Vi sono due Mondi

I DUE MONDI


Vi sono due Mondi. O meglio, si potrebbe dire che ve ne sono molti… o anche uno solo, geograficamente. Ma, sotto un profilo più che politico, diciamo di mentalità, o meglio di forma mentis, di modo di ragionare e vedere le cose, questi possono venire ridotti, semplificati, a due. Due soltanto, ma nettamente divisi e contrapposti, ormai, fra di loro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vi è il nostro mondo. Quello, chiamiamolo così, occidentale. Europa dell’Ovest e Nord America… poca cosa se guardiamo, oggettivamente, un planisfero. Ancora meno, poi, se questo fosse a grandezza reale, e non viziato da una sorta di pregiudizio ideologico. Che fa gonfiare a dismisura il Nord dell’America e, soprattutto, l’Europa occidentale. Che, nella realtà, è piccola. Molto più piccola… una propaggine estrema dell’immensità asiatica, di quanto appare.

Tuttavia, le nostre carte geografiche andrebbero lette per quello che sono. Ovvero non la realtà, bensì la proiezione di un modo di pensare. Del nostro modo di concepirci e vederci. Credendo che anche tutti gli altri ci vedano sempre così. Che è, tuttavia, oggi quanto meno illusorio.

Equal Earth maps: un nuovo modo di vedere il mondo

 

 

 

 

 

 

In questo nostro Mondo, comunque, le priorità sono abbastanza ben determinate. E così l’idea, comune o per lo meno dominante, di civiltà.

Priorità come i diritti delle minoranze (diciamo così) sessuali… il melting pot, ovvero la fusione fra diverse etnie per creare un unico, irreversibile e a suo modo perfetto, tipo di uomo. Il dominio di minoranze sulle masse, viste come sempre più superflue. Quasi sempre inutili. E, di conseguenza, da diminuire, se non proprio estinguere.

Un mondo nel quale i massimi problemi sembrano essere rappresentati dalla volontà di garantire diritti fondamentali come l’aborto, la scelta del sesso cui appartenere, il modo di auto-definirsi e concepirsi. In buona sostanza, l’arbitrio contro natura.

E questo, naturalmente, viene sempre più concepito come… normale. Come una normalità a cui tutti – anche i moltissimi che dissentono – devono, obbligatoriamente, adeguarsi.

O, in alternativa, venire emarginati socialmente. Se non proprio eliminati.

 

Questa la chiamiamo libertà. Democrazia. E ce ne beiamo, un’aria di superiorità che ci fa sentire diversi, e compiuti, rispetto a tutto il resto del mondo.

Già, il resto del Mondo…ovvero la sua, larghissima, sia geograficamente che etnicamente, maggioranza. I tre quarti abbondanti di un planisfero abbastanza onesto.

Qui le cose stanno decisamente in modo diverso.

Le priorità sono molto più concrete e reali. Non ubbie di genere, ma la vita quotidiana. La sopravvivenza in molti casi. In altri, lo sviluppo di realtà potenzialmente ricche, ma compresse. E, soprattutto, a lungo sfruttate. Da noi, ovvero da quelli che si compiacciono di fare, dalla sera alla mattina, questioni di lana caprina. Perché, tanto, i problemi non sono nostri. Noi…stiamo bene. Siamo perfetti. Sono gli altri, la stragrande maggioranza, ad essere in difetto.

Solo che, ormai, questo altro mondo si è svegliato. E rivendica ciò che gli spetta per diritto. Cosucce tipo miniere di metalli, petrolio, produzione agricola…tutte cose che, sino ad oggi, sono finite ad ingrassare – termine volgare, lo so bene, ma non ne trovo un altro – il nostro mondo. Che ne è, sostanzialmente, privo. Ma che, chissà perché? ritiene di aver diritto di viverci senza problemi. Sfruttando gli altri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per molte ragioni, è stato a lungo così. Anche perché questo nostro imperialismo (chiamiamo le cose con il loro nome) era sostenuto da popoli dotati di carattere, forza, determinazione.

Ma ora? Chi detiene e sostanzia ciò che resta dell’imperialismo occidentale?

Un gruppo di imbelli totalmente avvolti dal loro sognare. Incapaci di concepire la vita come qualcosa di indipendente dai loro desideri. O, peggio, dai vizi che hanno eletto, arbitrariamente, a nuove virtù.

E allora stiamo andando, allegramente, suonando pifferi e cembali, incontro al disastro. Preda di un’assurda convinzione di essere noi, e solo noi, perfetti. Mentre tutti i segnali lasciano intendere che non siamo che una civiltà stanca. Esaurita. Priva di veri stimoli e di autentici slanci.

Popoli che hanno fame, di vita e di gloria anche, stanno sollevandosi contro di noi. Dall’Asia all’Africa. E sono una massa, una folla che neppure riusciamo a concepire. Ci travolgeranno. Inevitabilmente.

E, mi spiace dirlo, ma sarà bene così.

Redazione Electo
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Controllate anche

«PAROLE, PAROLE, PAROLE..»

Le parole sono gratuite, ma conoscerle davvero ha un costo …