire dalla Chiesa. Non appare all’orizzonte un’idea forte alternativa, un mito da perseguire, un sogno da realizzare. Per cambiare il rapporto di forze, occorre costruire avanguardie, uomini e donne antagonisti, che abbiano il coraggio di esporsi, di sfidare la derisione, l’esclusione, il tribunale. Non è un’alternativa facile, ma la verità, alla fine, vince sulla bugia, la realtà sulla virtualità, i fatti sulle parole. Occorre, ri-diventare ciò che si è.

Bisogna credere nelle proprie idee, innanzitutto, e nei nostri occhi, smascherare l’inganno, parlare netto, ridare al corso dei pensieri le giuste parole, riconoscere il nemico e, con sobria fermezza, combatterlo a partire dai concetti e dal sereno coraggio di dire ciò che va detto, chiamare pane il pane e ridere in faccia alle suorine ed ai fraticelli della falsissima, religione del politicamente corretto.  

Se lo sapremo fare in molti, allora forse una risata potente come il mondo li seppellirà. Ezra Pound disse: se non abbiamo il coraggio delle idee, o non valiamo noi o non valgono le nostre idee.  Un altro grande poeta del Novecento, Juan Ramòn Jiménez, scrisse qualcosa che dovremmo scolpire nella memoria, a proposito delle falsità che ci vendono per oro colato. “È verità, adesso. / Ma è stata talmente menzogna, / che continua ad essere impossibile, sempre.

 Roberto Pecchioli

Libri Citati

 

  • Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi
  • Zygmunt Bauman
  • Traduttore: M. De Carneri, P. Boccagni
  • Curatore: R. Mazzeo
  • Editore: Erickson
  • Collana: Metodi e tecniche del lavoro sociale
  • Anno edizione: 2007
  • In commercio dal: 7 febbraio 2007
  • Pagine: 101 p., Brossura.   Acquista € 9,50

 

Descrizione

La sua dote più preziosa di Bauman è quella di riuscire a penetrare la scorza del mondo sociale, che appare nella sua naturale ovvietà, per mostrarci significati difficili da cogliere proprio perché così quotidiani e evidenti. Nella società dei consumi della modernità liquida, lo sciame tende a sostituire il gruppo. Lo sciame non ha leader né gerarchie perché il consumo è un’attività solitaria, anche quando avviene in compagnia. La società dei consumatori aspira alla gratificazione dei desideri più di qualsiasi altra società del passato ma, paradossalmente, tale gratificazione deve rimanere una promessa e i bisogni non devono aver fine, perché la piena soddisfazione sfocerebbe nella stagnazione economica. Il contraltare dell’homo consumens è l’homo sacer, il povero che, per carenza di risorse, è stato estromesso dal gioco in quanto consumatore difettoso o “avariato”. La miseria degli esclusi non è più considerata un’ingiustizia da sanare, ma il risultato di una colpa individuale: così, le prigioni si sostituiscono alle istituzioni del welfare. Il contributo che Bauman offre con questa analisi critica è quello di riproporre il tema dell’agire morale: un agire intrinsecamente libero, e quindi sempre a rischio di venir meno, ma che pure costituisce una caratteristica originaria dell’essere umano, alla base della sua socialità e, in ultima istanza, della sua sopravvivenza come specie

 

  • Chi ha costruito il muro di Berlino?
  • Dalla guerra fredda alla nascita della bomba atomica sovietica,
  • i segreti della nostra storia più recente
  • Giulietto Chiesa
  • Editore: Uno Editori
  • Anno edizione: 2019
  • In commercio dal: 16 settembre 2019
  • Pagine: 160 p., Brossura
  • EAN: 9788833800516  Acquista. €. 13,20

 

Descrizione

Il Muro costituisce la metafora e la sintesi dell’intera Guerra fredda. È uno dei principali fondamenti della sconfitta definitiva del socialismo reale, di fronte alla straordinaria capacità affabulatrice del capitalismo nella sua fase matura. Ma il Muro segna anche l’inizio della manipolazione di massa, in forme completamente nuove rispetto al passato, e il mutamento radicale delle stesse forme della competizione geopolitica. Oggi, a trent’anni dalla caduta del “Muro”, possiamo già intravvedere il baccanale delle celebrazioni di quella vittoria: tanta più enfasi sarà data all’evento, quanto più serio è oggi il pericolo di una revisione di quella narrazione. In questo libro l’autore rivela aspetti sconosciuti e chiarificatori della nostra storia più recente.

 

  • Il grande inquisitore
  • Fëdor Dostoevskij
  • Traduttore: Serena Vitale
  • Editore: Salani
  • Anno edizione: 2016
  • In commercio dal: 30 giugno 2016
  • Pagine: 96 p., Brossura
  • EAN: 9788869187926. Acquista. €. 9,60

 

 

Descrizione

Millecinquecento anni dopo la sua morte, a Siviglia, Cristo torna sulla terra. Cammina per le strade della città spagnola dove, alla presenza di tutti i cittadini, il cardinale Grande Inquisitore sta consegnando al rogo un centinaio di eretici. Il suo arrivo è silenzioso, eppure il popolo lo riconosce, circonda, è pronto a seguirlo. Ma in quel momento il Grande Inquisitore attraversa la piazza, si ferma a guardare la folla, incupito. Poi ordina alle sue guardie di catturare Cristo e rinchiuderlo in prigione. Nell’oscurità del carcere, il vecchio e potente ministro della Chiesa pronuncia contro il Messia un fortissimo atto d’accusa, condannandolo a morte. In questo episodio dalla dignità autonoma dei Fratelli Karamazov Fëdor Dostoevskij afferma il proprio pensiero filosofico-religioso: la libertà dell’essere umano si basa su una fede senza dogmi e miracoli, senza gerarchie e autorità, contrapposta alla dottrina che in nome di un mandato superiore e indiscutibile sottrae agli uomini la consapevolezza di sé e il libero arbitrio. Sulla straordinaria attualità di questa riflessione si incentra il saggio di Gherardo Colombo: la massima sofferenza dell’uomo sta infatti in questa contraddizione, vivere diviso tra il desiderio di una tutela che lo sollevi dal tormento del decidere e l’aspirazione alla libertà individuale.

 

  • Il mondo nuovo-Ritorno al mondo nuovo
  • Aldous Huxley
  • Traduttore: Lorenzo Gigli, Luciano Bianciardi
  • Editore: Mondadori
  • Collana: Oscar moderni
  • Edizione: 5
  • Anno edizione: 2016
  • Formato: Tascabile
  • In commercio dal: 4 agosto 2016
  • Pagine: XV-344 p., Brossura
  • EAN: 9788804670520.   Acquista €. 13,30

Descrizione 

Scritto nel 1932, “Il mondo nuovo” è un romanzo dall’inesausta forza profetica ambientato in un immaginario stato totalitario del futuro, nel quale ogni aspetto della vita viene pianificato in nome del razionalismo produttivistico e tutto è sacrificabile a un malinteso mito del progresso. I cittadini di questa società non sono oppressi da fame, guerra, malattie e possono accedere liberamente a ogni piacere materiale. In cambio del benessere fisico, però, devono rinunciare a ogni emozione, a ogni sentimento, a ogni manifestazione della propria individualità. Al romanzo seguono la prefazione all’edizione 1946 del “Mondo nuovo” e la raccolta di saggi “Ritorno al mondo nuovo” (1958), nelle quali Huxley tornò a esaminare le proprie intuizioni alla luce degli avvenimenti dei decenni centrali del novecento. Con una nota di Alessandro Maurini.

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