L’ordine dei giornalisti è mai intervenuto a sanzionare gli autori di queste menzogne sesquipedali?

I GIORNALI IN CADUTA LIBERA RISPOLVERANO I

METODI DEGLI ANNI DI PIOMBO


Ma non abbiamo un articolo di una donna in prima pagina? È inaccettabile! Non possiamo essere proprio noi a discriminare le colleghe”. “Direttore, certo che c’è una donna in prima. Non vedi che il fondo è firmato dalla collega Xyz?”. “Ma è un cesso, non può stare in prima pagina. Non abbiamo quella giovane carina, di Roma? Mettiamo lei in prima!”. “Però il suo articolo è una schifezza”. “E chissenefrega. Togli quello di Xyz e metti il pezzo della romana”.

Dialogo, non molto diverso dalla realtà, ai vertici di un ex grosso quotidiano. Uno di quei giornali il cui direttore non perde occasione per andare in tv a difendere i diritti delle donne. Ed anche per difendere qualsiasi causa politicamente corretta, pur di comparire sui teleschermi. Basterebbe questo episodio per spiegare il crollo delle vendite dei giornali italiani. Una caduta a picco, senza possibilità di recupero.

Perché l’ordine dei giornalisti insiste a proporre, e ad imporre, corsi di aggiornamento deontologico dedicati alle desinenze delle parole che indicano le professioni e gli incarichi vari (Meloni è il presidente, la presidente, la presidenta o la presidentessa? Eh sì, sono problemi drammatici…) invece di occuparsi della correttezza dell’informazione, della corrispondenza tra verità e notizie. O anche solo del corretto utilizzo di quella roba strana che è la lingua italiana.

Invece niente. Basti pensare alla disinformazione sull’attentato che, a San Pietroburgo, ha ucciso un comunicatore russo originario del Donbass. I chierici dei media italiani sono arrivati ad un passo dal raccontare che si era suicidato o che era morto sotto una slavina all’interno del bar. O magari era vittima di una cirrosi epatica.

La piangina del Tg5 è riuscita a rispolverare i vecchi sistemi del giornalismo degli anni di piombo. Facendo trapelare l’ipotesi che si sia trattato di una immancabile faida interna. Insomma, è stato Putin. O forse  Prigozhin capo della Wagner. D’altronde i predecessori di piangina avevano assicurato che le Brigate Rosse non esistevano e che i due missini assassinati nel 1974 a Padova dai brigatisti, in realtà erano stati uccisi per una faida interna. E il bambino bruciato vivo a Roma insieme al fratello, figli di un altro missino? Faida interna, ovviamente.

L’ordine dei giornalisti è mai intervenuto a sanzionare gli autori di queste menzogne sesquipedali? Certo che no. Mica avevano scritto “faido” invece di faida. Dunque, si poteva mentire allora e si può farlo anche oggi. E pazienza se, in Russia, la vittima era in fondo un collega. Il cordoglio vale solo per i colleghi politicamente corretti. Per questo piangina si strappa i capelli per il fermo di un paio d’ore dei colleghi “buoni” in giro per il mondo ma non versa una lacrima per la sorte di Assange. È stato cattivo ed ha raccontato le immense porcate fatte dagli statunitensi in ogni parte del globo terracqueo. Dunque, bisogna punire lui che le ha raccontate, non i nordamericani che le hanno commesse.

Però poi ci si interroga sulle ragioni del crollo delle vendite dei giornali.

Augusto Grandi

 

Approfondimenti del Blog

 

 

 

 

 

Descrizione

La storia di un’incredibile congiura nel racconto della giornalista che ha pubblicato i principali scoop dai documenti segreti di WikiLeaks e con le sue inchieste sul caso sta contribuendo in maniera decisiva alla battaglia per salvare Julian Assange e i suoi giornalisti “Questo è un libro che dovrebbe farvi arrabbiare moltissimo. Se crediamo di vivere in una democrazia, dovremmo leggere questo libro. Se ci sta a cuore la verità e una politica onesta, dovremmo leggere questo libro.” Dalla prefazione di Ken Loach “Il potere segreto è veramente un libro straordinario, risultato di anni di lavoro su una vicenda che tutti hanno abbandonato ma che invece ha molto da raccontarci: il caso Julian Assange.” Riccardo Iacona, giornalista e conduttore di Presadiretta Nella cella di una delle più famigerate prigioni di massima sicurezza del Regno Unito, un uomo lotta contro alcune delle più potenti istituzioni della Terra che da oltre un decennio lo vogliono distruggere. Non è un criminale, è un giornalista. Si chiama Julian Assange e ha fondato WikiLeaks, un’organizzazione che ha profondamente cambiato il modo di fare informazione nel XXI secolo, sfruttando le risorse della rete e violando in maniera sistematica il segreto di Stato quando questo viene usato non per proteggere la sicurezza e l’incolumità dei cittadini ma per nascondere crimini e garantire l’impunità ai potenti. Non poteva farla franca, doveva essere punito e soprattutto andava fermato. Infatti da oltre dieci anni vive prigioniero, prima ai domiciliari, poi nella stanza di un’ambasciata, infine in galera. È possibile che a un certo punto venga liberato, oppure rimarrà in prigione in attesa di una sentenza di estradizione negli Stati Uniti e poi finirà sepolto per sempre in un carcere americano. Con lui rischiano tutti i giornalisti della sua organizzazione. L’obiettivo è distruggerli e farlo in modo plateale. Stefania Maurizi è l’unica giornalista che ha lavorato fin dall’inizio, per il suo giornale, su tutti i documenti segreti di WikiLeaks, a stretto contatto con Julian Assange, incontrandolo molte volte. Ha contribuito in maniera decisiva alla ricerca della verità, citando in giudizio quattro governi – gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Svezia e l’Australia – per accedere ai documenti del caso. Gli abusi e le irregolarità emersi da questo lavoro d’inchiesta sono entrati nella battaglia legale tuttora in corso per la liberazione del fondatore di WikiLeaks. In queste pagine ripercorre tutta la vicenda, con documenti inediti, una narrazione incalzante e sempre puntuale. La storia di una vendetta silenziosa ma feroce. Un libro cruciale su un caso decisivo del nostro tempo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Controllate anche

«L’EUROPA DEI GOLPE GIUDIZIARI E DELLA RETORICA ANTIDESTRA VA A LEZIONI DI DEMOCRAZIA»

Doppia morale e attacchi alla destra: chi giudica i giudici? …