Sinceramente sono stanco…

IL COMPLESSO DI GEPPETTO


Sinceramente sono stanco… Stanco e anche disgustato, da tutte queste polemiche su patriarchi e patriarcato, su un uso ed abuso della parola “padre” che sta, sempre più, assumendo una connotazione negativa… di brutalità, autoritarismo, maschilismo. E questo quando, ormai, di “padri” nel vero senso del termine, vi è una crescente assenza. Sostituiti da scialbe figure femminilizzate, dei “mammi”, naturalmente in subordine alla Mamma nel vero senso del termine. Che, in questa accezione, è colei che genera, e porta il nascituro nella pancia… con l’insindacabile diritto di metterlo al mondo. O di ucciderlo. Il padre è solo un accidente necessario. Provvisoriamente, visto i progressi della fecondazione assistita.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma io, purtroppo, sono afflitto dal Complesso di Geppetto. Per me, per quelli come me, la figura del Padre resta fondamentale. Un’ascendenza “romana”, probabilmente. Intendendo i Romani quelli veri. Non quell’accozzaglia che abita, oggi, ciò che fu l’Urbe.

Per loro, per i Romani, la paternità era agnizione. Non un fatto meramente biologico. Riconoscimento del figlio. Per questo non importa se Bruto o Ottaviano fossero solo adottivi, o, anche, figli biologici di Cesare. Cosa possibile, in quanto le madri di entrambi – Servilia e Azia – sembra fossero state, entrambe, amanti del vivace Giulio. Ma non contava. Non vi era la prova del DNA, allora. Li aveva riconosciuti come figli. Questo bastava. Per lui, e per tutti gli altri.

E l’imperatore Antonino fu chiamato Pio proprio per la devozione filiale verso Adriano. Che, pure, lo aveva adottato già adulto.

E Geppetto, il Geppetto di Collodi, è il paradigma della paternità. Pinocchio non ha Madre. Sì, va bene, ci sarebbe la Fata Turchina… ma appare e scompare… più un mito che una figura reale.

A crescere il vivace, e fragile, burattino è Geppetto. Da solo. È lui che si vende la giacca, in pieno inverno, per comprargli l’abbecedario. Lui che lo mantiene. Lui, solo, che si scontra con Pinocchio. Esempio di un rapporto difficile. E tormentato. Che troverà ricomposizione solo nel… ventre della Balena.

Le avventure di Pinocchio 1972 Nino Manfredi è Geppetto Andrea Balestri Pinocchio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E tutto senza avere, né chiedere, nulla in cambio. Neppure un gesto di affetto. Lo fa solo perché lo riconosce come suo figlio.

Agnizione. La forma più grande dell’amore paterno.

Difficile capirlo. Difficile anche solo dirlo, questo. Di fronte ad un popolo di “mammoni”. In un’epoca come questa, in cui è d’obbligo idolatrare, sempre e comunque, la figura femminile. La mamma, anche se degenere.

E svilire quella del padre. Anche se si accolla oneri e dolori senza onori.

Certo, ci sono uomini indegni. Che non meritano il nome di “padre”. Ma anche donne che sono madri degeneri. Che non meritano di esser chiamate Mamma.

Le avventure di Pinocchio 1972 Nino Manfredi è Geppetto Andrea Balestri Pinocchio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo appena usciti dall’orgia di femminilismo dell’8 marzo. E ci stiamo avviando, a grandi passi, verso quella melassa retorica del 12 maggio. La Festa della Mamma.

In mezzo, il 19 marzo. Festa del Papà… questa scialba figura secondaria. Che va svanendo, ingoiata nelle polemiche sul patriarcato. Sic!

Beh, io – che pure ho amato moltissimo mia madre – sono stanco di questa retorica.

E penso a mio Padre, a tanti padri come lui. Penso… a me stesso.

E, ovviamente, a Geppetto.

Andrea Marcigliano
Andrea Marcigliano

 

 

 

 

 

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