C’è una leggenda largamente diffusa che dice che il calabrone non possa volare

calabrone (Vespa crabro)

IL CALABRONE PER LA FISICA NON PUÒ VOLARE

di Riccardo Alberto Quattrini


C’è una leggenda largamente diffusa che dice che il calabrone, per quanto lo si possa osservare in volo, non possa volare. Perché allora vola? Infrange le leggi della fisica o semplicemente si tratta di una leggenda metropolitana che ha preso fin troppo piede, e che spesso viene utilizzata per dimostrare quanto la scienza possa essere ottusa e non in grado di dare risposte? In realtà, il calabrone non ha alcuna nozione di fisica, di aereodinamica  branca della fluidodinamica che studia la dinamica dei gas, in particolare dell’aria, e la loro interazione con corpi solidi risolvibile con equazioni per il calcolo di diverse proprietà dell’aria, come ad esempio velocità, pressione, densità e temperatura, in funzione dello spazio e del tempo, ciò permette di capire come un corpo possa volare o meno.

Il calabrone per la fisica non può volare

Uscite multiple dall’acqua all’interno di diversi gruppi di organismi viventi .

I primi animali a conquistare l’aria furono gli insetti che si sono ritrovati dotati di un notevole vantaggio evolutivo, il che spiega perché il volo degli insetti e le loro ali sono tra gli argomenti che hanno attirato maggiormente l’attenzione dei ricercatori. L’equivoco che, “Secondo la fisica il calabrone non potrebbe volare. Eppure vola”.

L’arguta considerazione ha una certa diffusione, e normalmente si offre come analogia per aprire uno spiraglio sull’esistenza dell’impossibile e dello scientificamente inspiegabile. Ma è falsa. Un’arguta pagina del Post la pone al numero 21 di un elenco di 50 convinzioni errate” e ne spiega l’origine: un entomologo francese, Antoine Magnan, la enunciò negli anni Trenta per poi rifare i calcoli e scoprire che erano sbagliati. Pur correggendosi pubblicamente ma nell’immaginario collettivo la smentita non ebbe un grande seguito. Il motivo per cui la credenza ha resistito alla smentita appare abbastanza chiaro: la credenza è suggestiva, la smentita no. Ci piace parecchio pensare che il calabrone voli a dispetto delle leggi di natura. Anzi: data la sua configurazione anatomica, l’idea che voli, diciamo così, è per noi più verosimile dell’idea che le sue alucce gli conferiscano un regolare brevetto di volo.

Ma per il povero calabrone che ci si chiedeva se potesse o non potesse volare, si aggiunse un altro scienziato all’Università di Gottingen nel 1930 durante una cena, uno scienziato svizzero che allora conduceva studi sulla dinamica dei gas sembra abbia posto questo problema “che proprietà aereodinamiche hanno le ali del calabrone per permettere loro di volare?” Dopo alcuni rapidi calcoli, lo scienziato si accorse che, per quanto il calabrone possa volare, l’aereodinamica suggeriva che non potesse farlo.

Charlie Watson (Hailee Steinfeld) e Bumblebee in una scena del film

Ora, se vogliamo essere pignoli, la traduzione “calabrone” non è affatto corretta. In inglese “bumblebee”. Bumblebee che nel 2018 ne ispirò un film diretto da Travis Knight, al suo debutto al live-action. Dunque il calabrone è un immenottero della famiglia degli Apidi, il Bombus terrestris (comunemente chiamato bombo) che ha un rapporto superficie alare-massa corporea che ha fatto nascere il mito sul suo volo; in italiano invece il calabrone è un vespide (xylocopa violacea) sul quale non c’è mai stato alcun dubbio sul fatto che potesse volare, ed è frequente che si commetta l’errore di identificare come “calabrone” sia il vespide che l’apide.

Il nome bombo è di origine onomatopeica: come la parola bomba, di cui è allotropo, deriva dal latino bombus, “ronzio, rombo, rimbombo”, a sua volta dal greco βόμβος. Chi ha osservato i bombi in azione sa che si spostano rapidamente da un fiore all’altro con una certa frenesia, e con un ronzio continuo. Fa effetto vederli invece immobili e silenziosi mentre dormono sui fiori, come il bombo della foto che è abbracciato ai petali di una Monarda didyma.

Un bombo addormentato su una Monarda didyma.

Il mito sembra poi essere stato rafforzato da studi come Les vol des insectes, del 1934, che dimostrava, applicando le equazioni della resistenza dell’aria sul volo degli insetti, come il volo del calabrone fosse possibile, affermando contemporaneamente che “non si dovrebbe essere sorpresi se il risultato dei calcoli non è uguale alla realtà dei fatti”

I calabroni possono volare oltre la cima dell’Everest

Cheyenne, Usa — L’aria sottile fa un baffo ai calabroni. Secondo un recente studio americano, questi insetti potrebbero volare tranquillamente ad oltre 7000 metri e alcuni di loro – particolarmente dotati – hanno la capacità di sfiorare i 9000 metri: potrebbero quindi sorvolare la vetta dell’Everest, la montagna più alta del mondo.

La ricerca è stata condotta da alcuni studiosi dell’Università del Wyoming, che hanno catturato diversi calabroni in Tibet, ad oltre tremila metri di quota, e li hanno trasferiti in apposite “camere di volo” pressurizzate per capire fino a che quota fossero stati in grado di volare.

“Abbiamo ridotto progressivamente la densità dell’aria e l’ossigeno, ricreando le condizioni dell’alta quota – ha spiegato alla stampa Michael Dillon, zoologo e fisiologo -. Abbiamo visto che possono volare davvero molto, molto in alto: tutti erano in grado di volare a circa 7.400 metri, e due di loro a 9000 metri, più in alto dell’Everest. Precedentemente, i loro voli erano stati testati solo fino a 5.400 metri”.

Come possono volare nonostante la rarefazione dell’aria? Secondo i ricercatori il segreto non sta nella velocità: sembra infatti che non muovano le ali più velocemente, ma lo facciano con movimenti più ampi, che vanno dal loro naso all’addome.

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Perché, dunque il calabrone può volare, ma le leggi unanimemente riconosciute della fisica impedirebbero il volo?

Si tratta dunque di una leggenda. Il calabrone non viola alcuna legge fisica, ed è stato dimostrato nel 2005 attraverso una serie di riprese ad alta velocità sulla meccanica alare del calabrone.

Il calabrone ha un battito d’ali pari a 230 battiti al secondo, molto più veloce di altri insetti di dimensioni minori, addirittura 5 volte superiore a quello di un colibrì.

Ed è proprio questa velocità incredibile che gli consente di ottenere una spinta sufficiente a mantenerlo sospeso in aria, oltre che ad un movimento alare inconsueto che contribuisce a generare portanza.

Il movimento alare del calabrone, infatti, non è semplicemente un battito d’ali come quello che possiamo osservare negli uccelli, ma un movimento molto più complesso, che comporta la torsione e l’oscillazione delle ali per creare una spinta che non sarebbe ottenibile con un semplice battito.

L’errore dei calcoli che dimostravano che il calabrone non può volare fu applicare la leggi alla fisica di un volo “standard” che non corrispondeva al moto alare del calabrone.

Da qualche parte, insomma, conserviamo gelosamente la credenza che fra le leggi di natura ce ne sia una, suprema, che dice: “Ci sono casi in cui le leggi di natura vengono sospese”. Sospese appunto come il calabrone: è un dubbio che ci ronza sempre attorno.

Il calabrone, quindi, può volare, e non viola alcuna legge fisica dell’aeronautica. Lui, il calabrone, non si è mai posto il problema, ma questa leggenda continua a persistere.

Ed ora lasciamoci con una fiaba del grande Favolista greco Esopo di cui si sono conservate circa 400 narrazioni appartenenti a questo genere letterario. Presso i Romani la favola esopica, volgarizzata e accresciuta da Fedro, servì ad usi scolastici, come poi la raccolta di Aviano fra il IV e il V secolo.

Riccardo Alberto Quattrini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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