Il Vezzena, stamane, è circonfuso di barbagli di luce, nel primo mattino

Alfred William Rich Abbazia di Whitby

IL COLORE GRIGIO


l Vezzena, stamane, è circonfuso di barbagli di luce, nel primo mattino. La neve, caduta ieri abbondante e sino a bassa quota, fa delle sue pendici boscose un paesaggio da favola. Sembra di essere in una delle storie raccontate da Buzzati. Il Buzzati che più amo. Quello di “Barnabò delle Montagne” e de “Il segreto del bosco vecchio”. Quello in cui più forti si avvertono le radici alpine.

Una mattina tersa, e fredda, dopo un giorno di neve, è un trionfo di colori. L’aria cristallina diviene un filtro perfetto, ed esalta le tinte naturali del tardo autunno… quasi ozioso, e sicuramente ripetitivo, fare riferimento a Monet. Ai grandi dell’impressionismo. Dipingevano all’aria aperta, proprio per inseguire giochi cromatici come questi. E vi andavano vicini… in qualche caso molto vicini. Però… il modello resta ineguagliabile. È qui, in attimi come questo, il vero capolavoro. Che nessuno potrà mai vedere tra le mura di musei e pinacoteche.

Monet e l’indimenticabile Camille

Forse era per questo che Filippo Tommaso Marinetti sognava di distruggere i Musei. Non una forma di iconoclastia da avanguardia. Ma la coscienza che la vita e i colori della Natura non possono venire imprigionati in luoghi fuori dal mondo reale. Astratti e, quindi, di fatto cimiteri. Anzi, depositi per cadaveri.

Poco fa, ancora non era l’alba, scorrevo, assonnato, le notizie.
E mi è capitato di leggere che sono state trovate tracce di colore sulle sculture, in stile gotico, del Duomo di Firenze.
“E questo che c’entra?” si chiederà qualcuno. “Cominci con il solito pippone sulle Montagne (la tua ultima fissa) e poi ti metti di punto in bianco a parlare di sculture gotiche…”
Beh, un nesso, invece c’è. Almeno nella mia mente.
Perché, vedete, noi abbiamo l’abitudine di immaginarci l’arte gotica come… grigia. Le grandi cattedrali dominate da un’atmosfera monocroma e, tutto sommato, oppressiva. Così sono dipinte nel nostro immaginario. O, per lo meno, nell’immaginario di coloro che sanno che è esistito il gotico. Sempre meno, visto lo stato delle nostre scuole…

È, un po’, come per l’arte greca. Che ci immaginiamo… bianca. Marmo bianco dappertutto. La rappresentazione hollywoodiana di Atene e Roma. Errore già di Winckelmann, a dire il vero. Radicatosi nell’immaginario comune. È difficile da estirpare, anche se oggi sappiamo bene che architettura e arte greca erano un trionfo di colori. Tinte forti… e che le statue, più bronzi che marmi, venivano dipinte in modo vivace e realistico. Per farla breve: il Partenone doveva assomigliare molto ad un Tempio dell’India o della Birmania. Altro che bianco…

E veniamo al gotico. Perché deve fare notizia che vi fossero colori? Ma le avete mai viste le vetrate di Assisi o di Chartres? E Giotto? Andate agli Scrovegni, a Padova. Adesso che il restauro ha finalmente riportato gli affreschi alla loro luminosità originaria. Giotto è il Maestro del Gotico. Uno dei vertici assoluti della pittura europea, come scrive Berdjaev. Il filosofo russo che auspicava un ritorno al Medioevo. E Giotto era contemporaneo, forse amico di Dante. Che è il Poeta del Gotico. La poesia di Dante vi sembra grigia e uniforme?

Notre Dame. La cattedrale gotica è ca­ratterizzata nella facciata dalle due impo­nenti torri laterali, dal rosone centrale e dai tre portali scolpiti (i due laterali di sant’Anna e della Vergine, quello cen­trale del Giudizio Universale). Gli archi rampanti che rendono la costruzione an­cor più caratteristica permisero di dare al monumento un’altezza elevata.

La Cattedrale gotica è ispirata alla Natura. Alla, complessa e contraddittoria, Bellezza dell’universo. Ed è continuo gioco di luci. E, quindi, rifrazione di colori vividi.
Il grigio ce lo vogliamo vedere noi. Perché la monotonia, l’assenza di colore è nell’occhio di chi guarda. E noi uomini moderni siamo, appunto, grigi. Non per nulla è il colore prevalente nelle nostre città formicaio. Che riflette una crescente alienazione dalla Natura. Una solitudine affollata. La crescente incapacità di osservare, e percepire, il mondo intorno a noi. Perché siamo imprigionati nella stretta cella della nostra scatola cranica. Riversi su noi stessi. Sui nostri problemi. Tutti presi da quel guazzabuglio che crediamo essere pensiero. Siamo, appunto, grigi. Dentro. E proiettiamo fuori questa assenza di colori. Questo grigiore soffocante e asfittico.

Guardo le Dolomiti del Brenta tingersi di un rosa intenso. Sono momenti come questo che mi fanno capire la poesia di Omero. Molto più di tanti commenti dotti.
“L’Aurora dalle dita di rosa…”
E, al solito, mi torna in mente quel verso di Ezra Pound, scritto in italiano
“Dio, il Grande Esteta…” Che, dice, dipinse le rocce in modo nipponico, il tramonto vulcanico…
La Creazione, la Vita sono colore.
Il grigio uniforme riflette la nostra negazione della vita. Il declino, interiore, dell’uomo moderno.

Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

 

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