Quando la storia diventa campo di battaglia

GUERRI STRONCA LA FALSIFICAZIONE STORICA DI SCURATI SU MUSSOLINI

di Redazione Electo

Verità storica contro narrazione: la sfida di Guerri alle interpretazioni di Scurati su Mussolini


L’ultima opera dedicata da Scurati a Mussolini e al fascismo, diventata una serie TV, ha indignato la componente non ancora fluida della vecchia destra. Senza che questa indignazione venisse minimamente presa in considerazione. D’altronde la maggioranza ha scelto di rinunciare a comunicazione e informazione, dunque non poteva andare diversamente.

 

 

 

 

Però è intervenuto anche Giordano Bruno Guerri a far notare gli errori della serie televisiva. Errori storici anche marchiani. Che, ovviamente, non interessano minimamente né a Scurati, né all’attore piangina e neppure alla produzione.

Perché da un lato c’è uno storico, come Guerri. E dall’altra c’è uno scrittore che utilizza la storia non per approfondirla e farla conoscere, ma esclusivamente per manipolarla e guadagnare grazie a questa manipolazione. D’altronde è un romanzo, non un saggio storico.

 

Descrizione

Scandagliando le ricerche storiche degli ultimi ottant’anni, Guerri offre ai lettori un ritratto mai agiografico del «fondatore e affondatore dell’Impero»; ne restituisce i contorni anche intimi e privati, riesce a proporne una radiografia politica che illumina la solitudine del Capo e la sua tendenza all’improvvisazione e a disattendere i suoi stessi principi. Infine, Guerri indica un tratto distintivo e inesplorato del Ventennio, la differenza tra fascismo e mussolinismo: «Gli italiani erano mussoliniani, non fascisti, perché in lui si volevano identificare, in un superuomo che chiamavano familiarmente “Benito”».

«Durante il regime fascista gli italiani, parlando di Benito Mussolini – fra loro, in casa – lo chiamavano “Benito”, non con il cognome, né “il duce”, tanto era una presenza familiare nelle loro vite, detestata o più spesso amata. Da qui bisogna partire, per capire quell’epoca.» Ecco, capire cosa fu il regime è impossibile se non si inquadra il suo fondatore, se non si cerca di definire, nelle sue contraddizioni e nelle sue dinamiche passionali, il rapporto tra gli italiani e Mussolini. Giordano Bruno Guerri, che dell’epoca fascista è uno degli storici più acuti e attenti, ricostruisce in un volume illustrato la biografia del duce, certo, ma soprattutto quella dell’uomo Mussolini, il Benito che per vent’anni (e ancora oggi) è entrato, di prepotenza o accolto di buon grado, nelle case degli italiani. Dall’infanzia in Romagna agli esordi socialisti e rivoluzionari, dalla fondazione dei Fasci fino alla dittatura e al tragico epilogo nazionale, in queste pagine si trova la «storia di un italiano» che degli italiani non aveva una grande opinione e che sugli italiani esercitò una fascinazione spesso violenta e subdola ma anche sincera e autentica: «“Benito” era una figura vicina, semplice, simile, eppure tanto più forte, qualcuno in cui era facile e bello identificarsi».

 

Uno scrittore che ha costruito il proprio personaggio di intellettuale gauchista, magari perseguitato, sulla falsificazione della storia del fascismo. Ignorando la realtà, ignorando i fatti. E approfittando della mancanza di reazioni di una destra fluida che ha rinunciato alla politica culturale.

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