Tre volti della fine, già all’opera sotto gli occhi distratti del mondo.
I TRE STRUMENTI DALL’APOCALISSE
Il Simplicissimus
In un contesto globale segnato dalla confusione mediatica, dalla semplificazione istantanea e dalla perdita di profondità storica, questo intervento cerca di riportare l’attenzione sulle vere forze motrici del disastro in corso. L’autore individua nella crisi del neoliberismo, nel declino dell’impero americano e nell’apatia collettiva le condizioni materiali del nostro presente pre-apocalittico, ma si concentra soprattutto sui tre strumenti concreti attraverso cui si sta realizzando questa caduta. Il primo è la leadership israeliana attuale, descritta come moralmente corrosa e militarmente irresponsabile, che agisce fuori da ogni controllo internazionale. Il secondo è l’inaffidabilità assoluta della presidenza americana, il cui titolare appare incapace di comprendere le conseguenze delle proprie parole e decisioni, aggravando le tensioni globali. Il terzo — forse il più inquietante — è rappresentato dalle popolazioni occidentali: assuefatte, passivizzate, culturalmente congelate in un eterno presente, mentre la storia accelera sotto i loro piedi. Un testo scomodo, che rompe il velo della narrazione dominante e restituisce uno sguardo disilluso ma lucido sul tempo che viviamo. Un avvertimento, forse un requiem, ma anche una chiamata al risveglio, prima che il tempo diventi definitivamente irreversibile. (Nota Redazionale)
Si scrivono in giro per il mondo tante cose, alcune delle quali complesse, altre semplici ovvietà paludate ed espresse in modo complicato che sono una specialità anglosassone, altre ancora che propongono analisi immediate, senza alcuna profondità storica. È l’instant cultura nella quale siamo immersi, ma la verità è in qualche modo semplice, chiara, disarmante: scomodando Aristotele, la causa materiale della guerra globale nella quale stiamo precipitando sempre più velocemente è il frutto di una mistura velenosa tra neoliberismo giunto alla sua catastrofe interna e di un dominio imperiale traballante delle sue oligarchie di comando. Ma la causa efficiente, ovvero gli strumenti della follia finale sono tre fattori che sono veri strumenti di lavoro dell’Apocalisse prossima ventura.
Da una parte abbiamo repellenti macchie umane, rappresentate da Netanyahu e dalla sua cricca che alla guida di uno stato nucleare, mai peraltro sottoposta ai termini del Trattato di non proliferazione, hanno appena attaccato una nazione non nucleare che definiscono un pericolo mortale per la sopravvivenza di Israele a causa delle armi nucleari che non possiede. Il secondo fattore è costituito dalla presenza alla Casa Bianca di un pasticcione senza alcuna idea del mondo esterno e affetto da una crisi di senilità diversa dal suo predecessore, ma non meno inquietante: se Biden aveva la penna automatica perché non sapeva cosa stesse firmando e non lo doveva sapere, questo purtroppo ha la penna compulsiva ed è, dal punto di vista della diplomazia, come uno affetto dalla sindrome di Tourette. Non si rende nemmeno conto dell’impatto che può avere una sua uscita sui social, per esempio quella in cui si è chiesto dove andrebbero i 16 milioni di persone che vivono nell’area metropolitana di Teheran, immediatamente si è sparsa la voce che gli Usa vogliono attaccare l’Iran con armi nucleari, cosa non impossibile, ma prematura, anche se uscite di questo genere facilitano la messa in pratica delle peggiori nefandezze. Infine, abbiamo popolazioni sostanzialmente apatiche e atarassiche, che celebrano ritualità politiche fuori dal tempo e dallo spazio, pensano come negli anni ’70, ma in sostanza hanno l’interiore convinzione che nulla possa davvero cambiare. Ciò, proprio nel momento in cui la storia ha messo gli stivali, come direbbe Hegel, esprime tutta la passività a cui intere generazioni sono state educate.

Dunque, un nazista e un pagliaccio guidano l’orchestra mentre il pubblico è addormentato, capace persino di dare credito alle tesi secondo cui l’Iran, l’unico Paese che non possiede un’arma nucleare e rispetta il diritto internazionale sulle armi nucleari, è il cattivo, mentre Israele, che infrange tali leggi, viene trattato come se fosse la vittima. Il tutto condito da inenarrabili fesserie sulle democrazie, sul velo, sul piccolo e cretino mondo che da una parte teme l’Islam come l’uomo nero e dall’altro è del tutto incapace di comprendere differenze culturali. Magari tutti insieme fanno il tifo per lo Scià e la sua banda di torturatori e la povertà estrema al di fuori degli ambienti di corte. Mi raccontava Anna Lombroso gli aneddoti che aveva sentito in famiglia: quando, prima delle leggi razziali di Mussolini, giungevano notizie inquietanti dalla Germania, non pochi ebrei erano scettici e comunque alcuni dicevano: “i gavà ła so razon”. Del resto già 60 anni fa Pasolini aveva perfettamente compreso che non c’è niente di più borghese che recitare il rosario antiborghese, come non c’è nulla di più eurocentrico che recitare la farsa del multiculturalismo. È un modo surrettizio per dare dignità all’Occidente imperialista che sta perdendo e che si lamenta perché viene messa in questione la capacità di trattare gran parte del mondo come spazzatura, di succhiarne le ricchezze, di invaderlo, di imporre o rimuovere dittatori, di trarre profitto dalla fame di milioni di persone non hanno più il potere di un tempo.

Dunque la guerra guerreggiata arriverà fatalmente e viene da dire che forse non tutto il male viene per nuocere, se spezzerà l’ibernazione dell’intelligenza.
