Dimenticato dai più, Günther Anders ci parla dal futuro che abbiamo già raggiunto.

GÜNTHER ANDERS E IL MONDO SENZA L’UOMO

Günther Anders, la tecnica e il destino dell’umanità abbandonata

di Pietro Regazzoni

🟨 INTRODUZIONE AL TESTO

(a cura della Redazione Inchiostronero)

In un tempo in cui la tecnica si è emancipata da ogni guida etica e l’uomo non è più il protagonista della storia, la voce di Günther Anders suona oggi più attuale che mai. Filosofo, esule, pensatore radicale, Anders ha affrontato il tema della tecnica come forza autonoma e della condizione umana come “superata” – o, come dice lui stesso, antiquata.

Questo saggio di Pietro Regazzoni riesce a introdurre con chiarezza e intensità la figura e il pensiero di Anders, restituendone la traiettoria biografica e teorica in modo rigoroso e accessibile. In un panorama dominato da narrazioni spesso convenzionali, riportare al centro un autore come Anders – ancora poco conosciuto in Italia – è un gesto culturale e politico.

Chi non ha mai letto Anders troverà in questo testo un ottimo punto di partenza. Per agevolarne la comprensione, al termine del saggio troverete alcune brevi note esplicative su concetti chiave del suo pensiero.


🟥 SAGGIO

La voce di Günther Anders (Breslavia 1902 – Vienna 1992), seppur ancora oggi incomprensibilmente inascoltata, è stata senza dubbio una delle più rappresentative del secolo scorso.

Dopo la laurea in filosofia nel 1923, sotto la guida di Edmund Husserl, diviene allievo del più importante filosofo del Novecento: Martin Heidegger di cui dopo la laurea nel 1925, inizia a seguire i seminari sulla Critica della Ragion Pura di Kant, tenuti nella città di Marburgo. Nella sua biografia non è indifferente il matrimonio con Hannah Arendt, un’altra allieva e amante del suo Maestro.

Con l’ascesa al potere dell’ideologia nazista, per continuare a pubblicare libri, il suo editore gli consiglia di cambiare il suo cognome tipicamente ebraico Stern in Anders, che significa appunto “diverso”. Oltre a questo, nel 1933, è costretto a emigrare in Francia, a Parigi, dove verrà raggiunto nel marzo dello stesso anno dalla moglie.

Günther Stern and Hannah Arendt

In un suo libro autobiografico, Anders, definirà la relazione con la Arendt come «il più grande amore della sua vita», anzi, «il primo e l’unico»; lei, invece, in una lettera rivolta alla signora Elfride Heidegger, rinnegherà questo amore affermando di aver sposato «un uomo che non amava».

Con Martin Heidegger, oltre agli studi sulla fenomenologia, si dedica allo studio della tecnica, che costituirà il fulcro centrale del suo impegno intellettuale, fino a concettualizzare una vera e propria “filosofia della tecnica”.

L’opera più importante di Anders, L’uomo è antiquato (1)(Die Antiquiertheit des Menschen)è divisa in due volumi pubblicati in periodi differenti.

Il primo, del 1956, ha come sottotitolo Considerazioni sull’anima nell’epoca della seconda rivoluzione industriale, mentre il secondo, pubblicato nel 1980 s’intitola Sulla distruzione della vita nell’epoca della terza rivoluzione industriale.

Il titolo dell’opera riassume la ricerca filosofica di Anders, incentrata sull’indagine dei processi e delle cause che hanno portato l’uomo a creare un mondo del quale non è più il protagonista. Essere “antiquato” per Anders significa non essere più il centro degli accadimenti, l’uomo è dunque metaforicamente una zattera in balìa di un mare in tempesta.

Ma cos’è esattamente questa tempesta, ormai divenuta l’ambiente dell’uomo? Qual è la forza che sposta gli equilibri di questo mare?

Nel secondo volume de L’uomo è antiquato (2) Anders risponde a queste domande, e afferma:

«Abbiamo rinunciato a considerare noi stessi come i soggetti della storia, e al nostro posto abbiamo collocato altri soggetti della storia, anzi un altro soggetto: la tecnica.[…]. Dal suo corso, infatti, e dal suo impiego, dipende l’essere o non essere dell’umanità».

Per Anders siamo dunque tornati a essere ciò che siamo stati per millenni: esseri astorici o, come Hegel, in riferimento agli uomini senza denaro, siamo «polvere sugli stivali della storia» (Staub der geschichte).

 Siamo esseri gettati (geworfen) in un mondo totalmente nuovo, nel quale gli orizzonti e le differenti “etiche del passato” perdono di senso, implodendo dinanzi al dominio della tecnica. (3)

Ciò che caratterizza l’uomo è dunque un’inadeguatezza, definita da Anders «vergogna prometeica»; ovvero quel sentimento di subalternità che prova l’uomo dinanzi ai prodotti tecnici da lui creati e prodotti.

C’è una disparità che si fa sempre più grande tra ciò che l’uomo è in grado di produrre e l’incapacità di prevedere le conseguenze delle cose da lui prodotte.

Le macchine, a differenza dell’uomo, sono pressoché perfette, godono di un’efficienza e di una funzionalità che superano di gran lunga i limiti imposti all’uomo: ecco perché per Anders l’uomo è diventato “antiquato”.

Günther Anders, inizialmente, analizza il rapporto tra uomo e mondo seguendo le categorie legate al concetto di alienazione, raffigurando un uomo senza mondocioè un’umanità senza riferimenti, detronizzata dal ruolo di protagonista.

In un secondo momento invece, precisamente il 6 agosto del 1945, il giorno della bomba atomica sganciata sulla città di Hiroshima, il pensiero di Anders prende una svolta incontrovertibile. Da quel giorno, infatti, l’umanità ha dimostrato di essere irreparabilmente in grado di autodistruggersi.

Anders non sta a guardare e, dopo lo sgancio dell’atomica, decide di dedicarsi all’impegno politico, interrompendo così la sua ricerca filosofica.

Questa scelta viene spiegata da Anders nel secondo volume de L’uomo è antiquato dove afferma:

«sentivo assai più ineludibile il partecipare effettivamente alla battaglia combattuta da migliaia di persone contro una simile minaccia; e dunque, se ho piantato in asso il mio primo volume, è stato perché non volevo piantare in asso la cosa che in esso avevo rappresentata».

In queste parole è condensata la grande serietà che percorre il pensiero e l’azione di questo grande uomo, prima ancora che filosofo.

Dalla consapevolezza di ciò che stava accadendo all’umanità intera infatti nasce in Günther Anders l’esigenza di una filosofia d’occasioneun ibrido incrocio tra metafisica e giornalismo, cioè un filosofeggiare che tenga al centro della riflessione la condizione odierna dell’uomo.

È evidente che con questa nuova “filosofia” Anders inizia a prendere completamente le distanze dalla filosofia accademica, sostenendo di essersi svegliato dall’incanto ontologico del suo maestro Martin Heidegger.

Anders afferma in modo provocatorio di essere un «conservatore ontologico, poiché oggi ciò che conta è più di tutto conservare il mondo, qualunque esso sia».

Infatticon l’invenzione della bomba atomica, cioè del prodotto tecnico capace di distruggere quel mondo che fino ad oggi l’umanità ha conosciuto, si spalancano le porte dell’ultima epoca storica.

D’altronde, non è dato conoscere all’uomo ciò che ne sarà di questo mondo, dopo la possibile deflagrazione della bomba atomica: la più alta invenzione tecnica, nonché la realizzazione più concreta del nichilismo, la riduzione dell’essere delle cose al nulla.

Dopo il 1945 viviamo dunque per Anders in un’epoca con una scadenza, potranno essere anni, secoli, forse millenni, ma una cosa è certa: nessuno di noi potrà assistere alle conseguenze che porteranno a un mondo senza l’uomo.

E, come dice lo stesso Anders nella conclusione di un’intervista intitolata “Sulla fine del pacifismo”: «Nei cimiteri in cui riposeremo nessuno verrà a piangerci. I morti non possono piangere altri morti».

Pietro Regazzoni

 

 

🔵 APPROFONDIMENTO (a cura della Redazione)

Prometeo e la tecnica – Il mito dietro la vergogna prometeica

Fin dai miti greci, la téchne – la tecnica – è ambivalente: potere salvifico e rischio mortale. Nel “Protagora” di Platone, Prometeo dona agli uomini il fuoco e il sapere tecnico per sopravvivere, ma questo dono richiede anche giustizia e misura. Günther Anders, duemila anni dopo, ci mostra cosa accade quando quella misura si perde: la tecnica diventa autonoma, e l’uomo, paradossalmente, comincia a vergognarsi di sé stesso. La sua “vergogna prometeica” è la versione contemporanea di un mito antico: non siamo più padroni di ciò che abbiamo ricevuto – e costruito

La “vergogna prometeica” è una delle immagini più potenti proposte da Günther Anders. Indica il sentimento di inferiorità che l’uomo prova di fronte alla perfezione tecnica delle sue stesse creazioni. Un paradosso: abbiamo costruito un mondo così efficiente da non sentirci più all’altezza.

Ma questo sentimento non nasce dal nulla. Ha radici profonde, che affondano nel mito di Prometeo, figura centrale del pensiero antico. Il suo stesso nome, Promētheús (“colui che riflette prima”), racchiude il senso di una tecnica come sapere anticipatore, preveggente, destinato a dare potere ma anche responsabilità.

Nel mito raccontato da Platone nel Protagora, Prometeo dona agli uomini il fuoco e la téchne – la capacità di costruire, curare, dominare la natura. È un atto salvifico: l’uomo, fragile e nudo, può finalmente sopravvivere. Ma è anche un gesto audace, che viola l’ordine stabilito dagli dèi. Ecco perché Prometeo viene punito: incatenato, costretto a vedere il proprio fegato divorato ogni giorno da un’aquila.

Per Platone, la tecnica è necessaria, ma non sufficiente. Zeus stesso deve aggiungere la giustizia (dikaiosynē), perché la tecnica senza etica può degenerare.

Günther Anders aggiorna questo mito: nel XX secolo, la tecnica ha superato la nostra capacità di comprenderla e gestirla. Non siamo più padroni del fuoco: il fuoco ci domina. E noi, paradossalmente, ci vergogniamo di essere umani – fragili, mortali, soggetti all’errore – davanti alla freddezza impeccabile delle macchine.

La vergogna prometeica è allora il segno più chiaro di una crisi antropologica:
abbiamo costruito ciò che ci ha superati.

 

🟩 GLOSSARIO MINIMO

Per orientarsi tra i concetti chiave del pensiero di Günther Anders

Termine Spiegazione sintetica
Vergogna prometeica Espressione coniata da Anders: è il senso di inferiorità dell’uomo di fronte alla perfezione tecnica delle sue stesse creazioni. L’uomo si vergogna di essere biologicamente imperfetto rispetto alle macchine.
Tecnica come soggetto storico Secondo Anders, oggi è la tecnica – non più l’uomo – a muovere la storia. L’umanità ha abdicato alla propria centralità, diventando passiva rispetto ai processi tecnici.
Geworfen (gettato) Termine tratto da Heidegger: indica la condizione umana di trovarsi “gettati” nel mondo, senza averlo scelto, in balìa di forze esterne.
Colloquio Walter Lippmann (1938) Riunione a Parigi di intellettuali liberali e neoliberisti – tra cui Hayek – che posero le basi ideologiche del neoliberismo come progetto politico ed economico.
Filosofia d’occasione Forma di pensiero praticata da Anders: una filosofia che nasce dalla contingenza, dall’urgenza storica, e si fonde con la scrittura giornalistica, mantenendo rigore e radicalità.

🟦 CHIUSURA 

Günther Anders resta, ancora oggi, un pensatore scomodo: non perché difficile, ma perché troppo attuale. In un mondo che punta tutto sull’efficienza, la sua voce rappresenta una chiamata alla responsabilità, alla memoria e al limite. Questo saggio è un invito a (ri)scoprirlo.

 

 

Approfondimenti del Blog

(1)

Descrizione

In questo libro del 1956, Günther Anders muove dalla diagnosi della “vergogna prometeica”, cioè dalla diagnosi della subalternità dell’uomo, novello Prometeo, al mondo delle macchine da lui stesso create, per affrontare il tremendo paradosso cui la bomba atomica ha posto di fronte l’umanità, costringendola fra angoscia e soggezione. La vergogna prometeica è legata anche a un senso di “dislivello”, di non sincronicità, tra l’uomo e i suoi prodotti meccanici che, sempre più nuovi ed efficienti, lo oltrepassano, facendo sì che egli si senta “antiquato”. Oltre che perfetta la macchina è ripetibile, standardizzata, riproducibile in esemplari sempre identici; quindi possiede una specie di eternità che all’individuo umano è negata. Di qui, una rivalità, una impari gara dell’uomo, una inversione dei mezzi con i fini, di cui Anders analizza con grande anticipazione tutta la portata. In particolare, là dove tratta delle tecniche di persuasione, soprattutto televisive e radiofoniche, che ci assediano con immagini-fantasma, irreali, di fronte alle quali l’individuo diventa passivo, maniaco, incapace di pensare e comportarsi liberamente.
(2)

Descrizione

Se la prima rivoluzione industriale è consistita nell’introduzione del macchinismo, se la seconda si riferisce alla produzione dei bisogni, la terza rivoluzione industriale è per Anders quella che produce l’alterazione irreversibile dell’ambiente e compromette la sopravvivenza stessa dell’umanità. In un mondo in cui la macchina è diventata soggetto della storia, l’uomo risulta superato, “antiquato”, appunto. In venticinque saggi su temi che vanno da L’apparenza a Il male, passando per La massa, Il lavoro, Le macchine, L’individuo, Le ideologie, Il conformismo, Il privato, La morte, La realtà, La libertà, La storia, La fantasia, Lo spazio e il tempo, Anders pratica un filosofare senza sistema precostituito. Eppure la sua “filosofia di occasione” o, come pure egli dice, en plein air, ha saputo cogliere per tempo i prodromi della trasformazione che sarà detta impropriamente postmoderna e che per Anders altro non è che il frutto della riduzione di tutto, del mondo e dell’uomo, a “materia prima” indefinitamente manipolata da una tecnica sfuggita a ogni controllo.

(3)

🔻 Prometeo tra Eschilo e Anders

Nel Prometeo incatenato di Eschilo, il titano rivendica di aver dato agli uomini la téchne, l’arte di vivere, strappandola agli dèi. Ha insegnato loro a costruire, a scrivere, a curare, a dominare il fuoco. Ma quando il Coro gli chiede se la tecnica possa competere con le forze cosmiche, Prometeo risponde con amara lucidità:

Τέχνες δ’ ἀνάγκης ἀσθενέστεραι μακρῷ.
“La tecnica è di gran lunga più debole della necessità.”
(Eschilo, Prometeo incatenato, v. 514)

Prometeo riconosce che, per quanto potente, la tecnica non può sfuggire ai limiti imposti dalla anánkē, la necessità cosmica, il destino che sovrasta dèi e uomini. Eschilo colloca la tecnica entro un ordine superiore, sacro, immodificabile.

Duemila anni dopo, Günther Anders riprende questa eredità, ma in un mondo dove l’ordine del destino è stato rimpiazzato dalla tecnica stessa. La téchne non è più debole della necessità: è diventata essa stessa la nuova necessità, cieca, automatica, impersonale. In Anders, la tecnica non è più dono né strumento, ma soggetto storico autonomo, potenza che sfugge a ogni controllo umano.

Il paradosso è totale: Prometeo è stato punito per aver dato troppo potere all’uomo; oggi, l’uomo è punito perché ha dato troppo potere alla tecnica

 

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