”Chaos e confini da Dugin a Medea
I VELENI LI CHIEDERÒ AL CIELO
Medea di Euripide invoca Zeus, Medea di Seneca invoca il Chaos; la differenza è sostanziale. Il problema della prima è la decadenza dei valori, la seconda invoca e celebra il crollo del mondo. L’opera dell’autore ellenico è una tragedia del Settecento, quella del latino è un film horror; enormemente più significativa per noi… è – perdonate l’espressione – all’altezza della nostra sfiga.
Ero assolutamente stupito sentendo Diego Fusaro parlare delle elezioni americane, dove osservando che a un dipresso gli stati interni erano repubblicani, e quelli della costa democratici, egli parlava a proposito di questi ultimi di talassocrazia associata al progressismo, al commercio e alla globalizzazione; lodando gli stati interni e al contempo il mondo multipolare, e il ritorno dei confini; questo medesimo discorso lo fa Dugin, che certo conoscete, e ha una trattazione teorica di riferimento in Terra e Mare di Carl Schmitt. Il mio stupore derivava dal fatto che chi fa veramente questo discorso, e non viene citato, non è Dugin né Schmitt: è Seneca (o per lo meno, l’autore di Medea, chiunque egli sia) e lo fa molto meglio, con ampiezza e profondità di vedute molto superiori.
Dice a un certo punto il coro:
Bene dissaepti foedera mundi
Traxit in unum thessala pinus
Jussitque pati verbera pontum
Partemque metus fieri nostri
Mare sepositum.
È impressionante la perfetta descrizione dell’alienazione (si sarebbe detto un tempo) generata dalla globalizzazione, nel suo sottile effetto psicologico ‘il più remoto mare diventa parte della nostra angoscia’. Attenzione quel traxit in unum perché è la chiave di tutto il nefas, il delitto originario, della visione apocalittica. Non so pensare a un’opera più significativa di questa, più necessaria e più urgente. Perché l’abolizione dei confini – tutti i confini – è precisamente quello che noi viviamo, sperimentiamo e che suscita orrore negli spiriti più avveduti e risvegliati. Perché noi ci stiamo spingendo ben oltre l’unum delle nazioni; l’Onu personalmente mi fa l’effetto di un rottame tardo-ottocentesco come le Esposizioni, come il ballo Excelsior. Noi (cioè, loro), in una specie di delirio metafisico-tecnologico, si vuol giungere ad un unum degli esseri umani; tra di loro, e di questi con l’extra-umano. Proprio mentre scrivevo queste parole sentivo il resistente Delgado della Quinta Columna citare il da loro denominato psicòpata mundial ossia batracio intergalactico Klaus Schwab, che non ha bisogno di presentazioni, il quale propugna la “fusione del fisico, del biologico e del digitale”. Sì, questo ha detto il personaggio, questo il programma della sua “riforma antropologica” che prende il nome di transumanesimo: se non lo si potesse vedere e sentire non lo si potrebbe credere.
La angoscia dell’Unum perciò di cui si parla in Medea, la fine dell’antico vivere e morire ciascuno nel campo avito, non si creda pallido e tardo exemplum retorico di lode dell’età dell’oro o dei tempores acti. Questi temi sono presenti, ma sono diremmo “asserviti” alla trattazione e non il contrario. La scomparsa dei confini, patti del ben diviso mondo, nella tragedia è trattata come una specie di caduta, e ha una specie di crescendo nell’opera, con vere e proprie profezie. Oltre quella nota della ingens tellus che apparirà quando l’Oceano scioglierà i suoi vincoli, l’America, ce n’è un’altra anche più significativa, quando nell’ultima impressionante scena della tragedia c’è Medea sul tetto che scanna il secondo figlio, mentre Giasone sotto cerca di dar fuoco alla casa, e arriva questo carro volante tratto da draghi (nomen omen). Carro che in Euripide è sinceramente inutile, mentre qui è altamente significativo, visto che mentre la maga si invola, Giasone la saluta con amara ironia “vai, vai per le altezze dell’etere sublime, e dai testimonianza che là dove tu vai, Dèi non esistono”. È un lancio, per così dire, che sembra intravedere tempi a venire: dopo il nefas argonautico, quello aeronautico, e poi astronautico: l’invasione umana degli spazi non umani: ma la fuga nell’etere sublime non pare anche in qualche modo la smaterializzazione dell’essere, l’evasione dalla materia, il Metaverso che adesso viene proposto come novus orbis dalle possibilità illimitate, dove essere Dèi? L’avvertimento del coro rumpe nec sacro violente sancta foedera mundi suona più che mai a vuoto.
Perciò questo è Medea, merces prima digna carina – e in questa espressione par di vedere una polemica con il primo e necessario addentellato della globalizzazione, cioè il pan-mercantilismo – il frutto avvelenato e imprevisto di una spedizione audace e dissennata, una barbara, un’aliena che porta la morte e la distruzione nella civile terra di Grecia; fra l’altro la nave col carico di morte sotto questo aspetto è in precisa correlazione con tanta letteratura horror o fantascientifica, da Nosferatu ad Alien e citerei se non lo conoscete il geniale predecessore di Alien, l’italiano Terrore nello spazio (l’astronave l’hanno chiamata Argos).
Ma soprattutto Medea è la madre: madre assassina. La potenza di questo simbolo reale solo oggi si dispiega in tutta la sua grandezza, nell’epoca nostra dell’aborto legale al nono mese – “magari avessi ancora un frutto nel mio ventre” dice la sposa tradita a Giasone, attualissima figura di furbo cacciatore di onori, ricchezze e matrimoni utili, “me lo frugherei con la spada e lo estrarrei col ferro”. La Madre assassina invoca il Chaos e tutte le potestà infernali, chiede “i veleni al cielo” non bastandogli quelli di tutte le parti del mondo – ecco la sua globalizzazione – e alla sua prima voce, come dice la nutrice atterrita assistendo alla manifestazione piena della sua potenza distruttiva, mundus tremuit; il Cosmo stesso è scosso alle fondamenta; anche il tempo è ripiegato su se stesso, le stagioni si confondono assieme a tutti gli elementi. Interessante fra l’altro questo concetto di ‘veleni celesti’ quindi si potrebbe dire ‘uranici’, scientifici… ogni riferimento a fatti realmente accaduti è puramente intenzionale. La figura, che ora non è solo più tale, della Grande Madre, ancor più nella versione “Madre terribile”, è da un po’ che credo debba uscire dalla trattazione psicologistica della scuola junghiana e fare i conti con la grande Storia. Non vedete la sua gigantesca ombra nell’omosessualità dilagante, nel pansessualismo, nel venirci trattati come bambini eternamente bisognosi di cure, nella negazione della dimensione verticale, in favore di una (laidamente ipocrita) solidarietà orizzontale, che oggi si veste di socialismo umanitario? Il femminismo martellante inoculato dal main stream, capace di arrivare all’aborto al nono mese, è in realtà concedere alla donna uno status di dea della vita e della morte.
Perciò se dovessi immaginare un exitus dell’Occidente, metterei una setta mondiale di dementi “coscienziosi” ultra-miliardari, in vena di riforme opportune per il “progresso dell’Umanità”, magari resi fanatici da qualche teoria apocalittica ecologista, e da un certo loro sotterraneo osceno DNA calvinista, organizzare un ‘salto quantico’ evolutivo bio-tecnologico tale da ibridare uomo e macchina e creare un unum orizzontale chiuso alla trascendenza; operazione ovviamente da eseguirsi all’insaputa del pubblico, visto che ai bambini non si deve spiegare tutto. Ma fanno i conti senza l’oste: Medea immediatamente spalanca le porte dei suoi domini, noctis aethernae Chaos, aversa superis regna manesque impios. Non perché è cattiva, ma evidentemente c’è un Ordine cosmico cui anche lei obbedisce pur con la tristezza della cagna che divora o lascia morire il cucciolo prematuro mal riuscito. Se una Grande Medea perciò (pura ipotesi) venisse fra di noi coi suoi veleni e i suoi incendi, o la fame, o la reclusione, sarebbe perché può farlo; e poichè può, deve. Ma non sarebbe. In questo caso omicidio, ma aborto, Megaborto: noi chiediamoci se siamo uomini o feti extra-uterini. L’adolescente con la siringa nel braccio, reso cieco al mondo dagli occhiali del Metaverso, direi non ci sono dubbi cosa sia. Non mi stupirei se tra un po’ cercassero di inventare per lui un cordone ombelicale bio-tecnologico per nutrirlo senza che debba scollegarsi…
Categorie: Filosofia
Pubblicato da Ereticamente il 21 aprile 2022