Un vecchio film. Roba di tanti, tantissimi anni fa

Invasione degli ultracorpi Kevin McCarthy, Il dott. Bennell e Dana Wynter, Becky Driscol

 

IL BACCELLONE


Un vecchio film. Roba di tanti, tantissimi anni fa. Quando la fantascienza cinematografica non poteva avvalersi di grandi effetti speciali. E spesso rasentava (e superava) la soglia del ridicolo… come nei primissimi Star Trek: l’astronave era chiaramente un modellino di plastica… sembrava fatta con i Lego.
Però si suppliva agli scarsi mezzi tecnici con la fantasia. L’intelligenza delle trame. Si usava la testa. Non i computer.

Dunque, questo film. “L’invasione degli ultracorpi”, del 1956. Costruito sul niente. Un medico, in una cittadina californiana, si rende conto che i suoi concittadini stanno, un po’ alla volta, cambiando. In apparenza sono sempre gli stessi. Ma manifestano… una totale assenza di sentimenti. Agiscono sulla base di pulsioni e interessi… non umani. E infatti scopre, con orrore, che stanno venendo sostituiti. Da sosia perfetti, preparati da extraterrestri che vogliono invadere la Terra. E che coltivano (letteralmente) queste copie dentro degli enormi… baccelli di piselli.

L’Invasione degli ultracorpi. I grossi baccelli vengono portati in città

Siete pregati di non ridere e sogghignare maliziosi. Il film aveva una suspense che quelli odierni, con tutti i loro effetti speciali, manco si sognano. Ed era un film che, per quanto prodotto con ben pochi mezzi, faceva pensare… aveva un ché di geniale.
Bella forza. Il regista era destinato a diventare uno dei più grandi irregolari di Hollywood. Don Siegel. Quello de “L’uomo dalla cravatta di cuoio” con un grande Clint Eastwood, di “Chi ucciderà Charlye Varrick”, con un, gigantesco, Walter Matthau.

Siegel non era mai banale. E i suoi film avevano, sempre, dei risvolti non facili da cogliere. Problematici. Non volevano solo intrattenere. Emozionare. Facevano… riflettere
Pensiamo a questo. Alla sostituzione degli uomini con copie perfette tranne che per una cosa. Sono totalmente prive di sentimenti. Anaffettive, potremmo definirle, ricorrendo ad una categoria propria della psicologia.
Se questo avvenisse, la società sembrerebbe uguale. In apparenza. Ma, nella realtà, tutto sarebbe profondamente, completamente diverso. A determinare le azioni, e le relazioni, sarebbero solo impulsi egotici. Un narcisismo diffuso. L’interesse materiale come misura di tutte le cose. Un mondo alieno. Una società distopica. E mostruosa.

Se questo avvenisse… beh, ma si tratta solo di una storia di fantascienza… una vecchia storia abbastanza strampalata…

Eppure…

Eppure, trova imprevedibili consonanze con miti e profezie antiche. Come quando, nel RgVeda, viene detto che, verso la fine del Kaly Yuga, – l’Età Oscura che dovrà chiudere questo ciclo di manifestazione, la nostra era per esser chiari- si potrà camminare per miglia e miglia, senza mai incontrare un essere umano. E, peggio ancora, non vi saranno più nascite umane…
E profezie, fosche, di tale tipo se trovano disseminate in tutte le culture. In tutte le tradizioni sapienziali…

Kali Yuga – L’Era della discordia e dell’ipocrisia

Vecchie profezie, strani vecchi film…
Però se giro per le strade mi viene il dubbio che non siano, soltanto, fantasie. Vedo il volto di uomini pieni di ambizioni, gli occhi febbrili la bava che quasi cola da un lato della bocca. Da un sorriso stereotipato. Falso. Non vi è, in quei volti, luce alcuna di emozione, di sentimenti. Solo istinto, che definire bestiale sarebbe generoso. E offensivo per gli animali. Vedo altri che al volto hanno, in parte, rinunciato. Negando a se stessi ogni espressione. Restano solo gli occhi. Allucinati. Terrorizzati…

Bowling alone

E sento storie, racconti di vita. Di vite distrutte dal narcisismo. Di mancanza di affetti fondamentali. Di assenza di ogni empatia.
Le scene, allucinate, di Metropolis, il capolavoro espressionista di Fritz Lang, non sembrano più fantasia alterata. Un documentario, piuttosto.

L’uomo che gioca a bowling da solo, del saggio di Robert Putnam, non è più una eccezione. È la rappresentazione della solitudine e della anaffettività oggi diffusa. E dominante. La cifra della nostra società. Del mondo in cui trasciniamo le nostre esistenze. Sempre più vuoti. Uomini vuoti. Involucri intorno a istinti e pulsioni. Null’altro…

E allora, forse, ha ragione Don Siegel. Ci stanno sostituendo uno dopo l’altro. Con copie perfette. Esteriormente. Ma si tratta solo di involucri. Vuoti. Che stanno venendo preparati da qualche mostruoso alieno. Dentro giganteschi… Baccelloni.

Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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