Agatha Christie non andò mai a scuola, eppure è diventata la più grande scrittrice di gialli di tutti i tempi.

Agatha Christie.

Nata il 15 settembre 1891 a Torquay (Gran Bretagna), figlia minore del matrimonio di Fred Miller (Miller è il suo vero cognome) e Clara Boehmer. Da bambina aveva un carattere timido e ritirato, e rifiutava le sue bambole per giocare con amici immaginari. Suo padre, che viveva affittando appartamenti, passava la giornata a giocare a carte e morì quando lei aveva 11 anni, lasciando la moglie e i figli in bancarotta Agatha crebbe dunque in una famiglia borghese e non avendo frequentato alcuna scuola, viene istruita dalla madre, Clara Boehmer, donna della buona società e nonché dalla nonna e dalle governanti di casa. Tornata da Parigi dopo aver tentato gli studi per diventare una cantante lirica, conosce Archibald Christie, colonnello della Royal Flying Corps, con cui si fidanza.

Nel 1920 le venne l’idea, lavorando in un ospedale, come assistente nel dispensario, a contatto con i veleni, per il suo primo romanzo giallo che vedeva come protagonista l’investigatore belga Hercule Poirot, “Poirot a Styles Court”. Attraverso le avventure di quest’ultimo e dell’arzilla vecchietta Miss Marple fece la storia del genere “giallo/poliziesco”, influenzando generazioni di scrittori. Si misurò anche con il “romanzo rosa” pubblicando sei opere sotto lo pseudonimo di Mary Westmacott. Ricordata per capolavori assoluti come Assassinio sull’Orient Express e “Dieci piccoli indiani”, è, dopo Shakespeare, la scrittrice inglese più tradotta di sempre e i suoi romanzi hanno ispirato numerose versioni cinematografiche.

 

Ecco a voi Hercule Poirot.

Hercule Poirot.

Doveva essere un ispettore per avere una buona conoscenza del crimine. Doveva essere anche meticoloso e molto ordinato, decisi, mentre mi affaccendavo a raccogliere una serie di oggetti che avevo seminato nella mia stanza. Un omino preciso, con la mania dell’ordine, della simmetria, e una netta propensione per le forme quadrate piuttosto che per quelle tonde. E poi molto intelligente, con il cervello pieno di piccole cellule di materia grigia… ah, che bella frase, non dovevo dimenticarla. Bisognava anche che avesse un nome importante, un nome che non sarebbe sfigurato nella famiglia Holmes. Già, perché loro quanto a nomi… Come si chiamava il fratello di Sherlock? Mycroft, nientemeno.  E se l’avessi chiamato Hercules? Hercules mi parve un ottimo nome per un omino così. Trovargli un cognome era più difficile. Non so assolutamente perché scelsi Poirot, se fu una folgorazione o se lo lessi su qualche giornale. Comunque mi parve buono, anche se non si legava bene con Hercules. E se fosse stato Hercule? Hercule Poirot… perfetto, grazie a Dio, era fatta.

Agatha Christie.

 

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Il caso della Stella d’Occidente Titolo originale: The Adventure of the Western Star. Pubblicato per la prima volta su «The Sketch» l’11 aprile 1923.Traduzione di Lydia Lax. È un racconto incluso in Poirot indaga, la prima raccolta di racconti di Agatha Christie con protagonista il piccolo e geniale investigatore belga Hercule Poirot, pubblicato per la prima volta nel Regno Unito nel 1924.

Trama.

Poirot riceve la visita di Mary Marve, una famosa attrice statunitense che si trova a Londra. La donna ha ricevuto tre lettere, consegnate da un cinese, che le impongono di restituire il suo favoloso diamante, la Stella d’Occidente al luogo da cui è stato preso – un idolo – prima della prossima luna piena. Suo marito, Gregory Rolf, ha comprato il prezioso da un cinese a San Francisco tre anni prima. La coppia soggiornerà a Yardly Chase, casa di Lord e Lady Yardly quando la luna sarà di nuovo piena, per discutere di un film, e Mary è intenzionata a portare con sé il diamante. Sia l’investigatore belga che Hastings ricordano dei pettegolezzi risalenti a tre anni prima che collegavano Lady Yardly e Rolf. Anche la nobile coppia possiede un diamante identico a quello della Marvell, preso sempre dall’idolo, che hanno chiamato Stella d’Oriente, che è apparso proprio tre anni prima. Dopo che sia Mary che Poirot se ne sono andati via, Hastings riceve la visita di lady Yardly e “deduce” che anche lei ha ricevuto delle lettere minatorie. La donna afferma anche che suo marito, in difficoltà finanziaria, vuole vendere il diamante. Quando Poirot viene a conoscenza di questa cosa, riesce a farsi ricevere a Yardly Chase, quindi è presente nel momento in cui un cinese irrompe nella casa e ruba il diamante a lady Yardly, o almeno così afferma la donna, che stava scendendo dalle scale quando è stata aggredita dall’uomo. Il giorno dopo anche il gioiello di Mary viene trafugato dal suo hotel londinese. Poirot compie le sue indagini e restituisce la Stella d’Oriente agli Yardly, e poi racconta tutta la storia a Hastings. Non sono mai esistiti cinesi che portavano lettere, e neanche due diamanti – era tutta un’invenzione di Rolf. Tre anni prima, in America, l’uomo aveva avuto una relazione con lady Yardly e l’aveva ricattata per farsi consegnare il diamante da regalare poi a Mary Marvell, l’attrice che stava per sposare. Il diamante di lady Yardly era quindi un falso, e il marito l’avrebbe scoperto quando avesse cercato di venderlo, per questo la donna aveva implorato Rolf di fare qualcosa per evitare tutto questo, e l’uomo le aveva consigliato di fingere il furto, cosa che lady Yardly ha fatto subito dopo aver sentito da Hastings la storia delle minacce ricevute da Mary Marvell.

 

Il caso della Stella d’Occidente

 

 

 Stavo alla finestra della stanza di Poirot e guardavo distrattamente la strada sottostante.

   «È strano» esclamai all’improvviso sottovoce.

   «Che cosa c’è, mon ami?» chiese Poirot placidamente dalle profondità della sua comoda poltrona.

   «Deducete, Poirot, dai fatti seguenti: c’è una giovane signora lussuosamente vestita con un cappello alla moda e una splendida pelliccia che sta venendo avanti lentamente, guardando in alto verso le case mentre procede. Non sa di essere pedinata da tre uomini e da una donna di mezza età. I quattro sono appena stati raggiunti da un fattorino, che la indica gesticolando. Che dramma si sta recitando? La ragazza è una truffatrice? E gli investigatori che la pedinano stanno per arrestarla? Oppure i malfattori sono loro e stanno congiurando per aggredire una vittima innocente? Che cosa dice il grande investigatore?»

   «Il grande investigatore, mon ami, sceglie come sempre la strada più semplice. Si alza per vedere da sé.» E il mio amico mi raggiunse davanti alla finestra.

   Un attimo dopo fece una risatina divertita.

   «Come al solito quello che vedete è colorato dal vostro inguaribile romanticismo. Quella è Mary Marvell, la diva cinematografica, seguita da una frotta di ammiratori che l’hanno riconosciuta. E, en passant, mio caro Hastings, lei ne è perfettamente conscia!»

   Risi.

   «Dunque tutto si spiega. Ma non avete nessun merito in questo, Poirot, il fatto è che la conoscevate.»

   «En vérité! Quante volte avete visto Mary Marvell sullo schermo, mon cher

   Riflettei.

   «Circa una dozzina di volte.»

   «E io… una volta sola! Eppure iola riconosco e voino.»

   «Ma sembra molto diversa!» replicai piuttosto debolmente.

   «Ah! Sacré!» esclamò Poirot. «Vi aspettate forse che passeggi per le vie di Londra con un cappello da cow-boy oppure scalza come una ragazzina irlandese? Come sempre badate ai particolari e non all’essenziale! Ricordatevi il caso della danzatrice Valerie Saintclair.»

   Scrollai le spalle, un po’ irritato.

   «Ma consolatevi, mon ami» disse Poirot, calmandosi. «Non tutti possono essere come Hercule Poirot, lo so bene.»

   «Veramente di tutte le persone che ho conosciuto voi siete quella che ha la migliore opinione di sé!» esclamai tra il divertito e l’irritato.

   «Davvero? Quando uno è unico, lo sa! E poi, altri condividono questa opinione… e se non mi sbaglio anche Mary Marvell.»

   «Come?»

   «Non c’è dubbio. Sta venendo qui.»

   «Come fate a capirlo?»

   «Molto semplice. Questa via non è aristocratica, mon ami! Qui non risiedono medici o dentisti alla moda, tantomeno modiste alla moda! Ma c’è un investigatore alla moda. Oui, amico mio, è vero: io sono diventato di moda, il dernier cri! Una persona dice a un’altra: “Comment, hai perso il tuo portamatite d’oro? Devi andare dal piccolo belga, è formidabile! Ci vanno tutti. Courez!” e arrivano a frotte, mon ami! Con i problemi più sciocchi!» Udimmo squillare il campanello al piano di sotto. «Che cosa vi avevo detto? Questa è Mary Marvell.»

   Come al solito, Poirot aveva ragione. Dopo un breve intervallo la diva cinematografica americana fu fatta entrare e noi ci alzammo ad accoglierla.

   Mary Marvell era indubbiamente una delle più popolari attrici dello schermo. Era arrivata solo da poco in Inghilterra in compagnia del marito, Gregory B. Rolf, anche lui attore cinematografico. Si erano sposati circa un anno prima negli Stati Uniti e quella era la prima volta che venivano in Inghilterra. In loro onore era stato dato un grande ricevimento e tutti erano pronti a impazzire per Mary Marvell, per i suoi meravigliosi vestiti, per le sue pellicce, per i suoi gioielli, soprattutto per un gioiello, il grande diamante che era stato battezzato, per armonizzare con la sua proprietaria, la Stella d’Occidente.

   Molte cose, vere e non vere, erano state scritte su quella famosa pietra che, a quanto si diceva, era assicurata per l’enorme cifra di cinquantamila sterline.

   Tutti quei particolari sfilarono rapidi nella mia mente mentre mi univo a Poirot nel salutare la nostra bella cliente.

   Mary Marvell era piccola e snella, biondissima e con un’aria da ragazzina. I suoi grandi occhi ingenui e azzurri sembravano quelli di una bambina.

   Poirot le porse una sedia e lei cominciò subito a parlare.

   «Probabilmente voi mi riterrete molto sciocca, monsieur Poirot, ma lord Cronshaw mi raccontava proprio ieri sera di come avete risolto meravigliosamente il mistero della morte di suo nipote e ho capito che devo avere il vostro consiglio. Forse si tratta solo di uno stupido scherzo, così dice Gregory, ma mi preoccupa da morire.»

   Si interruppe per prendere fiato mentre Poirot la fissava con un’espressione di incoraggiamento.

   «Continuate, madame. Capite, sono ancora all’oscuro di tutto.»

   «Si tratta di queste lettere.» Mary Marvell aprì la cerniera della borsetta e prese tre buste, che porse a Poirot.

   Quest’ultimo le esaminò attentamente.

   «Carta a buon mercato… nome e indirizzo in stampatello ordinato. Vediamo quello che c’è dentro.» Estrasse i fogli.

   Mi ero avvicinato a lui e mi chinai sopra la sua spalla per guardare. Il testo consisteva di un’unica frase scritta in stampatello, come la busta.

   Diceva:

      IL GRANDE DIAMANTE CHE È L’OCCHIO SINISTRO DELLA DIVINITÀ DEVE TORNARE LÌ DA DOVE È   

      VENUTO.

La seconda lettera ripeteva esattamente la stessa cosa, ma la terza era più esplicita.

      SIETE STATA AVVERTITA. NON AVETE OBBEDITO. ORA IL DIAMANTE VI SARÀ PORTATO VIA.   

      QUANDO CI SARÀ LA LUNA PIENA I DUE DIAMANTI, CHE SONO L’OCCHIO DESTRO E QUELLO   

      SINISTRO DELLA DIVINITÀ, RITORNERANNO. COSÌ È SCRITTO.

   «Ho considerato la prima lettera uno scherzo» spiegò la diva. «Quando ho ricevuto la seconda ho cominciato a pormi delle domande. La terza è arrivata ieri e mi è parso che, in fin dei conti, la faccenda potesse essere più seria di quanto avessi immaginato.»

   «Vedo che queste lettere non sono arrivate per posta.»

   «No. Sono state portate a mano… da un cinese. È questo che mi spaventa.»

   «Perché?»

   «Perché è stato da un cinese a San Francisco che tre anni fa Gregory ha comprato la pietra.»

   «Mi accorgo, madame, che voi siete convinta che il diamante citato nelle lettere sia…»

   «… la Stella d’Occidente» concluse Mary Marvell. «Esatto. Gregory ricorda che allora aveva sentito una storia in merito a quella pietra, ma il cinese non aveva voluto dare alcuna notizia al riguardo. Gregory dice che sembrava spaventato da morire e che aveva una fretta terribile di liberarsi del gioiello. Ha chiesto solo un decimo del suo valore. È stato il dono di nozze che Greg mi ha fatto.»

   Poirot annuì pensosamente.

   «Questa storia sembra di un romanticismo quasi incredibile. E tuttavia… chissà? Vi prego, Hastings, datemi il mio piccolo almanacco.»

   Obbedii.

   «Voyons!» disse Poirot, sfogliandolo.

   «Quando è la luna piena? Ah, venerdì prossimo, cioè tra tre giorni. Eh bien, madame, volete il mio consiglio… e io ve lo do. Questa belle histoiresarà uno scherzo… ma potrebbe anche non esserlo! Pertanto vi consiglio di affidarmi il diamante fino a venerdì prossimo, poi prenderemo le misure che vorremo.»

   L’attrice si rannuvolò fugacemente in volto e rispose in tono un po’ forzato:

   «Temo che sia impossibile.»

   «Lo avete con voi… vero?» Poirot la stava osservando attentamente.

   La giovane esitò un attimo, poi infilò la mano nel corpetto dell’abito estraendone una lunga e sottile catena. Si chinò in avanti aprendo la mano. Sul palmo una pietra di fuoco bianco squisitamente incastonata nel platino sembrava ammiccare solenne.

   Poirot tirò un respiro con un lungo sibilo.

   «Épatant!» mormorò. «Permettete, madame?» Prese il gioiello in una mano e lo esaminò attentamente, poi glielo restituì con un lieve inchino. «Una magnifica pietra… senza il minimo difetto. Ah, cent tonnerres! E ve lo portate in giro comme ça

   «No, no, in realtà sto molto attenta, monsieur Poirot. Di solito lo tengo nel mio portagioie, che lascio nella cassaforte dell’albergo. Stiamo al Magnificent, sapete? L’ho portato oggi solo per mostrarvelo.»

   «E me lo lascerete, n’est-ce pas? Ascolterete i consigli di papà Poirot?»

   «Be’, vedete, monsieur Poirot: venerdì andiamo a Yardly Chase a passare qualche giorno da lord e lady Yardly.»

   Le sue parole risvegliarono nella mia mente un vago ricordo. Dei pettegolezzi… di che cosa si trattava? Qualche anno prima lord e lady Yardly si erano recati negli Stati Uniti; correva voce che sua signoria laggiù se la fosse spassata non poco con l’aiuto di alcune amichette… ma certo c’era dell’altro. Altri pettegolezzi che associavano il nome di lady Yardly a quello di un divo del cinema che viveva in California… ma certo! Ricordai di colpo: si trattava nientemeno che di Gregory B. Rolf.

   «Vi svelerò un piccolo segreto, monsieur Poirot» stava dicendo Mary Marvell. «Abbiamo un accordo con lord Yardly. C’è la possibilità che si giri un film nella sua residenza.»

   «A Yardly Chase?» esclamai interessato. «Ma è uno dei monumenti d’Inghilterra!»

   Mary Marvell annuì.

   «Sì, penso che sia proprio una di quelle autentiche vecchie dimore feudali. Lui però vuole un prezzo piuttosto esagerato e io non so se l’affare andrà in porto. Ma a Greg e a me piace sempre abbinare il lavoro al divertimento.»

   «Ma… chiedo scusa se non capisco, madame: certo vi è possibile visitare Yardly Chase senza portare con voi il diamante, no?»

   Negli occhi di Mary Marvell comparve un’espressione dura e astuta che annullò l’ingenuità dello sguardo. All’improvviso parve molto più vecchia.

   «Intendo sfoggiarlo lì.»

   «Certo» dissi io all’improvviso. «Nella collezione Yardly ci sono alcuni gioielli molto famosi, tra i quali un grosso diamante, vero?»

   «Esatto» rispose concisamente Mary Marvell.

   Udii Poirot mormorare tra sé: «Ah, c’est comme ça!».

   Poi a voce alta, con la sua solita sovrannaturale fortuna nel centrare l’obiettivo (che lui nobilita definendola psicologia) disse: «Allora voi indubbiamente conoscete già lady Yardly, o forse la conosce vostro marito?».

   «Gregory l’ha conosciuta tre anni fa, quando è venuta nell’Ovest» ammise Mary Marvell. Esitò un momento, poi aggiunse bruscamente: «Qualcuno di voi legge mai “Society Gossip”?».

   Vergognandoci un po’, ci dichiarammo entrambi colpevoli.

   «Ve lo chiedo perché nel numero di questa settimana c’è un articolo sui gioielli famosi ed è davvero molto strano…» si interruppe.

   Mi alzai, mi avvicinai al tavolino che si trovava all’altro capo della stanza e tornai tenendo in mano la rivista in questione. Lei me la prese di mano, trovò l’articolo e cominciò a leggere ad alta voce:

   «“… tra le altre pietre famose si può includere la Stella d’Oriente, un diamante che è in possesso della famiglia Yardly. Un antenato dell’attuale lord Yardly lo portò dalla Cina e sembra che a esso sia collegata una storia romantica. Pare che la pietra fosse un tempo l’occhio destro della divinità di un tempio. Un altro diamante, assolutamente identico in forma e grandezza, costituiva l’occhio sinistro e si dice che anche questo gioiello sarebbe stato rubato. ‘Un occhio andrà a Occidente, un altro a Oriente, fino a quando si ritroveranno. Poi, in trionfo, torneranno alla divinità.’ È una strana coincidenza che attualmente vi sia una pietra che dalla descrizione corrisponde perfettamente a questa e che è conosciuta come la Stella d’Occidente o la Stella Occidentale. Appartiene alla celebre diva cinematografica Mary Marvell. Sarebbe interessante un raffronto tra le due pietre.”»

   Si interruppe.

   «Épatant!» mormorò Poirot. «Una leggenda in piena regola!» Si voltò verso Mary Marvell. «E voi non avete paura, madame? Non avete terrori superstiziosi? Non temete di avvicinare questi gemelli siamesi e di veder comparire all’improvviso un cinese che li riporti in un batter d’occhio in Cina?»

   Il suo tono di voce era scherzoso ma ebbi la sensazione che sotto sotto fosse serio.

   «Non credo che il diamante di lady Yardly sia bello come il mio» rispose Mary Marvell. «Comunque vedrò.»

   Non so che cos’altro avrebbe detto Poirot perché in quel momento la porta si spalancò e un uomo di aspetto splendido entrò a grandi passi nella stanza. Dalla testa di riccioli neri alla punta degli stivali di vernice, era il protagonista ideale di una storia romantica.

   «Avevo detto che sarei venuto a prenderti, Mary,» disse Gregory Rolf «e sono qui. Bene, che cosa dice monsieur Poirot del nostro piccolo problema? Sostiene, come me, che si tratti solo di un grosso scherzo?»

   Poirot alzò il capo sorridendo al grande attore. Formavano un contrasto ridicolo.

   «Scherzo o no, signor Rolf,» disse in tono asciutto «ho consigliato vostra moglie di non portare con sé il gioiello venerdì a Yardly Chase.»

   «Sono d’accordo con voi, signore. L’ho già detto a Mary. Ma purtroppo lei è proprio una donna e credo che non sopporti di vedersi battere da un’altra, in fatto di gioielli.»

   «Che sciocchezze, Gregory!» disse in tono tagliente Mary Marvell, ma arrossì di collera.

   Poirot scrollò le spalle.

   «Madame, io vi ho dato il mio consiglio. Non posso fare altro. C’est tout

   Accompagnò entrambi alla porta.

   «Ah! La la» osservò ritornando. «Histoire de femmes! Il bravo marito ha colpito nel segno… tout de même, ha mancato di tatto! Proprio così.»

   Gli riferii i miei vaghi ricordi e lui annuì con vigore.

   «Ricordo anch’io. Tuttavia in tutta questa faccenda c’è qualcosa di curioso. Con il vostro permesso, mon ami, vado a prendere un po’ d’aria. Vi prego, aspettate il mio ritorno, non starò fuori a lungo.»

   Quando la padrona di casa bussò alla porta e mise dentro la testa io mi ero semiappisolato in poltrona.

   «C’è un’altra signora che vuole vedere monsieur Poirot, signore. Le ho detto che è uscito, ma lei mi ha risposto che avrebbe aspettato, dato che arriva dalla campagna.»

   «Oh, fatela entrare, signora Murchison, forse potrò aiutarla io.»

   Un attimo dopo la signora fu fatta entrare e, quando la riconobbi, il mio cuore fece un balzo. Il ritratto di lady Yardly era apparso fin troppo spesso sui giornali che si occupavano di mondanità per permetterle di restare sconosciuta.

   «Accomodatevi, lady Yardly» dissi, porgendole una sedia. «Il mio amico Poirot è uscito, ma so per certo che rientrerà tra poco.» Mi ringraziò e sedette. Era un tipo molto diverso da Mary Marvell: alta, bruna, con occhi lampeggianti e un volto pallido e altero. Pur tuttavia nelle linee della bocca c’era un che di malinconico.

   Provai il desiderio di mettermi in luce. E perché no? Spesso in presenza di Poirot mi sono sentito in difficoltà: non risulto al mio meglio. Eppure indubbiamente anch’io possiedo, in grado notevole, la capacità di deduzione. Impulsivamente mi chinai in avanti.

   «Lady Yardly,» dissi «so perché siete venuta qui. Avete ricevuto lettere ricattatorie riguardo al diamante.»

   Non c’erano dubbi sul fatto che avevo colto nel segno, perché lei mi fissò a bocca aperta, impallidendo improvvisamente.

   «Voi sapete?» chiese sussultando. «Come?»

   Sorrisi.

   «Un processo puramente logico. Se Mary Marvell ha ricevuto lettere di avvertimento…»

   «Mary Marvell? È stata qui?»

   «È andata via poco fa. Come stavo dicendo, se lei, in quanto detentrice di uno dei due diamanti, ha ricevuto una misteriosa serie di avvertimenti, voi, in quanto detentrice dell’altra pietra, dovete necessariamente aver ricevuto la stessa cosa. Vedete com’è semplice? Allora ho ragione, avete ricevuto anche voi qualche strana comunicazione?»

   Per un attimo lei esitò, quasi fosse in dubbio se fidarsi o no di me, poi chinò il capo in cenno di assenso, con un sorrisetto.

   «È vero» riconobbe.

   «Anche le vostre lettere sono state portate a mano da un cinese?»

   «No, sono arrivate per posta; ma ditemi, allora anche Mary Marvell ha fatto la medesima esperienza?»

   Le riferii gli eventi della mattinata e lei ascoltò attentamente.

   «Tutto concorda, le mie lettere sono la copia delle sue. È vero che sono arrivate per posta, ma sono impregnate di un curioso aroma che ricorda i bastoncini profumati e fa subito pensare all’Oriente. Che cosa significa tutto ciò?»

   Scossi la testa.

   «È quello che dobbiamo scoprire. Avete con voi le lettere? Potremmo apprendere qualcosa dai timbri postali.»

   «Purtroppo le ho distrutte. Capite? Ho pensato a uno stupido scherzo. Come può essere possibile che una banda di cinesi stia veramente cercando di recuperare i diamanti? È proprio incredibile.»

   Riesaminammo ripetutamente i fatti, ma non facemmo alcun progresso ai fini di un chiarimento di questo mistero. Poi lady Yardly si alzò.

   «Non penso che sia necessario aspettare monsieur Poirot. Potete riferirgli tutto voi, vero? Molte grazie, signor…?»

   Esitò, la mano protesa.

   «Capitano Hastings.»

   «Ma certo, che stupida! Siete amico dei Cavendish, vero? È stata Mary Cavendish a mandarmi da monsieur Poirot.»

   Quando il mio amico tornò mi divertii a raccontargli quello che era accaduto in sua assenza. Mi controinterrogò piuttosto bruscamente circa i particolari della nostra conversazione e io mi resi conto che non era affatto contento di non essere stato presente. Pensai anche che il mio buon vecchio amico fosse un pochino incline alla gelosia. Era diventato una specie di vizio per lui svilire di continuo le mie capacità e credo che fosse dispiaciuto di non riuscire a trovare nessun appiglio per criticarmi. Dentro di me ero piuttosto compiaciuto, anche se cercavo di nasconderlo, nel timore di irritarlo. Nonostante le sue idiosincrasie io ero molto legato al mio strano piccolo amico.

   «Bien!» disse lui alla fine con una strana espressione sul volto. «La trama si sviluppa. Vi prego, passatemi quella copia del Peerage che è sull’ultimo ripiano.» Cominciò a sfogliarlo. «Ah, eccoci! “Yardly… decimo visconte, ha combattuto nella guerra sudafricana…” Tout ça n’a pas d’importance… “sposato 1907 Maude Stopperton, quarta figlia del terzo barone Cotteril…” Uhm, uhm, uhm… “Due figlie nate nel 1908 e 1910… vari club… residenze…” Voilà, questo non ci dice molto, ma domani vedremo questo milord

   «Come?»

   «Sì, gli ho telegrafato.»

   «Pensavo che vi foste disinteressato di questo caso.»

   «Non agisco per Mary Marvell perché lei rifiuta di seguire il mio consiglio, quello che faccio è per soddisfazione personale, la soddisfazione di Hercule Poirot! Voglio assolutamente partecipare agli sviluppi di questa storia!»

   «E ve ne siete andato tranquillamente a telegrafare a lord Yardly perché si precipiti in città solo per vostro comodo? Non sarà molto contento.»

   «Au contraire, se gli conservo il diamante di famiglia dovrebbe essermene grato.»

   «Allora pensate veramente che vi sia la possibilità che venga rubato?» chiesi incuriosito.

   «È quasi una certezza» rispose in tono placido Poirot. «Tutto fa pensare a questo epilogo.»

   «Ma come…»

   Poirot interruppe le mie avide domande con un ampio gesto della mano.

   «Ora, vi prego, non confondiamoci le idee. E guardate quella copia del Peerage… come l’avete messa a posto! Non vedete che i libri più alti devono stare sul ripiano superiore, quelli meno alti su quello inferiore e così via? In tal modo abbiamo l’ordine, il metodo che, come vi ho sempre detto, Hastings…»

   «Proprio così» mi affrettai a rispondergli e rimisi al posto giusto il volume che lo disturbava.

   Lord Yardly risultò essere un uomo cordiale, uno sportivo dalla voce tonante e dal volto piuttosto rosso; ma c’era in lui una bonomia gioviale decisamente attraente che sopperiva alla mancanza di doti intellettuali.

   «Una faccenda straordinaria, questa, monsieur Poirot, non riesco a capirci nulla. Sembra che mia moglie abbia ricevuto strane lettere e così pure Mary Marvell. Che cosa significa tutto questo?»

   Poirot gli porse la copia di «Society Gossip».

   «Per prima cosa, milord, vorrei chiedervi se questi fatti sono sostanzialmente esatti.»Il Pari prese la rivista e, mentre leggeva, il suo volto divenne violaceo per la collera.

   «Sciocchezze!» esplose. «Non c’è mai stata nessuna storia romantica collegata al diamante. Credo che originariamente sia arrivato dall’India. Non ho mai sentito parlare di quella faccenda della divinità cinese.»

   «Eppure la pietra è nota con il nome di Stella d’Oriente.»

   «Be’, e con questo?» domandò l’altro irosamente.

   Poirot fece un sorriso ma non diede una risposta diretta.

   «Quello che vi chiederei di fare, milord, è di mettervi nelle mie mani. Se lo farete senza riserve ho grandi speranze di poter evitare la catastrofe.»

   «Allora voi pensate che ci sia effettivamente qualcosa in quelle storielle assurde?»

   «Farete come vi chiederò di fare?»

   «Certo che lo farò ma…»

   «Bien! Allora permettetemi di porvi qualche domanda. Voi e il signor Rolf vi siete già accordati per la faccenda di Yardly Chase?»

   «Oh, ve ne ha parlato lui, vero? No, non è stato ancora concluso nulla.» Esitò e il suo volto assunse un colore mattone scuro ancora più violento di prima. «Tanto vale chiarire subito le cose. Ho fatto la figura dello stupido in molte cose, monsieur Poirot, e sono indebitato fino al collo. Ma intendo rimettermi in sesto. Voglio bene ai miei ragazzi e voglio sistemare le cose e poter tornare a vivere nella mia vecchia casa. Gregory Rolf mi offre molto denaro, una somma sufficiente a rimettermi in piedi. Io non voglio fare una cosa simile, detesto anche solo l’idea che tutta quella gente venga a recitare in casa mia, ma può darsi che debba accettare, a meno che…» si interruppe.

   Poirot lo guardò attentamente. «Dunque avete un’altra freccia al vostro arco? Mi permettete di tirare a indovinare? Intendereste vendere la Stella d’Oriente?»

   Lord Yardly annuì. «Esatto. Appartiene alla famiglia da alcune generazioni ma non è un bene vincolato. Tuttavia trovare un compratore non è facile. Hoffberg, l’agente di Hatton Garden, sta cercando un eventuale compratore ma dovrà trovarmelo presto, altrimenti per me sarà il fallimento.»

   «Un’altra domanda, permettez: lady Yardly… quale di questi progetti preferirebbe?»

   «Oh, è molto contraria alla vendita del gioiello. Sapete come sono le donne. Preferisce decisamente che si giri il film.»

   «Capisco» disse Poirot. Rimase un attimo soprappensiero, poi si alzò con una mossa brusca. «Ritornate a Yardly Chase subito? Bien, non dite niente a nessuno… a nessuno,badate bene, ma aspettateci lì questo pomeriggio, arriveremo poco dopo le cinque.»

   «Bene, ma non capisco…»

   «Ça n’a pas d’importance» disse Poirot con gentilezza. «Volete che io faccia in modo che il diamante resti a voi, n’est-ce pas

   «Sì, ma…»

   «Allora fate come dico.»

   Colui che lasciò la stanza adesso era un nobiluomo triste e attonito.

   Quando arrivammo a Yardly Chase erano le cinque e mezzo; seguimmo il dignitoso maggiordomo, che ci condusse nell’antico salone rivestito a pannelli. Nel camino ardevano alcuni ceppi. Davanti ai nostri occhi comparve un quadro molto grazioso: lady Yardly con i due figli, l’orgogliosa e bruna testa materna china sulle due testoline bionde, e accanto a loro, sorridente, lord Yardly.

   «Monsieur Poirot e il capitano Hastings» annunciò il maggiordomo.

   Lady Yardly alzò la testa con un sussulto, il marito avanzò con passo incerto fissandoPoirot con espressione interrogativa. L’ometto fu all’altezza della situazione.

   «Chiedo scusa. Ma vedete, sto ancora indagando su quella faccenda che riguarda miss Marvell. Viene da voi venerdì, vero? Vorrei dare un’occhiata qua attorno per accertarmi che il posto sia sicuro. Volevo anche chiedere a lady Yardly se si è ricordata qualche dettaglio sui timbri postali delle lettere che ha ricevuto.»

   Lady Yardly scosse il capo con espressione dispiaciuta. «Temo di no. È stupido da parte mia ma, vedete, non mi sono nemmeno sognata di prenderle sul serio.»

   «Vi fermate qui stanotte?» chiese lord Yardly.

   «Oh, milord, non desidero disturbarvi. Abbiamo lasciato il bagaglio alla locanda.»

   «Non vi preoccupate.» Lord Yardly aveva capito quello che doveva fare. «Manderemo noi a prenderlo. No, no, nessun disturbo, vi assicuro.»

   Poirot si lasciò persuadere e, sedutosi vicino a lady Yardly, cominciò a fare amicizia con i bambini. Di lì a poco giocavano insieme e avevano coinvolto anche me.

   «Vous êtes bonne mère» disse Poirot, con un piccolo inchino galante mentre i bambini riluttanti venivano portati via da una severa governante.

   Lady Yardly si ravviò i capelli scompigliati. «Li adoro» disse con un lieve tremito nella voce.

   «E loro adorano voi… e hanno ragione!» e Poirot fece di nuovo un piccolo cenno del capo.

   Si udì il gong: era ora di prepararsi per la cena. Ci alzammo per raggiungere le nostre stanze. In quel momento entrò il maggiordomo con un telegramma, che porse a lord Yardly. Questi lo aprì dopo essersi scusato con noi e, mentre lo leggeva, si irrigidì manifestamente.

   Con un’esclamazione lo porse alla moglie, poi guardò il mio amico.

   «Un momento, monsieur Poirot, penso di dovervi mettere al corrente. È di Hoffberg. Crede di aver trovato un acquirente per il diamante, un americano che salpa domani per gli Stati Uniti. Stasera mandano qualcuno a valutare la pietra. Per Giove, se la cosa va a buon fine…» gli mancarono le parole per finire la frase.

   Lady Yardly ci aveva voltato le spalle, continuando a tenere in mano il telegramma.

   «Vorrei che tu non lo vendessi, George» disse a bassa voce. «È in famiglia da tanto tempo.» Attese, quasi si aspettasse una risposta, ma visto che non arrivava, il suo volto si indurì. Scrollò le spalle. «Devo andare a vestirmi. Suppongo che sarà opportuno preparare “la merce”.» Si voltò verso Poirot con una lieve smorfia. «È una delle collane più orrende che siano state mai disegnate! George ha sempre promesso che avrebbe fatto incastonare diversamente le pietre, ma non l’ha mai fatto» e uscì dalla stanza.

   Mezz’ora dopo eravamo nel grande soggiorno in attesa della padrona di casa. L’ora della cena era già passata da qualche minuto.

   All’improvviso si udì un fruscio leggero e lady Yardly apparve incorniciata dallo stipite della porta, una figura splendente in un luccicante abito bianco. Attorno al collo splendeva un rivolo fiammeggiante. Lei stava immobile e con una mano sfiorava appena la collana.

   «Osservate il sacrificio» disse in tono gaio. Il malumore sembrava svanito. «Aspettate che io vi accenda la luce centrale e i vostri occhi potranno ammirare la più brutta collana d’Inghilterra.»

   Gli interruttori erano fuori dalla porta. Mentre lei tendeva una mano in quella direzione accadde l’incredibile. D’un tratto, senza alcun preavviso, tutte le luci si spensero, la porta sbatté e si udì un prolungato e lacerante urlo femminile.

   «Mio Dio!» esclamò lord Yardly. «È la voce di Maude! Cosa succede?»

   Ci precipitammo a tastoni verso la porta scontrandoci nell’oscurità e passarono alcuni minuti prima che la trovassimo. Quale spettacolo si presentò ai nostri occhi! Lady Yardly giaceva priva di sensi sul pavimento di marmo e sulla bianca gola si vedeva una chiazza violacea nel punto in cui era stata strappata la collana.

   Mentre ci chinavamo su di lei senza sapere ancora se fosse viva o morta, le sue palpebre si sollevarono.

   «Il cinese» bisbigliò con voce sofferente. «Il cinese… la porta laterale.»

   Lord Yardly si precipitò verso la porta imprecando. Lo seguii con il cuore che batteva all’impazzata. Di nuovo il cinese! La porta in questione era una porticina in un angolo della stanza, a non più di una dozzina di metri dalla scena della tragedia. Quando la raggiungemmo proruppi in un grido. Lì, poco lontano dalla soglia, c’era la collana luccicante, che evidentemente il ladro, nel panico della fuga, aveva lasciato cadere. Mi chinai con gioia a raccoglierla, poi proruppi in un’altra esclamazione mentre lord Yardly mi faceva eco. Al centro della collana c’era un grosso vuoto: la Stella d’Oriente era scomparsa!

   «È tutto chiaro» bisbigliai. «Non erano banali ladri. Era solo questa pietra che volevano.»

   «Ma come è entrato quel tizio?»

   «Dalla porta.»

   «Ma è sempre chiusa a chiave!»

   Scossi la testa. «Ora non è chiusa, vedete?» e la spinsi mentre parlavo.

   Mentre facevo questo qualcosa svolazzò a terra. Lo raccolsi: era un pezzetto di seta dal ricamo inconfondibile. Era stato strappato da una tunica cinese.

   «Nella fretta la tunica si è impigliata nella porta» spiegai. «Venite, presto, non può essere molto lontano.»

   Ma cercammo e frugammo ovunque inutilmente. Nella profonda oscurità della notte il ladro non aveva avuto difficoltà a fuggire; tornammo indietro con riluttanza e lord Yardly mandò uno dei suoi camerieri a chiamare la polizia.

   Lady Yardly, abilmente soccorsa da Poirot, che in queste cose è bravo come una donna, si era sufficientemente ripresa per poterci raccontare quello che era successo. 

   «Stavo per accendere l’altra luce» disse «quando un uomo mi si è avventato alle spalle strappandomi la collana dal collo con tale forza che sono caduta lunga distesa per terra. Mentre cadevo, l’ho visto scomparire dalla porta laterale e in quel momento mi sono resa conto, dal codino e dalla tunica ricamata, che si trattava di un cinese.» Si interruppe con un brivido.

   Il maggiordomo ricomparve e si rivolse a bassa voce a lord Yardly.

   «C’è un signore mandato dal signor Hoffberg,milord. Dice di essere atteso.»

   «Santo cielo!» esclamò il nobiluomo, sconvolto. «Dovrò vederlo. No, non qui, Mullings, in biblioteca.»

   Presi da parte Poirot.

   «Sentite, mio caro, non faremmo meglio a tornare a Londra?»

   «Credete, Hastings? Perché?»

   «Be’…» tossicchiai delicatamente «le cose non sono andate molto bene, non è così? Voglio dire, voi chiedete a lord Yardly di mettersi nelle vostre mani, così tutto andrà bene, e poi il diamante vi sparisce proprio sotto il naso.»

   «Vero,» disse Poirot, piuttosto abbattuto «non è stato uno dei miei successi sensazionali».

   Quel modo di descrivere gli eventi mi fece quasi sorridere, ma feci finta di niente.

   «Quindi, avendo combinato, se mi perdonate l’espressione, questo pasticcio, non pensate che sarebbe più conveniente andarcene subito?»

   «E la cena? Quella cena senza dubbio eccellente che lo chefdi lord Yardly ha preparato?»

   «Oh, cos’è una cena!» dissi spazientito.Poirot alzò le mani con gesto di orrore.

   «Mon Dieu! In questo paese trattate le faccende gastronomiche con una indifferenza delittuosa.»

   «C’è un altro motivo per cui dovremmo tornare a Londra al più presto» proseguii.«E quale, amico mio?»

   «L’altro diamante» risposi abbassando la voce. «Quello di Mary Marvell.»

   «Eh bien

   «Non capite?» La sua inconsueta ottusità mi irritava. Dove era finito il suo solito acume? «Ne hanno preso uno, adesso cercheranno di prendere l’altro.»

   «Tiens!» esclamò Poirot, indietreggiando di un passo e guardandomi con ammirazione. «Ma il vostro cervello funziona a meraviglia, amico mio. Immaginate un po’, non ci avevo pensato! Ma c’è tempo. La luna piena ci sarà solo venerdì.»

   Scossi la testa con espressione dubbiosa. La teoria della luna piena mi lasciava completamente indifferente. Tuttavia ebbi la meglio su Poirot e ce ne andammo subito, lasciando un biglietto di spiegazione e di scuse a lord Yardly.

   La mia idea era di andare subito al Magnificent e riferire a Mary Marvell quello che era successo. Ma Poirot mise il veto a quel piano e insistette dicendo che c’era tempo di farlo il mattino seguente. Obbedii piuttosto malvolentieri.

   Il mattino Poirot mi parve stranamente poco disposto a muoversi. Cominciai a sospettare che, avendo commesso un errore iniziale, fosse singolarmente contrario a procedere con quel caso. In risposta alle mie argomentazioni mi fece notare, con ammirevole buonsenso, che essendo già usciti i giornali del mattino con i particolari di quanto era successo a Yardly Chase, i Rolf dovevano già saperne quanto noi. Obbedii a malincuore.

   Gli eventi dimostrarono che le mie paure erano giustificate. Verso le due squillò il telefono. Rispose Poirot, che rimase in ascolto per qualche attimo poi, dopo un breve:

   «Bien, j’y serai», interruppe la comunicazione e si voltò verso di me.

   «Che cosa ne dite, mon ami?» Aveva l’aria un po’ vergognosa e un po’ eccitata. «Il diamante di Mary Marvell è stato rubato.»

   «Come?» esclamai balzando dalla sedia. «E che cosa ne è della teoria della luna piena, adesso?» Poirot abbassò la testa. «Quando è successo?»

   «A quanto mi hanno detto, questa mattina.»

   Scossi mestamente il capo. «Se solo mi aveste dato retta. Vedete, avevo ragione.»

   «Sembra di sì, mon ami» disse Poirot con cautela. «Le apparenze sono ingannevoli, o perlomeno così si dice, ma sembra proprio di sì.»

   Mentre salivamo in fretta su un taxi per raggiungere il Magnificent, presi a fare tutte le congetture possibili e immaginabili sulla natura di quella macchinazione.

   «L’idea della luna piena era buona. Lo scopo era di farci concentrare sul venerdì in modo da non farci stare in guardia prima. È un peccato che non ve ne siate reso conto.»

   «Ma foi!» disse Poirot in tono leggero, di nuovo sicuro di sé dopo quella breve eclissi. «Non si può pensare a tutto!»

   Ero dispiaciuto per lui. Odiava i fallimenti di qualunque genere.

   «Non vi abbattete,» gli dissi cercando di consolarlo «la prossima volta sarete più fortunato».

   Al Magnificent ci fecero subito entrare nell’ufficio del direttore dove trovammo Gregory Rolf in compagnia di due agenti di Scotland Yard; di fronte a loro sedeva un pallido impiegato.

   Al nostro ingresso Rolf ci fece un cenno di saluto.

   «Stiamo cercando di venire a capo di questa faccenda» disse. «Ma è quasi incredibile. Non riesco a capire come quel tizio abbia avuto tanta faccia tosta!»

   Bastarono pochissimi minuti per conoscere i fatti. Alle undici e trenta un signore, così somigliante a lui da non destare il minimo sospetto, era entrato in albergo e aveva chiesto il portagioielli depositato nella cassaforte. Aveva firmato la ricevuta dicendo distrattamente mentre scriveva: «Vi sembrerà un po’ diversa dalla mia solita grafia, ma mi sono fatto male scendendo dal taxi». L’impiegato si era limitato a sorridere rispondendo che la differenza era irrilevante. Il gentiluomo aveva riso e aveva risposto: «Be’, non vorrei finire dentro come un imbroglione. Ho ricevuto lettere di minaccia da un cinese e il guaio è che io stesso ho un po’ l’aria da cinese, forse per la forma degli occhi».

   «L’ho guardato» spiegò l’impiegato che stava raccontando l’episodio «e ho subito capito che cosa intendesse dire. Aveva gli occhi allungati agli angoli, come gli orientali. Non me ne ero mai accorto prima.»

   «Maledizione!» tuonò Gregory Rolf, chinandosi in avanti «Ora lo notate nei miei?»

   L’altro alzò lo sguardo e lo fissò.

   «No, signore» rispose. «Non posso dire di notarlo.» Ed effettivamente in quegli schietti occhi castani che ci guardavano non c’era nulla di nemmeno lontanamente orientale.

   L’uomo di Scotland Yard borbottò: «Una bella faccia tosta, sì. Pensando che il particolare degli occhi potesse essere notato, per eliminare i sospetti ha preso il toro per le corna. Deve avervi visto uscire dall’albergo, signore, e ne ha approfittato per intrufolarsi dentro non appena vi siete allontanato».

   «E il portagioie?» chiesi.

   «È stato trovato in un corridoio dell’albergo. Un solo gioiello è stato portato via: la Stella d’Occidente.»

   Ci guardammo: tutta quella faccenda era bizzarra, inverosimile.

   Poirot saltò allegramente in piedi. «Non sono stato di molta utilità, temo» disse in tono dispiaciuto. «È permesso vedere la signora?»

   «Temo che sia prostrata per lo shock» esclamò Rolf.

   «E allora potrei forse scambiare qualche parola da solo con voi, monsieur?»

   «Ma certamente.»

   Di lì a cinque minuti Poirot ricomparve.

   «E ora, amico mio,» dichiarò in tono gaio «andiamocene a un ufficio postale, devo mandare un telegramma.»

   «A chi?»

   «A lord Yardly.» E schivò ulteriori domande infilando il braccio sotto il mio. «Andiamo, andiamo, mon ami. So quello che provate per questa tremenda storia. Non mi sono fatto onore! Voi, al mio posto, ci sareste riuscito. Bien! Ammetto tutto, dimentichiamocene e andiamo a pranzo.»

   Erano circa le quattro quando arrivammo a casa di Poirot. Una persona si alzò da una poltrona accanto alla finestra: era lord Yardly. Aveva un’aria sconvolta e tesa.

   «Ho avuto il telegramma e sono venuto subito. Sentite, sono passato da Hoffberg e non sanno nulla della persona venuta ieri sera e nemmeno del telegramma. Pensate che…»

   Poirot sollevò una mano.

   «Chiedo scusa! Ho mandato io quel telegramma e ho assunto io il signore in questione.»

   «Voi? Ma perché? Come?» Il gentiluomo balbettava senza capire.

   «La mia ideuzza era di risolvere la situazione» spiegò placido Poirot.

   «Risolvere la situazione? Oh, mio Dio!» esclamò lord Yardly.

   «E il trucco è riuscito» disse Poirot allegramente. «Pertanto, milord, ho il gran piacere di restituirvi… questo!» E con un gesto melodrammatico mostrò un oggetto luccicante: un grande diamante.

   «La Stella d’Oriente!» bisbigliò lord Yardly attonito. «Ma non capisco…»

   «No?» chiese Poirot. «Non ha importanza. Credetemi, era necessario che il diamante fosse rubato. Vi avevo promesso che lo avrei salvato e ho mantenuto la parola. Dovete permettermi di mantenere il mio piccolo segreto. Vi prego di trasmettere i miei più profondi rispetti a lady Yardly e di dirle che sono felice di averle potuto restituire il gioiello.Beau temps, vero? Buongiorno, milord

   E, sorridendo e chiacchierando, il sorprendente ometto accompagnò lo sbalordito nobiluomo alla porta. Quando tornò si stava sfregando delicatamente le mani.

   «Poirot» dissi. «Mi pare di essere impazzito!»

   «No, mon ami, ma, come al solito, la vostra mente è annebbiata.»

   «Come avete recuperato il diamante?»

   «Dal signor Rolf.»

   «Rolf?»

   «Mais oui! Le lettere di avvertimento, il cinese, l’articolo su “Society Gossip”, tutto è scaturito dall’ingegnoso cervello del signor Rolf! I due diamanti… che si supponeva fossero così miracolosamente simili… Bah, non esistevano! C’era un solo diamante, amico mio! Faceva originariamente parte della collezione Yardly, ma è stato per tre anni in possesso del signor Rolf, che lo ha rubato stamattina con l’aiuto di un piccolo trucco: quello dell’occhio alla cinese! Ah, devo andare a vederlo al cinema, è un vero artista, celui là

   «Ma perché avrebbe dovuto rubare un diamante che era suo?» chiesi perplesso.

   «Per molte ragioni. Tanto per cominciare, lady Yardly stava diventando recalcitrante.»

   «Lady Yardly?»

   «Sapete, in California, il marito la lasciava molto da sola e si andava a divertire altrove. Rolf era un bell’uomo e aveva un’aria romantica ma, au fond, è un uomo d’affari ce monsieur! Ha corteggiato lady Yardly e poi l’ha ricattata. L’altra sera ho estorto la verità alla signora e lei ha ammesso. Ha giurato di essere stata solo imprudente e io le credo. Ma indubbiamente Rolf aveva in mano delle sue lettere che potevano prestarsi a un’interpretazione diversa. Terrorizzata dalla minaccia di un divorzio e con la prospettiva di essere separata dai propri figli, ha accettato di fare tutto quello che lui voleva. Non aveva denaro suo ed è stata costretta a consentirgli di sostituire la pietra vera con una falsa. Ero rimasto subito colpito dalla coincidenza della data in cui è comparsa la Stella d’Occidente. Tutto sembra andare per il meglio. Lord Yardly si appresta a mettere la testa a posto, ma ecco che sopraggiunge la minaccia dell’eventuale vendita del diamante. La sostituzione sarà scoperta. Lady Yardly si affretta a scrivere angosciata a Gregory Rolf, che è appena arrivato in Inghilterra. Lui la tranquillizza promettendole di sistemare tutto e si prepara a un duplice furto. Così facendo calmerà lady Yardly, che potrebbe dire tutto al marito, eventualità che al nostro ricattatore non piace affatto. Lui incasserà le cinquantamila sterline dell’assicurazione… Ah, ve ne eravate dimenticato!… E continuerà ad avere il diamante. A questo punto io ficco il naso nella faccenda. Viene annunciato l’arrivo di un esperto di diamanti. Lady Yardly, come avevo previsto, predispone subito tutto per simulare un furto… e lo fa anche molto bene! Ma Hercule Poirot vede soltanto i fatti. Che cosa è accaduto in realtà? La gentildonna ha spento le luci, sbattuto la porta, gettato la collana nel corridoio e si è messa a urlare, dopo aver strappato con delle pinzette il diamante mentre era di sopra.»

   «Ma le abbiamo visto la collana al collo!» obiettai.

   «Chiedo scusa, amico mio. La sua mano nascondeva quella parte in cui si sarebbe visto il vuoto. Sistemare in precedenza un pezzetto di stoffa vicino alla porta è stato un gioco da bambini! Naturalmente, non appena Rolf viene a sapere del furto, predispone la sua piccola commedia e la recita molto bene!»

   «Che cosa gli avete detto?» chiesi con estrema curiosità.

   «Gli ho detto che lady Yardly aveva confessato tutto al marito, che io ero autorizzato a recuperare il gioiello e che, se non fosse stato riconsegnato subito, sarebbero ricorsi alla legge. E anche qualche altra piccola menzogna che mi è venuta in mente in quel momento. È diventato come cera molle nelle mie mani.»

   Riflettei un momento.

   «Mi sembra un po’ ingiusto per Mary Marvell: ha perso il diamante e non per colpa sua.»

   «Bah!» esclamò Poirot brutalmente. «Ha avuto una pubblicità meravigliosa e a quella donna importa solo questo. L’altra invece è diversa. Bonne mère, très femme

   «Sì» replicai in tono dubbioso non condividendo molto le idee di Poirot sulla femminilità. «Suppongo che sia stato Rolf a mandarle le lettere.»

   «Pas du tout» disse Poirot allegramente. «Lady Yardly è venuta qui a chiedermi aiutoper il suo problema perché glielo ha consigliato Mary Cavendish. Poi ha saputo che Mary Marvell, una donna che le era nemica, era venuta qui e ha cambiato idea cogliendo al volo il pretesto che voi, amico mio, le avete offerto. Mi è bastata qualche domanda per capire che siete stato voi a parlare delle lettere, non lei a parlarne a voi. Ha afferrato al volo l’occasione che le vostre parole le offrivano.»

   «Non ci credo!» esclamai, punto sul vivo.

   «Sì, sì, mon ami, è un peccato che non studiate psicologia. Vi ha detto che le lettere erano state distrutte? Oh, là là, una donna non distrugge mai una lettera se può evitarlo, nemmeno se è più prudente.»

   «Va tutto bene,» dissi io cominciando a sentir montare la collera «ma mi avete fatto fare la perfetta figura dello stupido! Dall’inizio alla fine! Va bene cercare di spiegare tutto dopo, ma c’è un limite!»

   «Ma vi divertivate tanto, amico mio, che non me la sono sentita di infrangere le vostre illusioni.»

   «Inutile, stavolta vi siete spinto troppo in là.»

   «Mon Dieu! Ma come vi arrabbiate per niente, mon ami

   «Ne ho abbastanza!» e uscii sbattendo la porta. Poirot aveva fatto di me uno zimbello. Decisi che aveva bisogno di una severa lezione. Avrei lasciato trascorrere un bel po’ di tempo prima di perdonarlo. Lui mi aveva incoraggiato a rendermi assolutamente ridicolo!

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