Dai miti greci alle narrazioni contemporanee, la letteratura ha sempre rispecchiato il pensiero e l’evoluzione della società
I MITI DELLA LETTERATURA: DALLA GRECIA AI GIORNI NOSTRI
PARTE PRIMA
Redazione Inchiostronero
La letteratura, da sempre, riflette le idee, i sogni e le paure dell’umanità, trasformandole in miti e racconti senza tempo. Dai miti greci alle narrazioni contemporanee
La letteratura è sempre stata uno specchio del pensiero umano, un mezzo attraverso cui le civiltà hanno plasmato miti e leggende. Fin dall’antichità, figure come Achille, Ulisse o Medea hanno popolato le narrazioni, trasformandosi in archetipi immortali. Ma cosa succede quando questi personaggi superano i confini della loro epoca e diventano miti letterari? In questo percorso, esploreremo come alcuni autori e opere abbiano dato vita a figure che, pur nate dalla finzione, sono diventate veri e propri simboli culturali, influenzando la società e l’immaginario collettivo.
La Grecia Classica: Il Mito e la Letteratura
L’Antica Grecia è la culla della letteratura occidentale e il luogo in cui il mito e la narrazione si intrecciano indissolubilmente. Dai poemi epici di Omero alla lirica di Saffo, fino al teatro tragico di Eschilo, Sofocle ed Euripide, la letteratura greca ha dato forma ai miti, trasformandoli in strumenti di riflessione sulla condizione umana.
La Poesia Lirica: L’Amore e il Sentimento
La poesia lirica greca è una delle più intime e profonde espressioni della letteratura antica. A differenza dell’epica, che narra le gesta di eroi e dèi in un contesto grandioso, la lirica si concentra sull’interiorità dell’individuo, sulle emozioni personali e sulle esperienze quotidiane. L’amore, il desiderio, la perdita e la malinconia diventano temi centrali, spesso raccontati con una delicatezza e una sincerità che rendono questi versi ancora oggi incredibilmente attuali.
Uno dei nomi più celebri della poesia lirica è Saffo, la poetessa di Lesbo, considerata una delle più grandi voci della letteratura antica. Nei suoi frammenti, l’amore è descritto con un’intensità straordinaria, quasi divina, capace di trasformare ogni emozione in mito:
“Mi sembra simile agli dèi quell’uomo che ti siede accanto e da vicino ti ascolta dolcemente parlare e ridere soavemente” (Frammento 31, Saffo)
In questi versi, il sentimento amoroso è descritto come un’esperienza totalizzante, quasi sacra, che scuote l’animo e il corpo di chi lo prova. L’amore per Saffo non è solo gioia, ma anche turbamento e tormento, una forza che sovverte la razionalità e lascia l’amante in uno stato di vulnerabilità e incanto.
Ma Saffo non è la sola voce della lirica amorosa nell’antica Grecia. Anacreonte e i poeti elegiaci come Alceo e Ibico esplorano anch’essi i temi del desiderio e del piacere, sebbene con toni e prospettive differenti. Se Saffo canta l’amore con toni dolci e appassionati, Anacreonte lo accosta spesso al vino e ai piaceri della vita, celebrando la bellezza e la giovinezza in versi leggeri e raffinati.
L’Amore come Mito Letterario
Attraverso la poesia lirica, l’amore diventa un mito letterario, un tema che si ripresenta nei secoli con nuove sfumature. L’influenza di Saffo e dei lirici greci è visibile nei poeti latini, come Catullo, che riprende il tema della passione travolgente e del dolore amoroso nelle sue poesie dedicate a Lesbia:
“Odio e amo. Perché lo faccia, forse ti chiedi.
Non lo so, ma sento che accade e mi tormento.”
(Catullo, Carme 85)
Questo stesso amore struggente e inafferrabile riaffiora nella poesia medievale e rinascimentale, fino a giungere ai grandi poeti moderni, da Baudelaire a Montale.
La poesia lirica greca ha dunque creato un modello espressivo che ha attraversato i secoli, dimostrando che l’amore, nella sua bellezza e nel suo dolore, rimane una delle esperienze più universali della condizione umana. Saffo e gli altri poeti lirici hanno dato voce a sentimenti senza tempo, trasformandoli in versi immortali che ancora oggi riescono a toccare le corde più profonde dell’animo umano.
Omero e il Mito dell’Eroe
Se Saffo ha reso l’amore un mito letterario, Omero ha fatto lo stesso con l’eroismo. Le sue due opere fondamentali, l’Iliade e l’Odissea, hanno definito il concetto di eroismo nella cultura occidentale, presentando due modelli opposti di coraggio e di destino: Achille e Ulisse.
L’eroe omerico è un individuo straordinario, superiore agli uomini comuni per forza, intelligenza o abilità, ma allo stesso tempo soggetto al volere degli dèi e alla fatalità del destino. Omero esplora l’eroismo non solo come capacità di compiere grandi imprese, ma anche come una tensione tra il desiderio di gloria e la consapevolezza della propria fragilità umana.
Achille: L’Eroe del Destino e della Gloria
Achille, protagonista dell’Iliade, è l’eroe per eccellenza: giovane, forte, quasi invincibile, ma segnato da un destino ineluttabile. Figlio della ninfa Teti e del mortale Peleo, è stato immerso nelle acque dello Stige per ottenere l’invulnerabilità, ma il suo tallone è rimasto il suo unico punto debole.
Ciò che distingue Achille dagli altri guerrieri è la sua ricerca della kleos, la gloria eterna. Egli sa che il suo destino è segnato: può vivere a lungo ma nell’oscurità, oppure morire giovane e diventare immortale nella memoria. Sceglie la seconda strada, accettando la sua sorte con orgoglio, ma anche con dolore.
La sua ira (mēnis), annunciata nei primi versi del poema, è il motore dell’intera narrazione:
“Cantami, o Diva, del Pelide Achille l’ira funesta” (Iliade, Omero)
La rabbia di Achille nasce dal torto subito da parte di Agamennone, che gli sottrae la schiava Briseide. Il suo rifiuto di combattere segna una svolta nella guerra di Troia, mettendo in evidenza il conflitto tra l’orgoglio individuale e il dovere verso la comunità. Ma la morte di Patroclo lo riporta sul campo di battaglia, dove uccide Ettore e ne oltraggia il corpo, salvo poi restituirlo a Priamo in un atto finale di pietà e riconciliazione.
L’eroismo di Achille è un eroismo tragico: non è solo forza e potenza, ma anche passione, dolore e consapevolezza del destino.
Ulisse: L’Eroe dell’Astuzia e della Sopravvivenza
Se Achille rappresenta l’eroismo del guerriero impetuoso, Ulisse, protagonista dell’Odissea, incarna invece l’eroe dell’ingegno e della resilienza. Egli non cerca la gloria in battaglia, ma il ritorno a casa (nostos), affrontando prove, inganni e tentazioni.
A differenza di Achille, la cui forza è diretta e brutale, Ulisse vince grazie alla sua intelligenza e alla sua capacità di adattarsi. È lui a concepire l’idea del cavallo di Troia, che porterà alla caduta della città, ed è lui che riesce a sfuggire a Polifemo con un gioco di parole, facendosi chiamare “Nessuno”.
Uno dei momenti più emblematici dell’Odissea è l’incontro con le Sirene, in cui Ulisse incarna il modello dell’uomo che desidera la conoscenza ma è consapevole del pericolo:
“A me raccomandò di ascoltare la voce delle Sirene,
ma legato con corde, affinché non potessi cedere”
(Odissea, Omero)
Mentre Achille è spinto dal desiderio di gloria, Ulisse è guidato dalla volontà di sopravvivere e tornare ai suoi affetti. Il suo viaggio rappresenta la condizione umana, fatta di sfide, di errori e di lotta contro il destino.
Achille e Ulisse: Due Volti dell’Eroismo
Achille e Ulisse sono due archetipi che hanno segnato profondamente la letteratura occidentale:
- Achille incarna il coraggio, la forza, il desiderio di gloria e il confronto con il destino. Il suo mito è stato ripreso nei secoli come simbolo dell’eroe giovane e impetuoso, da Alessandro Magno fino ai moderni eroi tragici del cinema e della letteratura.
- Ulisse rappresenta l’intelligenza, l’adattabilità e la perseveranza. Il suo viaggio è un’allegoria della ricerca interiore e del confronto con l’ignoto, e il suo mito ha ispirato opere come Ulisse di James Joyce o Il ritorno di Ulisse in patria di Monteverdi.
Queste due figure mitiche incarnano le diverse sfaccettature dell’essere umano: la forza e il valore da un lato, l’astuzia e la resistenza dall’altro. Se Achille è l’eroe della guerra, Ulisse è l’eroe della vita, e insieme rappresentano le due anime dell’epica antica: la lotta per la gloria e il desiderio di tornare a casa.
Il Teatro Greco: Il Mito Come Dramma Umano
Il teatro greco ha trasformato i miti in tragedie umane, rendendoli specchi delle passioni, delle paure e delle contraddizioni dell’uomo. Le opere di Eschilo, Sofocle ed Euripide non si limitano a narrare eventi mitologici, ma scavano nella psiche dei personaggi, esplorando i temi del destino, della colpa, della giustizia e del libero arbitrio. La tragedia diventa così un luogo di riflessione, dove il mito non è solo racconto, ma interrogazione sull’essenza stessa dell’esistenza.
Eschilo: Il Destino e la Giustizia Divina
Eschilo, il più antico dei tre grandi tragici, ha posto al centro delle sue opere la relazione tra gli dèi e gli uomini, indagando la giustizia divina e il destino. Uno dei suoi drammi più celebri è Prometeo Incatenato, che racconta la ribellione del titano Prometeo contro Zeus. Prometeo, che dona il fuoco agli uomini per sottrarli alla loro condizione primitiva, viene punito con un’eterna tortura: incatenato a una roccia, il suo fegato viene divorato ogni giorno da un’aquila e si rigenera ogni notte.
“Io ho dato agli uomini la speranza cieca, che li aiuta a sopportare il destino.” (Prometeo Incatenato, Eschilo)
Prometeo incarna il mito della conoscenza e della ribellione contro il potere assoluto, un tema che verrà ripreso nei secoli successivi, fino a opere moderne come Frankenstein di Mary Shelley, sottotitolato significativamente Il moderno Prometeo.
Altra opera fondamentale di Eschilo è l’Orestea, la trilogia che racconta la vendetta e la colpa nella famiglia degli Atridi. Qui, per la prima volta, il teatro affronta il passaggio da una giustizia vendicativa e arcaica alla nascita del diritto e della democrazia, con il processo di Oreste nel terzo dramma, Le Eumenidi.
Sofocle: Il Conflitto tra Uomo e Destino
Se Eschilo esplora la giustizia divina, Sofocle si concentra sull’inevitabilità del destino e sulla tragicità della condizione umana. La sua opera più celebre, Edipo Re, racconta la storia di un uomo che cerca di sfuggire alla profezia secondo cui ucciderà il padre e sposerà la madre, ma, nel tentativo di evitarla, finisce per compierla esattamente come predetto.
“Non deve temere il destino colui che è uomo: non vi è nessuno che possa sfuggire a ciò che è scritto.” (Edipo Re, Sofocle)
L’opera di Sofocle è una profonda riflessione sulla tragicità dell’esistenza: l’uomo crede di essere padrone del proprio destino, ma in realtà è solo una pedina nelle mani degli dèi. Questo tema, centrale nella tragedia greca, sarà ripreso nella letteratura occidentale fino a Shakespeare e oltre.
Altra figura emblematica della sua opera è Antigone, la giovane che sfida il potere del re Creonte per dare sepoltura al fratello Polinice, considerato traditore. Antigone incarna il conflitto tra legge divina e legge umana, tra coscienza individuale e dovere sociale, un tema di straordinaria attualità.
Euripide: La Psicologia e le Passioni Umane
Rispetto a Eschilo e Sofocle, Euripide introduce un cambiamento radicale: i suoi personaggi non sono più eroi guidati dal destino, ma uomini e donne mossi dalle loro passioni e dai loro conflitti interiori. La sua tragedia più celebre, Medea, è un esempio perfetto di questa evoluzione.
Medea, moglie di Giasone, lo ha aiutato a conquistare il Vello d’Oro e ha sacrificato tutto per lui. Ma quando Giasone la abbandona per sposare un’altra donna, Medea si trasforma da amante fedele a spietata vendicatrice, arrivando a compiere l’atto più estremo: uccidere i propri figli per punire l’uomo che l’ha tradita.
“Io capisco il male che sto per fare, ma la passione è più forte della ragione.” (Medea, Euripide)
Con Medea, Euripide esplora la psicologia femminile e le conseguenze della sofferenza amorosa, trasformando il mito in una rappresentazione del conflitto tra passione e razionalità. Questo tipo di introspezione psicologica è un’innovazione che influenzerà profondamente la letteratura e il teatro successivi.
Un altro esempio della modernità di Euripide è Le Troiane, una tragedia che racconta la caduta di Troia dal punto di vista delle donne sconfitte, offrendo un’analisi della guerra non più come gloriosa impresa eroica, ma come tragedia umana e disumana.
Il Teatro Greco: Un Mito che Vive Ancora Oggi
Le tragedie greche hanno trasformato i miti antichi in potenti strumenti di indagine sulla natura umana. Eschilo ha esplorato il senso della giustizia e della punizione divina, Sofocle ha affrontato il tema del destino e dell’inevitabilità della colpa, Euripide ha dato voce alle passioni e ai dilemmi interiori dei suoi personaggi.
Questi drammi non sono solo racconti di dèi ed eroi, ma specchi delle emozioni umane, tanto che i loro temi sono ancora oggi centrali nel teatro, nel cinema e nella letteratura. Edipo, Medea, Prometeo sono figure che continuano a ispirare scrittori e registi, dimostrando che il mito greco non è mai morto, ma continua a vivere attraverso le generazioni.
Altri Miti Fondamentali della Letteratura Greca
Il Mito di Pandora e la Scatola dei Vizi
Il mito di Pandora, narrato da Esiodo, spiega l’origine del male nel mondo. Zeus, per punire l’umanità dopo il furto del fuoco da parte di Prometeo, creò Pandora, la prima donna, dotandola di curiosità e bellezza. Le diede un vaso proibendole di aprirlo, ma, incapace di resistere, lo aprì, liberando tutti i mali del mondo, eccetto la Speranza.
“Ma Pandora, con mano incauta, sollevò il coperchio e tutti i mali si dispersero tra gli uomini.” (Esiodo, Le opere e i giorni)
Questo mito rappresenta sia l’avvertimento sui pericoli della curiosità incontrollata sia la speranza come unica consolazione nelle avversità.
Il Mito di Narciso
Raccontato da Ovidio nelle Metamorfosi, il mito di Narciso è una potente metafora dell’egocentrismo. Narciso, un giovane di straordinaria bellezza, si innamorò della propria immagine riflessa in uno stagno e, incapace di staccarsene, morì trasformandosi nel fiore che porta il suo nome.
“Così, incantato dalla sua stessa bellezza, egli si consuma d’amore per sé stesso.” (Ovidio, Metamorfosi, Libro III)
Questo mito ha avuto un impatto profondo non solo nella letteratura ma anche nella psicologia, dando origine al termine “narcisismo”.
Il Mito di Medusa e Perseo
Medusa, la Gorgone dai capelli di serpente, pietrificava chiunque la guardasse. Un tempo bellissima sacerdotessa di Atena, venne trasformata in un mostro dopo essere stata violata da Poseidone nel tempio della dea. L’eroe Perseo, grazie agli aiuti divini, riuscì a decapitarla guardandola attraverso il riflesso del suo scudo.
“Perseo, guidato dal riflesso nello scudo, abbassò la spada e con un colpo netto recise la testa della Gorgone.” (Apollodoro, Biblioteca Mitologica)
Dal sangue di Medusa nacque Pegaso, il cavallo alato, simbolo di libertà e ispirazione. Nel tempo, Medusa è stata reinterpretata come simbolo di resilienza contro le ingiustizie subite
La letteratura greca ha trasformato i miti in archetipi universali, ponendo le basi per tutta la tradizione letteraria successiva. L’epica, la lirica e il teatro non sono solo espressioni artistiche, ma strumenti attraverso i quali l’umanità ha cercato di comprendere sé stessa. I miti, nati in un tempo remoto, continuano a parlarci ancora oggi, dimostrando che la letteratura è davvero uno specchio eterno del pensiero umano.
Dal Mito alla Letteratura Romana e Medievale
L’evoluzione del mito dalla Grecia a Roma e poi al Medioevo segna una profonda trasformazione nella funzione della narrazione epica. Se nell’epica greca il mito era legato alla dimensione eroica e divina, con l’avvento della cultura romana esso diventa strumento di legittimazione politica, mentre nel Medioevo si fonde con la spiritualità cristiana e con la cultura cavalleresca, generando nuovi modelli narrativi e nuovi archetipi.
Con l’espansione dell’Impero Romano, la letteratura si trasforma in un mezzo di propaganda politica e culturale. Il mito assume una nuova funzione: non è più solo una narrazione epica o religiosa, ma diventa un modo per giustificare e celebrare la grandezza di Roma e le sue origini divine.
L’opera più rappresentativa di questo cambiamento è l’Eneide di Virgilio, che riprende il modello omerico ma lo adatta alle esigenze del potere imperiale. Virgilio scrive su commissione dell’imperatore Augusto per fornire a Roma un’epica nazionale e una genealogia mitica nobile e sacra. Il protagonista, Enea, è molto diverso dagli eroi greci: non combatte per la gloria personale (come Achille) o per tornare a casa (come Ulisse), ma per compiere un destino più grande, stabilito dagli dèi: fondare la stirpe romana.
“Canto le armi e l’uomo che, profugo per volontà del fato, giunse in Italia e nelle terre lavinie.” (Eneide, Virgilio)
A differenza degli eroi greci, spesso in contrasto con gli dèi, Enea incarna la pietas, ovvero il senso del dovere verso la famiglia, la patria e gli dèi. Questo lo rende il modello perfetto dell’eroe romano: disciplinato, obbediente e pronto al sacrificio per il bene collettivo.
L’Eneide non è solo un poema epico, ma una vera e propria opera di propaganda che celebra la grandezza di Roma e di Augusto, facendola risalire a un volere divino. Virgilio rielabora miti greci e li adatta alla visione romana, collegando Enea a Romolo e Remo, i leggendari fondatori della città eterna, e dando una nuova interpretazione al destino di Roma come impero voluto dagli dèi.
Ovidio e il Mito della Trasformazione
Accanto a Virgilio, un altro grande autore latino riprende i miti greci, ma con uno stile completamente diverso: Ovidio. La sua opera più celebre, le Metamorfosi, è un vasto repertorio di miti che ruotano intorno all’idea di trasformazione, intesa sia in senso fisico che simbolico. Ovidio racconta storie celebri come quelle di Dafne e Apollo, Eco e Narciso, Orfeo ed Euridice, soffermandosi sulle passioni e sui sentimenti umani.
“Ora è qui, ora là; e dovunque vada il giovane crudele, lei lo segue. Oh, quanto prega che lui si volga a guardarla!” (Metamorfosi, Ovidio)
A differenza di Virgilio, che usa il mito per esaltare Roma, Ovidio adotta un tono ironico e disincantato: nelle sue storie, gli dèi non sono sempre modelli di virtù, ma spesso agiscono mossi da passioni capricciose, vendetta o desiderio. Il mito diventa così un mezzo per esplorare il desiderio, la sofferenza, il potere e la trasformazione dell’anima.
Le Metamorfosi hanno avuto un impatto enorme sulla letteratura successiva, influenzando autori medievali, rinascimentali e persino moderni. L’idea della metamorfosi come simbolo del cambiamento interiore e della lotta tra la volontà e il destino è un tema ricorrente fino ai giorni nostri.
Il Medioevo: Il Mito tra Cristianesimo e Cavalleria
Con la caduta dell’Impero Romano e l’avvento del Cristianesimo, il mito classico subisce una profonda trasformazione. Le antiche divinità pagane vengono reinterpretate in chiave allegorica, e i racconti mitologici vengono inglobati nella nuova visione del mondo cristiana.
Dante e la Nuova Visione del Mito***
Uno degli esempi più straordinari di questa fusione tra mito classico e religione cristiana è la Divina Commedia di Dante Alighieri. Dante non solo attinge ai miti greci e romani, ma li inserisce in un nuovo contesto morale e teologico.
Un caso emblematico è quello di Ulisse, che in Omero era l’eroe dell’astuzia e dell’ingegno, mentre in Dante diventa un peccatore dannato per la sua sete di conoscenza e per aver osato sfidare i limiti imposti da Dio.
“Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.” (Inferno, Canto XXVI, Dante Alighieri)
Questa reinterpretazione mostra come nel Medioevo la ricerca della conoscenza fine a sé stessa fosse vista con sospetto, a meno che non fosse guidata dalla fede. Il mito classico viene così trasformato in un insegnamento morale, in cui ogni figura mitologica assume un nuovo significato simbolico.
Il Mito Cavalleresco e la Letteratura Epica Medievale
Oltre alla reinterpretazione cristiana del mito classico, il Medioevo sviluppa un nuovo tipo di mito letterario: il mito cavalleresco. Se nell’antichità gli eroi erano guerrieri e condottieri, nel Medioevo il modello eroico si trasforma nel cavaliere.
Nascono così le saghe arturiane, i poemi epici e le canzoni di gesta, in cui l’eroe non è più solo un combattente, ma un uomo che lotta per la fede, la giustizia e l’amore cortese.
- Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda → incarnano i valori della lealtà, del coraggio e della ricerca del Sacro Graal, simbolo di elevazione spirituale.
- Orlando e i paladini di Carlo Magno → protagonisti di opere come La Chanson de Roland e Orlando Furioso, rappresentano il modello del cavaliere cristiano che combatte contro i nemici della fede.
Queste nuove figure mitologiche non si basano più sugli dèi pagani, ma su un ideale cristiano di virtù e sacrificio, e influenzeranno profondamente la letteratura successiva, dal Rinascimento fino ai romanzi fantasy moderni.
Conclusione: Dall’Antico al Medioevo, un Mito che Si Trasforma
Dal mondo classico a quello medievale, il mito ha subito profonde trasformazioni. Se nell’epoca romana diventa uno strumento politico e celebrativo, nel Medioevo assume una funzione morale e religiosa, fondendosi con il Cristianesimo e con l’ideale cavalleresco.
La letteratura di questo periodo dimostra che il mito non è una narrazione statica, ma un organismo vivente, capace di adattarsi ai cambiamenti della storia e della cultura. Da Enea a Ulisse, da Artù a Orlando, ogni epoca ha reinventato i suoi eroi, dimostrando che l’essenza del mito è quella di riflettere i valori e le aspirazioni dell’umanità in ogni tempo e luogo.

La seconda parte la trovi qui: https://wp.me/p8sOeY-lii
Bibliografia
- Omero, Iliade e Odissea
- Saffo, Frammenti
- Euripide, Medea
- Virgilio, Eneide
- Dante Alighieri, Divina Commedia
- William Shakespeare, Macbeth
- Johann Wolfgang von Goethe, Faust
- Miguel de Cervantes, Don Chisciotte
- Arthur Conan Doyle, Il segno dei quattro