La scelta di un profumo è spesso difficile proprio per via della fragranza particolare 

Illustrazione di Jacob Stead

 

I SEGRETI DEI PROFUMI ALTRO CHE BOUQUET FLOREALI (PRIMA PARTE)

dalle ghiandole anali ai resti di balena, gli ingredienti

Quali sono gli ingredienti che compongono i profumi di maggiore successo? Altro che fiori, petali e bacche! Dalle ghiandole anali ai resti delle balene, ecco gli ingredienti


Gelsomino rampicante

Dovendo scegliere se odorare di escrementi di balena o di delicati fiori bianchi, pochi preferirebbero la prima opzione. Quando parliamo di bile, feci, vomito e oli animali sappiamo già che hanno un odore ripugnante. Le parole stesse risvegliano la memoria olfattiva di quella volta che il nostro cane ha svuotato le sue ghiandole anali sulla coperta o dell’estate in cui lavoravamo vicino al porto e l’aria d’agosto era impregnata dei miasmi oleosi delle teste di aringa. La parola gelsomino, invece, sembra il titolo di una canzone, una specie di sogno disneyano. Prendiamo l’odore del gelsomino in fiore: la nostra memoria, poco adatta a localizzare gli aromi nel suo barocco sistema di archiviazione, evocherà qualcosa di dolce e sciropposo o di morbido e floreale. Ed è questo l’odore che vogliamo che abbia il nostro corpo, giusto?

Sbagliato: se scegliamo l’opzione numero due, ce ne andremo in giro spargendo pungenti note vegetali temperate da una puzza leggermente terrigna. Il gelsomino assoluto è un fluido oleoso e semiviscido color ambra scuro, più denso e concentrato dell’olio essenziale di gelsomino. Gli oli essenziali si estraggono con la distillazione, la bollitura o la spremitura della materia vegetale, mentre gli assoluti si ottengono grazie a un antico procedimento chiamato enfleurage, in cui i germogli o le spezie più delicate vengono immersi nel grasso per poi estrarre le molecole fragranti con solventi come l’alcol etilico. Pur essendo un ingrediente comune nei laboratori di profumi naturali, il gelsomino assoluto ha un odore strano: complicato, bellissimo, non completamente gradevole. Ha un sentore di indolo, un composto chimico organico che si trova anche nel catrame, nelle feci umane e nei cadaveri in decomposizione.

Se scegliamo l’opzione numero uno, invece, saremo ricompensati dal bacio dell’ambra grigia, una sostanza naturale molto ricercata che ha un profumo dolce e marino allo stesso tempo, come di vaniglia e zucchero non raffinato mescolati con acqua di mare. L’odore mi ricorda un po’ quello delle zampe del mio cane: rosa, chiaro e animale. Sta al profumo come il cashmere sta al tatto. Annusare l’ambra grigia è un piacere di cui anche un neonato è in grado di riconoscere la dolcezza, come il primo sorso di latte.

Fumigazione di ambra grigia (John Singer Sargent, “Fumée d’Ambre Gris”, 1880)

Vogliamo avere un odore complesso, in modo che i nostri simili siano attratti da noi come le api dai fiori e tornino ad annusarci

Da più di un millennio l’uomo si cosparge il corpo di prodotti animali come l’ambra grigia e di derivati delle piante dall’odore putrido come il gelsomino assoluto. Ci copriamo il corpo di sostanze sgradevoli per migliorare e mascherare i nostri odori naturali. Come i cani si rotolano nelle carcasse dei cervi, cerchiamo di trasformare le nostre emissioni olfattive prendendo in prestito quelle di altri animali. Lo scopo non è solo avere un buon odore: vogliamo avere un odore complesso, in modo che i nostri simili siano attratti da noi come le api dai fiori e tornino ad annusarci, a inebriarsi del nostro aroma e ad avvicinarsi sempre di più alle nostre parti umide e calde.

Charna Ethier

Secondo la profumiera Charna Ethier, l’ambra grigia odora di “luce dorata” o di “una camicia di flanella stesa sul filo ad asciugare in una calda giornata d’estate”. Esistono diverse varietà di ambra grigia (tra cui grigia, dorata e bianca), ma in questo caso Ethier si riferisce al suo campione personale, descritto come “morbido, fresco e ozonico”. Ethier è la proprietaria della Providence Perfume Company, nel Rhode Island, e nel suo fornitissimo armadietto di curiosità olfattive ha anche la preziosa sostanza. L’ha messa al sicuro accanto a un campione di olio di cade di cent’anni fa (è un liquido puzzolente che si estrae dal ginepro, l’ha comprato all’asta) e sotto la sua collezione di assoluti floreali ed essenze erbacee. La fialetta di vetro trasparente contiene una miscela di alcol e ambra grigia al 5 per cento. Allo stato puro, questa sostanza è una palla cerosa di secrezione di balena, un piccolo iceberg di grasso galleggiante “che vale più dell’oro”. A differenza del gelsomino assoluto, presente in molti profumi di Ethier, la vera ambra grigia è troppo costosa per essere usata in un prodotto commerciale. “È considerata l’ingrediente miracoloso di ogni profumo”, dice. “Migliora qualsiasi cosa”.

Nei suoi profumi Ethier non usa sostanze sintetiche né prodotti animali, anche se le essenze animali sono un ingrediente tradizionale della profumeria. Oltre a essere molto costosi, i prodotti ricavati dai mammiferi come il muschio, lo zibetto e l’ambra grigia hanno spesso un costo in termini di crudeltà. Le balene vengono ammazzate per il loro grasso oleoso e la bile nascosta nello stomaco; gli zibetti vengono ingabbiati e spaventati per estrarne le preziose secrezioni anali; il muschio viene prelevato dalle ghiandole dei cervi macellati. È risaputo che i profumieri prosperano grazie allo sterminio di milioni di piccoli fiori bianchi, ma non è altrettanto noto che imbottigliano e vendono i frutti del dolore e della sofferenza degli animali. In un certo senso, i profumieri che usano sostanze sintetiche sono meno colpevoli, così come quelli che usano materiali trovati o d’annata. L’ambra grigia di Ethier è “molto vecchia” e “a quanto si dice” è stata ritrovata sulla spiaggia (“spero che sia vero”, commenta). Ma anche i profumi che contengono composti sintetici o bile di recupero hanno un olezzo di morte: la storia del settore ne è piena, ed è un odore che non si lava via facilmente.

Red Suva Frangipane australiano

C’è un motivo se i profumieri usano queste sostanze: migliorano gli aromi floreali, compensando la leggerezza con un sentore di oscurità. In questa vicenda i prodotti animali hanno il ruolo degli antieroi: anche quando li detestiamo, in realtà, almeno un po’, li amiamo. È così che funziona il canto delle sirene, e l’ambra grigia è quella che canta più forte. Una volta Ethier ha realizzato un profumo usando tutti i suoi ingredienti più preziosi: ha mescolato un’essenza di legno di sandalo vecchia di un secolo con la tintura di ambra grigia e gli assoluti di frangipane e boronia, due fiori che vengono rispettivamente dall’America Centrale e dalla Tasmania. Era la prima volta che usava l’ambra grigia, e il profumo – un pezzo unico – era talmente buono che “sembrava di fare un bagno nell’oro. Era magnifico”, ricorda con una punta di nostalgia.

Un senso misterioso
L’olfatto è il più sottovalutato e il più misterioso dei sensi. Nella sua autobiografia Il mondo in cui vivo, del 1908, Helen Keller lo chiama l’“angelo caduto”. “Per qualche inspiegabile motivo, l’olfatto non è tenuto nella considerazione che merita tra i suoi fratelli”, scrive. Keller si orientava nel mondo attraverso gli odori: era in grado di fiutare un temporale ore prima del suo arrivo e di capire quale tipo di legno era stato tagliato nel suo amato bosco dall’intenso odore di pino. Rispetto al tatto, che definiva “permanente e definito”, gli odori le davano sensazioni “fugaci”. Il tatto la guidava; l’olfatto la nutriva. Senza, il suo mondo sarebbe stato privo “di luce, di colore e della scintilla di Proteo. La realtà sensuale che permea e sostiene il brancolare della mia immaginazione andrebbe in frantumi”.

Non ci capita spesso di pensare in termini di colori e luci quando ci riferiamo all’olfatto, forse perché ci sono talmente poche parole per descriverlo che siamo costretti a usare il lessico degli altri sensi. Nonostante l’olfatto sia il senso più antico – il cosiddetto cervello della lucertola, chiamato anche rinencefalo, letteralmente “cervello del naso” – è anche quello che sembra sfuggire di più alla definizione del linguaggio. “L’olfatto è il senso muto, senza parole”, scrive Diane Ackerman in Storia naturale dei sensi. “Privi di un vocabolario, restiamo ammutoliti, cercando a tentoni le parole in un mare di esaltazioni e piaceri inespressi”. Abbiamo avuto millenni per trovare le parole per descrivere il profumo della terra appena arata o di un falò che arde sulla spiaggia, ma il meglio che siamo riusciti a trovare è “odore di terra” e “odore di fumo”.

I profumieri hanno un linguaggio tutto loro, che solo da qualche anno ha cominciato a diffondersi nella cultura popolare grazie alle riviste e ai blog di bellezza. Oggi i profumieri e i loro scatenati fan parlano non solo di assoluti, oli e tinture, ma snocciolano nomi di composti come cumarina ed eugenolo. Un mastro profumiere addestrato (o “naso”) è in grado di distinguere gli aromi in un profumo dalle molteplici sfaccettature. Non dice semplicemente che c’è qualcosa che puzza: sa individuare la nota pungente del muschio o il fetore del tabacco, ingredienti che possono essere deliziosi in piccole dosi ma che diventano coprenti quando se ne fa un uso poco bilanciato.

Giacomo Bagnara per Internazionale

Nel tentativo di capire il fascino di questi ingredienti ripugnanti, ho parlato con medici che studiano il naso e profumieri che lo alimentano, e perfino con la custode di uno zoo che passa le sue giornate a respirare l’aroma puro e concentrato delle deiezioni di zibetto. Pur avendo teorie diverse sul perché l’oscurità sia un elemento apparentemente essenziale della bellezza, tutti concordano su una cosa: dipende tutto dal contesto. Nel giusto contesto, anche l’odore della morte può essere piacevole. Nel giusto contesto il vomito può essere più desiderabile dell’oro. Nel giusto contesto, con la musica giusta in sottofondo, cominciamo a fare il tifo per l’assassina ricca di fascino o per lo spacciatore di droga più sprezzante.

Le scene di cottage e giardini dipinti da Kinkade sono perlopiù ispirati dalla regione del Cotswolds (Inghilterra)

Tutti poi concordano che il sesso è un elemento chiave, ed è forse la spiegazione più scontata. Ma il profumo non è solo questione di avere un buon odore per attirare un partner. È un fatto di estetica, gusto e desiderio in senso più generale. Vogliamo avere un profumo inebriante, e ciò che è inebriante spesso è anche un po’ repellente: ha qualcosa che va oltre il semplice piacere sensoriale. Del resto, nonostante le apparenze, gli incontri con il bello non sono quasi mai del tutto piacevoli. Se così fosse, i casali screziati di luce di Thomas Kinkade sarebbero considerati la massima espressione delle arti figurative, e tutti ce ne andremmo in giro odorando di gelsomino sintetico e fiori d’arancio finti. E invece no: amiamo la sensualità sanguinolenta delle tele di Caravaggio e ci cospargiamo i polsi di pozioni che contengono i miasmi di paludi putrescenti, l’odore nauseabondo delle feci e il fetore pungente della morte che si attacca alle tonsille. La bellezza è tagliente, è intensa e ha un prezzo. Come il desiderio e la repulsione camminano negli stessi corridoi della nostra mente, così bellezza e distruzione vanno mano nella mano. Tutte le volte che scopriamo qualcosa di talmente bello da essere insopportabile, sullo sfondo vediamo stagliarsi l’ombra familiare della decomposizione.

Una delle prime profumiere della storia è stata una donna di nome Tapputi-Belatekallim. Secondo alcune tavolette di argilla dalla scrittura cuneiforme del 1200 aC, Tapputi visse nell’antica Babilonia e probabilmente lavorava per un re. La seconda parte del suo nome, Belatekallim, rivela che era una capofamiglia, oltre ad avere un ruolo riconosciuto a corte. Migliaia di anni prima dell’avvento delle amministratrici delegate, quindi, Tapputi ricopriva una posizione gerarchicamente più alta e dava ordini ai suoi sottoposti. Era una maestra nell’arte del profumo ed era riconosciuta come tale dai suoi colleghi. Molto di quello che sappiamo di lei viene da fonti secondarie, ma il procedimento di distillazione e raffinazione degli ingredienti per produrre un balsamo fragrante (olio, fiori, acqua e calamo, che è una canna di palude simile alla citronella) è descritto su una tavoletta d’argilla superstite. La modernità delle sue essenze ha quasi del miracoloso; o piuttosto, è incredibile quanto poco siano cambiate le cose dall’antichità. Tapputi conosceva tecniche di estrazione delle essenze che i profumieri naturali usano ancora oggi, come la distillazione, l’enfleurage a freddo e la tintura. E mescolava le sue essenze con l’alcol etilico, creando profumi più vivaci, leggeri e resistenti di qualsiasi altra cosa ci fosse al tempo. Forse in antichità questi aromi avevano una funzione religiosa, o magari erano solo un modo di abbellire il corpo e compiacere i sensi.

Giorgio Vasari, La mutilazione di Urano da parte di Crono, XVI secolo, Palazzo Vecchio, Firenze

Purtroppo, la storia di Tapputi è molto frammentaria: probabilmente fu la prima chimica donna, ma la storia ne ha perso le tracce. Molto più numerose sono le prove documentali sui profumi dell’antico Egitto, della Persia e dell’antica Roma. Nel 2003, una squadra di archeologi ha scoperto a Cipro la fabbrica di profumi più antica del mondo. L’ipotesi degli archeologi è che questa costruzione di fango e mattoni e i profumi che vi si producevano spinsero i greci ad associare l’isola ad Afrodite, la dea del sesso e dell’amore: nata dai resti magici dei testicoli del dio del cielo, che erano stati strappati e gettati in mare da Crono, il dio titano dei raccolti, Afrodite sarebbe emersa dalle acque spumeggianti e comparsa sulla spiaggia di Pafo, un antico insediamento sulla costa meridionale dell’isola. L’analisi dei resti ritrovati sul sito rivela che quegli antichi profumieri sfruttavano ingredienti di origine vegetale come il pino, il coriandolo, il bergamotto, la mandorla e il prezzemolo.

Sembrano tutti profumi piuttosto piacevoli. Mi vedo a strofinarmi sui polsi un po’ d’olio di mandorla mischiato con il bergamotto lasciando una scia di note botaniche. È scontato che la gente voglia profumare come le piante. Le prime opere d’arte rappresentano i fiori, le foglie e gli alberi. Gli studi dicono che ognuno di noi cerca inconsciamente la simmetria e che siamo attratti dai colori; perciò, è del tutto logico che i fiori reclamino la nostra attenzione con le loro spirali di Fibonacci e le loro tonalità vivaci. Capisco anche che la curiosità possa spingere qualcuno a incamminarsi lungo la spiaggia per raccogliere un blocco di grasso marino e annusarlo. Faccio un po’ più fatica a capire come i profumieri medievali abbiano fatto il salto concettuale, passando dall’annusare i sacchi ghiandolari dei moschi morti a strofinarseli sui polsi. Eppure, a un certo punto dev’essere successo, perché a partire dalla fine delle crociate gli europei sono diventati ossessionati dal muschio.

Katy Kelleher

 

 

 

(Traduzione di Fabrizio Saulini)

Questo articolo è stato pubblicato il 9 novembre 2018 sul numero 1281 di Internazionale. Era uscito su Longreads con il titolo The ugly history of beautiful things: perfume.

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