Horton mangiava con i procioni…

HORTON È UNO SPASSO

di Sylvia Shawcross


E così è stato che Moe era fermo a metà del mio vialetto con il cellulare in mano. Mi piace Moe. L’ho già incontrato. Consegna pacchi. Viene dalla Siria e fa tre lavori per mantenere la moglie e il figlio. C’è un altro bambino in arrivo e sorride ampiamente per questo fatto mentre lo racconta come se una benedizione gli fosse stata concessa di nuovo proprio in quell’istante.

Il suo è un sorriso che abbaglia tra barba e baffi e che accompagna sempre una risatina o una risata e a volte una storia. Ma non questa volta.

Aveva gli occhi selvaggi e si agitava. Ritto nel crepuscolo come una statua. Non una di quelle statue greche, in realtà. Più moderno, con cellulare, tappi per le orecchie, un cappellino da baseball e un pacco. Ma rigido come la pietra. Silenzioso come un topo di città in un appartamento di Montreal la domenica mattina dopo le rivolte.

Sono uscita perché ho ricevuto un messaggio da lui in cui diceva qualcosa tipo “Aiuto, per favore”.

Sai, nella vita arriva sempre un momento in cui ti rendi conto davvero davvero davvero di non essere come gli altri. Non la dolorosa autocoscienza della gioventù quando pensi di essere l’unica ad avere le lentiggini sulle ginocchia o quella orribile quando sei più grande e a nessuno piace il tuo tatuaggio o quella davvero orribile quando pensi che l’arredamento del tuo bagno sia fuori moda e che non c’è niente che tu possa fare per far sembrare eleganti le tue scarpe sensate. (Quella fase in cui diventi una stronza sarcastica e non ti dà più troppo fastidio.) ((Tranne forse guerre inutili e scartoffie burocratiche e tutto questo trambusto su pronomi ed elezioni e frodi governative e interferenze straniere e programmi globali e cambiamenti climatici e ipocrisia a ogni angolo vestita di perle e lana Merino.))

No… questa cosa del non-essere-come-gli-altri-colpisce davvero con la totale realtà di sapere che sei sul portico anteriore della tua baracca al tramonto e cerchi di spiegare a un rifugiato siriano che il nome della puzzola è Horton ed è una puzzola di guardia. Vive da qualche parte, forse sotto il portico anteriore o forse lì nel burrone. Non l’ho ancora capito. È arrivato quando sono arrivati ​​i 24 procioni. Quelli che sono arrivati ​​dopo che ho iniziato a darne da mangiare a uno, che misteriosamente e in modo allarmante si è moltiplicato in due dozzine praticamente durante la notte.

Horton mangiava con i procioni. Era il minore dei miei problemi. I miei problemi sono iniziati quando ho smesso di dare da mangiare ai procioni. Possono essere delle piccole creature vendicative se le offendi. Ma non è questo il punto ed è un’altra storia che potrei raccontare un giorno quando sarò in grado di superare il trauma e la gioia e potrò sistemarmi e perdonarmi per essere stata un idiota assoluta. Un idiota ben intenzionato suppongo sia meglio di un idiota malevolo, ma questo non c’entra niente.

Cercavo di spiegare a Moe che non avevo più 24 procioni, ma per qualche motivo era un po’ preoccupato. Horton era tra me e Moe con le sue strisce che luccicavano con la luna imminente e la sua splendida coda raccolta in una morbida finezza di pelliccia come se stesse per fare qualcosa. Ma io lo sapevo, e lui sapeva che non avrebbe fatto un bel niente. Era solo vanitoso. Si stava esibendo. Lo fa. Sa quanto è bello proprio in quella luce e stava sfilando lentamente verso il lato della casa per essere ammirato.

“Guarda”, dissi a Moe. “Non camminare verso di lui. Non fare movimenti bruschi. Non dire niente”. Le puzzole spruzzano solo quando sono minacciate e Horton era in realtà molto coraggioso e indifferente alla maggior parte delle minacce. E oltre a questo, sapevo per certo che aveva spruzzato il cane del vicino solo due giorni prima e alle puzzole ci vogliono 10 giorni per rifornire le loro ghiandole puzzolenti. Non è che possano chiamare un camion di rifornimento immediato o qualcosa di simile a quegli stratotanker usati per i jet da combattimento nell’incubo del Medio Oriente. Penso che ci vogliano dieci giorni per rifornire una puzzola. Be’, non sono sicura di quanti spruzzi possano fare prima di rimanere senza carburante, ma non è questo il punto che ho spiegato a Moe: questo era Horton. E Horton è per lo più benigno se lo ammiri ma lo lasci in pace.

Per qualche ragione Moe non sembrava ascoltare. Cercò di sorridere ma lasciò semplicemente il pacco sul marciapiede e fece retromarcia fino alla sua macchina, dove saltò rapidamente in modo da poter partire immediatamente in tutte le direzioni. Così guardai Horton e Horton guardò me e sorridemmo entrambi. Vedete, Horton è un cane da guardia silenzioso. E scaccia la maggior parte degli umani in modo sorprendentemente buono. Non devo mai preoccuparmi di rapine, rapimenti, turisti o folle inferocite.

Sebbene… non abbia fatto molte ricerche sulle puzzole. Quanti cuccioli hanno? E Horton è maschio, femmina o LGBTQ2S+? Quante puzzole ci stanno in una tana? E cosa fanno quando si annoiano? Quindi… ero su Google a cercare come le puzzole possono spruzzare a 10 piedi e come sibilano e battono i piedi per primi come avvertimento… Stavo cercando questo quando ho capito… nessun altro sta cercando la vita sessuale delle puzzole alle 7:30 di un sabato sera, tranne le persone che semplicemente non sono destinate a essere come le altre persone.

Oh, suppongo che mi aspetta un’altra lezione perché non c’è idiota come un vecchio idiota che ripete sempre la stessa cosa idiota e ben intenzionata, ma devo dirtelo, le puzzole sono davvero delle buone guardie. Ma non è qualcosa su cui qualcuno mi crederebbe, soprattutto in buona compagnia. Le puzzole non escono spesso nelle conversazioni dei cocktail party, non importa quanto mi sforzi di cambiare questo triste fatto.

Tanto per la cronaca, puzza proprio di cannabis, per l’amor del cielo! Non è che odiate quell’odore, vero? Be’… alcuni sì, suppongo, ma comunque… mi chiedo se Moe consegnerà mai un altro pacco… Oh be’… questo è un altro giorno.

Sto ancora cercando di capire se, quando ho finito di spiegargli tutto, aveva più paura di Horton o di me…

Ecco una canzone orecchiabile:

Sylvia Shawcross

 

 

 

 

 

 

 

  • «NELLA CAVITÀ DELLA ROCCIA»

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